Ora (legale) et labora
Vi siete ricordati di spostare le lancette? Allora siete protestanti
Spostare le lancette, dunque, oltre che a risparmiare sulla luce serve a lavorare di più. Secondo la prospettiva di Franklin, indubbiamente i sei scellini che sprecheremmo in illuminazione vespertina verrebbero invece preservati grazie all’ora legale, così da salvare la vita di intere pile di sterline che il padre fondatore degli Stati Uniti vedeva germinare da quei pochi spiccioli. Quanto al lavoro, il discorso è più complesso e coinvolge il posto che l’uomo occupa nel mondo: Franklin era un degno compare di John Wesley, il fondatore del metodismo che lasciava in pace gli orologi ma da cui Weber trae l’esortazione a che tutti i cristiani “guadagnino quanto riescono e risparmino cosa possono”. C’è anche un terzo invito, a devolvere in beneficenza quanto più si guadagna, che però sparisce misteriosamente nel protestantesimo di Franklin, taccagno spostatore di lancette. Nelle radici dell’ora legale si può risalire di un secolo ancora, fino alla “Christian Directory” di Richard Baxter, il quale non era giunto all’eccesso di voler manomettere gli orologi già nel Seicento ma esortava a “compiere le opere di Dio finché è giorno”, individuando nella perdita di tempo il peccato più grave e primo fra tutti. Baxter era il grande nemico della contemplazione, ossessionato dal computo delle ore di attività e delle ore di inazione al punto da dichiarare che la preghiera fosse meno gradita a Dio dell’esercizio dei doveri professionali. Franklin, che teneva un bilancio scritto con entrate e uscite dei propri progressi nelle virtù cui ambiva, proponendo l’ora legale intendeva tradurre concretamente la preferenza che Baxter ascriveva a Dio, nonché favorire la contabilità di tutti garantendo meno vizi o uscite e più virtù o entrate grazie all’incremento di ore di luce in cui essere attivi.
Weber spiega che l’ideale capitalistico protestante si fonda su un concetto di ascesi uguale e contrario a quello della tradizione medievale, pre-luterana e soprattutto pre-calvinista: contrario perché immerge l’ascesi nella totale dedizione all’attività anziché al ritiro; uguale perché in entrambi i casi si tratta della scelta di un singolo, isolato e individualista. Un isolamento talmente diffuso, potremmo dedurre oggi, da voler rinnegare l’evidenza del sole e asservirlo alle esigenze dei bilanci economici, professionali e morali. Ecco ciò a cui non pensiamo quando ogni anno, alle due di notte dell’ultima domenica di marzo, facciamo avanzare le lancette di un’ora aderendo a un’altra religione in modo inconsapevole e forse inevitabile. Coincidendo quest’anno l’inizio dell’ora legale con la notte di Pasqua, tuttavia, avremmo anche potuto riflettere su Passione e Risurrezione come storia di totale spreco di sé, di estremo investimento nell’altruismo assoluto che interi giri antiorari delle lancette non riusciranno mai a restituire a Dio.