Palermo e il Mediterraneo riscoprono lo “stupor mundi”
Perché l'Europa in cerca di identità dovrebbe ripassare la storia di Federico II
A Palazzo Reale la mostra "Stupo mundi, l'origine" celebra il fiorire delle arti e della poesia tra oriente e occidente nella corte di Federico II di Svevia. Ancora oggi un modello per una dimensione politica mediterranea.
La Sicilia doveva esercitare un’attrattiva particolare già nel XIII secolo se Federico II, imperatore del Sacro Romano impero e re di Sicilia, decise di trasferire la corte dalla Germania a Palermo. Lì l’imperatore diede vita a un movimento culturale molto vivace e poliedrico, dove, grazie al suo mecenatismo, operavano intellettuali e artisti provenienti dalle più diverse tradizioni: greca, latina, ebraica ed araba. Soprattutto, in questo ambiente dal respiro internazionale, la “Scuola siciliana” elaborò la prima lingua letteraria italiana, ovvero adatta a essere messa in versi: il volgare siciliano aulico.
Proprio all’origine della nostra lingua romanza come primo passo verso un’integrazione nazionale è dedicato l’evento “Stupor mundi, l’origine”, inaugurato venerdì 15 aprile al Palazzo Reale di Palermo, in occasione della proclamazione dei siti arabo normanni come patrimonio Unesco. L’obiettivo è quello di analizzare e mostrare la contemporaneità di Federico II, un uomo dotto, filantropo dalle idee progressiste, non a caso conosciuto con l’appellativo di Stupor mundi, “stupore del mondo”.
L’evento si articola in un itinerario a tre tappe attraverso i luoghi più emblematici della corte palermitana: partendo dal Palazzo Reale, si passa nel cortile Maqueda, nella Cappella, nella Cripta e nella Loggia dell’Incoronazione per poi uscire nella grande Vetrina esterna di Palazzo Belmonte Riso. Attraversando ciascun edificio, il pubblico potrà ammirare le opere realizzate dall’artista Filippo di Sambuy, ideatore del progetto, disseminate lungo il percorso: tre grandi installazioni pavimentali, una serie di progetti preparatori, una scultura lignea e il Ritratto di Federico II.
Catturano l’attenzione soprattutto le interpretazioni occidentali dei mandala (figure geometriche legate al culto dei veda sanscriti) realizzati sui pavimenti con pietre marmoree. La loro andatura circolare richiama il continuo ripetersi del tempo e la sostanziale sovrapposizione del presente e del passato. Vogliono suggerirci che in realtà siamo molto più vicini a quell’epoca lontana di quanto pensiamo. In una di queste opere, per esempio, si accostano simboli estrapolati da culture diverse: la spada crociata, emblema della cristianità, si intreccia ad un verso di una poesia araba, nella volontà di ricalcare quella feconda sinergia raggiunta nella corte di Federico II.
Il progetto infatti, spiega il Professor Emmanuele Francesco Maria Emanuele, presidente della Fondazione Terzo Pilastro e uno dei principali relatori del convegno d’apertura, è quello di restituire alla città di Palermo e alla Sicilia “quel ruolo centrale che ne fece l’epicentro dell’incontro e dell’osmosi di culture nel XII secolo, così come auspico possa accadere ancora oggi, grazie al recupero di una dimensione politica mediterranea che sappia fare effettivamente da ponte tra Europa, Asia e Africa, senza trascurare la vocazione universale”.