Altro che democrazia da esportare, per Moore gli Stati Uniti dovrebbero importare l'Italia
“Il paese di Gesù, don Vito Corleone e Super Mario”. Lo sostiene Michael Moore, in “Where to Invade Next” (i fan possono segnarsi la data, sarà in sala dal 9 all’11 maggio). Dopo gli ultimi film del guru antiamericano, non ci aspettavamo granché. Sbagliato: l’immagine dell’Italia che ne viene fuori andrebbe affissa in tutte le scuole di ordine e grado, in ogni consesso politico, in ogni luogo dove si decidono le sorti del paese. Con sopra la scritta: “Fate qualcosa, per favore”. “Gli italiani hanno l’aspetto di chi ha appena fatto sesso”, insiste il regista che aveva raccontato il sistema sanitario di Cuba celebrandolo come il migliore al mondo (c’era scappata perfino l’inquadratura dell’infermeria di Guantanamo, linda e ordinatissima).
E via con le interviste, alla maniera solita. Una coppia di lavoratori conta le vacanze che si concede in un anno, otto settimane compresa la festa del Santo Patrono. Aggiunge, mentre Michael Moore strabuzza gli occhi, che godono entrambi di una tredicesima mensilità (“Vi pagano uno stipendio doppio a dicembre? E perché?”). Godono altresì di una quattordicesima mensilità. Il ciccione con il berretto da baseball sta per svenire, ma regge il colpo, così ne arriva subito un altro: “Mio marito ha ottanta giorni di ferie arretrate”. I lavoratori della Landini vanno tutti giorni a casa per pranzo. Gli operai della Ducati mostrano la catena di montaggio, che a Michael Moore sembra ferma (e lo dice, ostentando stupore). Tutti gli intervistati concordano sul fatto che lo stress fa male alla salute e all’armonia del reparto. Guadagnare più soldi non serve a nulla, sono d’accordo perfino i padroni. Tutto è stato ottenuto con durissime lotte dei lavoratori, precisa un signore con la faccia da sindacalista (a occhio, non c’è un sottopancia in tutto il film). Il grande fustigatore sorride: ha trovato il suo paradiso. Altro che esportare la democrazia. Gli Stati Uniti dovrebbero importare l’Italia, ed ecco trovata la soluzione ai problemi del mondo. Magari anche un po’ di Francia – è sempre Moore a suggerirlo – per le appetitose mense scolastiche.