Dove porta la fabbrica dei bambini
Tobia Antonio è un bambino. Fiocco azzurro. Contiamo su una coppia, Nichi e Eddie, per crescerlo, per educarlo e consegnarlo al meglio delle possibilità a una vita adulta libera e responsabile e felice. Bambini senza mamma ce n’è stati tanti. Molte madri sono morte di parto. Figure femminili sostitutive se ne troveranno nella famiglia di Nichi e di Eddie. Produrranno presumibilmente un affetto esplosivo ma equilibrato, una cura nella specificità del femminile, atti e sentimenti, non dovesse bastare la doppia indifferenziata cura paterna (e non basta, in genere). E’ una circostanza nell’ordine dell’essere, del possibile. L’argomento “voglio la mamma” è in questo senso una cretinata. Quanto all’argomento dell’egoismo, per di più “disgustoso”, è un’altra cretinata, ovvio. Chi è senza peccato di egoismo, di possessività, scagli la prima pietra. Il nostro mondo moderno ha ratificato per ogni genere di coppia, quelle eterosessuali incluse, e sono il numero maggiore, la fine della filiazione come attesa delle conseguenze dell’amore produttivo dell’altro, del futuro e della speranza. I bambini attesi tendono a essere eccezioni. I bambini sono desiderati all’interno di un progetto che prevede anche l’amore, certo, e la vocazione al futuro e alla speranza, ma entro le condizioni della loro riproducibilità tecnica, come le opere d’arte analizzate da Walter Benjamin. E’ il mondo seriale della libertà riproduttiva, della scelta dei tempi e delle compatibilità di vita. E’ il mondo in cui la gestazione e la sua interruzione volontaria, l’aborto, tendono a divenire valori equipollenti, espressioni della libertà della persona. L’egoismo è anche energia, è spesso il motore delle cose naturali e spirituali, disgustoso politicismo demagogico è censurarlo con disprezzo all’atto di una nascita e di una duplice rivendicazione di paternità, quella di una coppia omosessuale.
Sia benedetto Tobia Antonio, che condivide con tutti gli uomini e le donne la dannazione dell’origine, nasce eguale per il bene e per il male, e a salvarsi ci penserà da sé o con l’assistenza di una fede e di una chiesa o con le forze vive e morali della ragione umana o con una combinazione dei due fattori. D’altra parte, come diceva Hannah Arendt, “la nascita di ogni bambino è un nuovo inizio”. Detto questo per non confonderci la testa con le frasi fatte e le semplificazioni volgari, noi che abbiamo plaudito a George W. Bush quando ricevette alla Casa Bianca una masnada di ragazzini nati tecnicamente da embrioni non scartati e adottati, e lo fece in nome di una visione misericordiosa dell’esistenza umana, bisogna aggiungere qualcosa di più problematico e di meno tenero. Che non riguarda il neonato ma la coppia che lo ha voluto, desiderato, fabbricato con l’onanismo e la tecnica bioingegneristica applicata a corpi di donna, in un quadro di commercializzazione della gravidanza. E ci riguarda tutti in quanto elementi dell’umanità comune.
[**Video_box_2**]Qui le cose si fanno più opache. Entra in gioco lo statuto della filiazione, che è, come direbbe il filosofo Rémi Brague, “l’elemento proprio dell’umano”. Infatti il papà di Nichi e di Eddie è non tanto metaforicamente Dio, creatore di Adamo e di Eva e del racconto della Genesi biblica. Se preferite la metafora darwiniana il papà dei due è l’evoluzione per selezione naturale, dico naturale. Mentre i due papà e la madre surrogatoria di Tobia Antonio sono parti di un atto creativo della volontà soggettiva, un atto sottomesso a regole e contratti definiti dall’uomo moderno, in questo caso con la speciale e discutibile funzione riproduttiva di una donna che affitta il proprio corpo. Le parti in commercio fanno uso di sé, per evocare la proibizione etica di Immanuel Kant, come strumenti, come mezzi e non come un fine. L’amore disincarnato e sentimentale che non discrimina e rende tutto possibile sorveglia alla dovuta distanza il procedimento, e in apparenza lo legittima senza riserve, ma ne risulta, Tobia Antonio a parte, una minaccia alla legittimità dell’umano. Il fatto che due maschi o due femmine decidano la filiazione per maternità o paternità surrogate, il che è altro rispetto all’amore e ai suoi codici tradizionali, ed entrino in azione e si procurino i mezzi per essere creatori di sé stessi, e li usino senza tentennamenti, non è cosa da niente, non è scontato, è ormai facile da fare ma tuttora difficile da pensare, da giustificare. La generazione artificiale di esseri umani e la fine della differenza parentale è il più radicale sradicamento immaginabile della trascendenza, della storia e dei codici dell’umano come li abbiamo conosciuti per millenni. Tobia Antonio farà la sua strada, per quanto complicata (esistono vie facili?), ma su quale strada sono incamminati i loro progenitori A e B? Vogliamo pensarci, mentre ci amiamo gli uni sugli altri?