Soir bleu (1914) segna un punto di non ritorno nella pittura di Hopper

L'America ritratta da Edward Hopper è la stessa di oggi. Solo più giovane

Tommaso Alberini

Nei dipinti di Edward Hopper si legge un’America autentica, stanca e irrequieta, che per molti aspetti è la stessa di oggi, solo più vecchia. A Bologna, a Palazzo Fava, aperta fino al 26 luglio la mostra sull'artista che raccontò gli Stati Uniti più autentici, non troppo dissimili da quelli odierni.

Dicono abbia dipinto il silenzio, per questo lo chiamano il pittore della solitudine. Lui rispondeva “sono leggermente disumano, ho sempre voluto soltanto dipingere la luce del sole sulla parete di una casa”. Edward Hopper in America è ed è stato un’icona dell’arte contemporanea, tanto che nel ’56 il Time gli dedicò la copertina di Natale. In Europa, invece, la sua fama non è mai decollata, forse per quel certo snobismo verso tutto ciò che di culturale proviene dagli Stati Unit. Qui da noi il nuovo contro il vecchio perde sempre: vuoi mettere Hopper contro Caravaggio? O contro Vermeer?

 

La maggior parte di noi probabilmente riconoscerebbe un suo quadro, senza sapere chi è l’autore, avendolo visto su copertine di libri o di album musicali, rigorosamente americani. Il fatto è che Edward Hopper ha raccontato l’America in modo profondo, andando dritto alle radici di quel paese che, mentre lui dipingeva, diventava il grande Impero. Ogni tanto qualche gallerista magnanimo decide di dedicargli una mostra, perché insomma qualche buon libro o qualche buon quadro sono capaci anche gli americani di produrli. E così Palazzo Fava, a Bologna, dal 25 marzo al 26 luglio ospita 60 quadri di Edward Hopper. Ci sono le opere dell’esordio parigino (fu tra gli ultimi a compiere, negli anni Dieci, quello che si chiamava il Grand Tour in Europa per completare la propria formazione artistica) fino alle ultime opere risalenti all’inizio degli anni ’60 (l’ultimissima è del ’66, lui morirà nel ’67).

 

Ma in che modo Hopper, a distanza di mezzo secolo, può essere ancora considerato “il testimone silenzioso” della vita americana, come lo descrisse il Time? E’ sempre difficile attualizzare pensatori del passato (pensatore, esatto: Hopper era sopratutto questo, e la pittura era il suo modo di esprimere le proprie idee), eppure l’America di oggi non è così dissimile da quella descritta dai colori accesi e dalle linee marcate, quasi cinematografiche, dei suoi quadri.

 

L’America di oggi è un circo umano di stravaganze e diversità. Soir bleu (1914) segna un punto di non ritorno nella pittura di Hopper, fino ad allora consistente per lo più in istantanee sfuocate di angoli caratteristici di Parigi, di ponti e arcate olandesi, di sobborghi newyorkesi. In Soir bleu la fauna umana offre un catalogo completo: da sinistra a destra abbiamo un losco lenone, un uomo barbuto, una prostituta, un soldato in alta uniforme, un clown e una coppia borghese. Il tutto nella cornice caratteristica di un bistrot con lampade colorate cinesi. La maggior parte dei primi quadri di Hopper ha un’ambientazione europea, e anche Soir bleu, con ogni probabilità, fu dipinto ispirandosi a un café parigino. Nessuno dei protagonisti dell’opera si guarda negli occhi, nessuno si parla. Tutti, dal lenone ai borghesi, sono muti e immobili: non è ammesso il dialogo tra diversi, soltanto fredda e coatta coesistenza. Non è un caso che questo quadro segni una svolta nella pittura di Hopper, colpito dall’incomunicabilità tra diversi così tipico dell’Europa, ancora oggi. Gli Stati Uniti, invece, erano già da tempo un paese costellato di diversità e conflitti, dove il melting pot delle grandi metropoli ha offerto il primo grande esempio di multiculturalismo applicato, che in Europa abbiamo cominciato a conoscere, apprezzandolo o disprezzandolo, soltanto negli ultimi anni. Il grande paradosso americano rimane quello di essere uno dei paesi che meglio affronta ed ha affrontato il problema dell’integrazione e, ciononostante, ha razzismi radicati senza eguali nel mondo.


GAS (1940), Pompa di benzina


 

L’America di oggi è stanca di essere il gendarme del mondo, e vuole farsi i fatti suoi. Gas (1940), di cui alla mostra troverete i disegni preparatori, ritrae un’isolata stazione di benzina, con l’addetto alle pompe che sta chiudendo baracca sul far della sera. Siamo in piena Seconda guerra mondiale, l’evento che consacrerà gli Stati Uniti come potenza egemone di quella parte di mondo che ancora crede nella libertà. Formalmente, l’America è ancora neutrale (entrerà nel conflitto l’anno seguente). Con tutto ciò che sta accadendo nel mondo, Hopper si dedica a uno stanco benzinaio che alla fine di una giornata di lavoro si ritiira nella sua vita tranquilla. Tutto quello che vuole la gente is just a little bit of peace and quiet, ci ricorda il pittore americano, specie nei sobborghi e nelle periferie del nordest che tanto amava ritrarre dalla sua casa di Cape Cod, in Massachusetts. E oggi? Dopo cinquant’anni di guerre, conflitti e lotte per l’egemonia mondiale (sempre vinte), sul fronte politico gli Stati Uniti hanno voglia di pensione, di té freddo sorseggiato stando su sedie a dondolo, in verande col glicine penzolante; occhi socchiusi sul viale silenzioso. Scarsa voglia di intervenire in Libia e in Siria, manifesti elettorali (blu e rossi) che urlano isolazionismo su tutti i fronti. Adesso sì, the average american on the street è il benzinaio di Gas che vuole soltanto un po’ di pace e quiete, ma Edward Hopper, quel visionario, lo sapeva già.


Second story sunlight (1960)


 

Nell’America di oggi giovani e vecchi faticano a parlarsi. In Second story sunlight (1960) due donne prendono il sole dal terrazzo di una casa vittoriana, come quelle che vediamo nei film che raffigurano le esistenze color pastello dei sobborghi americani. Una è anziana, l’altra evidentemente giovane: appartengono a due generazioni diverse, e non si parlano, non si guardano nemmeno. Di nuovo silenzio, incomunicabilità, assenza di dialogo: stavolta tra generazioni. Anche negli Stati Uniti cresce lo scontro tra giovani e meno giovani, con i primi che sgomitano per ritagliarsi un angolo nel mondo e i secondi che sgomitano per mantenere piccoli e grandi privilegi conquistati nel tempo, più o meno conformemente al manuale meritocratico da American dream. Blu o rosso, repubblicano o democratico, non ha più importanza, specie in un paese da sempre intollerante alle ideologie. Esiste un solo pensiero politico in America, ed è quello americano: individualismo, libertà, tolleranza. Eppure anche all’ombra di Washington qualcosa si muove, il parrucchino biondo di Donald Trump, emblema del self-made man all’americana, dà voce alla rabbia di chi si rivolta contro l’establishment, perché la sua esistenza color pastello l’ha bruciata la crisi iniziata nel 2008. Da un lato la signora, che legge seduta, della generazione dei baby-boomers, dall’altro la ragazza affacciata sul terrazzo che scruta il futuro incerto: è la generazione dei millenials, che un’esistenza color pastello, per ora, la vede soltanto nei quadri di Hopper.

 

Nei dipinti di Edward Hopper si legge un’America autentica, stanca e irrequieta, che per molti aspetti è la stessa di oggi, solo più vecchia.

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