Campane a morto per l'Europa
L’Università Cattolica di Lovanio che suona “Imagine” di John Lennon per commemorare le vittime degli attentati è l’emblema di chi per vivere in pace è disposto anche a rinunciare a se stesso. Il risultato però non sarà l’auspicato mondo senza religioni, ma un mondo con una religione sola, e non quella cristiana.
Il vento ha portato in tutta Europa le note di “Imagine” di John Lennon suonate dalle campane dell’Università Cattolica di Lovanio. Per chi suona il campanaro? Probabilmente per chi ha visto “Mars Attacks!”, film di Tim Burton in cui la terra era invasa da alieni di inaudita crudeltà volta all’universale sterminio, coi quali era impossibile trattare: ci provava il presidente francese, illuso, finendo incenerito un attimo prima di firmare l’accordo di pace. Alla fine gli alieni venivano sconfitti soltanto dalla diffusione di musica, il cui suono causava l’esplosione delle loro enormi teste: significa forse che riusciremo ad avere la meglio sui terroristi solo quando ci accorgeremo che apparteniamo a una civiltà superiore – nell’estetica, nella sofisticazione, nella capacità di creare del bello fine a se stesso – insomma, che apparteniamo a una civiltà musicale. Per questo suona “Imagine” il pianista davanti al Bataclan, suona “Imagine” il violoncellista di Place de la Bourse a Bruxelles, allora si adegua e suona “Imagine” anche il campanaro dell’Università Cattolica di Lovanio, affidando al vento questo messaggio: “Imagine there’s no heaven… and no religion too”, “Immagina che non ci sia il paradiso né nessuna religione”.
Potendo ragionevolmente prenderlo per temporaneo portavoce dell’università (magari qualcuno accorrerà a smentirlo ma quel ch’è fatto è fatto), il campanaro sta cercando di dirci che per lui il verso fondamentale di “Imagine” è quello in cui si auspica che tutti gli uomini convivano pacificamente in un mondo unificato e che pertanto, allo scopo di conseguire questa pace prioritaria, un’istituzione cattolica dev’essere disposta a rinunciare a tutte le religioni compresa la propria. Tuttavia suonare “Imagine” solo per la musica o per un brandello di testo significa fare un torto a Lennon, paroliere attentissimo e capace, in “I Am The Walrsus”, di rendere coerente la compresenza di trichechi, corn flakes, mutande e Humpty Dumpty.
Quindi bisogna ragionare: scrivendo “Imagine” Lennon ha messo in stretta correlazione l’eliminazione della proprietà privata, necessaria all’instaurazione della fratellanza universale; l’eliminazione dei confini nazionali, causa di ogni guerra; l’eliminazione di ogni fede, per permettere a tutti di vivere nella piena immanenza del presente pacificato e inselvatichito. Si tratta di una escalation simile a quella che c’è in “God”, dove Lennon canta che “Dio è un concetto su cui misuriamo il nostro dolore” ed elenca tutti i culti più o meno istituzionali o spirituali in cui dichiara di non credere, dalla Bibbia ai Beatles stessi. Alla fine giura fede solo a se stesso e, contento lui, a Yoko Ono. Suonando “Imagine” non esplode la testa di nessuno, purtroppo, però abbandonandoci al motivo descritto dal rintocco delle campane ci dimentichiamo che, se adesso è facile immaginare un mondo senza nessuna religione, presto sarà ancora più facile immaginare un mondo con una religione sola; e non sarà la nostra.