Clooney, l'idiota al Festival di Cannes
Prima erano solo i fratelli Coen. Ora ci si mette anche Jodie Foster. La lista degli idioti interpretati da George Clooney ha una new entry con “Money Monster”, al Festival di Cannes (un paio d’ore dopo il film era già nel cinema sotto casa vostra, con il sottotitolo “L’altra faccia del denaro”). Idiota che sa di economia, in questo caso, ma sempre idiota. Spiega gli investimenti alla tv, nel programma intitolato appunto “Money Monster”: passi di danza con due ballerine, giacche di lustrini, cappelli da mago e inserti filmati di rara bruttezza. Finché arriva un giovanotto che gli punta una pistola alla tempia e lo costringe a indossare un giubbotto-bomba.
Poteva arrivare la svolta moraleggiante, a base di “Occupy Wall Street”, azionisti truffati, banche dalla condotta fraudolenta, poveri risparmiatori, cattivi sciacalli. La regista Jodie Foster evita, se non altro per decenza. E’ certo che la mamma le metteva in banca i soldi guadagnati da bambina con la pubblicità del Coppertone. E pare che Julia Roberts – qui fa la regia dello show, a imitazione di Faye Dunaway in “Quinto potere” – in un altro film abbia ottenuto tre milioni di dollari per quattro giorni di riprese. Jodie Foster si concentra sull’idiota. George Clooney la serve benissimo: tutte le astuzie del venditore e dell’uomo di tv (oltre che dell’attore) servono per placare il folle. I poliziotti fanno evacuare l’edificio, la regia prontamente fornisce di microfono il giovanotto che sbraita, gruppi d’ascolto si formano nei locali pubblici. Poiché l’idiota oltre all’ingenuità ha le sue alzate d’ingegno – pericolose sempre, figuriamoci in una situazione già a rischio di morte – ogni volta che ci aspettiamo qualcosa in “Money Monster” ne succede un’altra. Cosa che al cinema capita ormai di rado. E di rado si sentono battute come “discuteremo con le armi” (al solito che dice: “Mettiamo giù le armi e discutiamo”).
La regista Jodie Foster in mezzo a George Clooney e Julia Roberts (foto LaPresse)
“Un cinéma qui bande”, scrive su Grazia (edizione francese) un critico palesemente innamorato del cinema di Alain Guiraudie. “Un cinema in erezione”, come ben sanno gli spettatori fuggiti qualche festival fa da “L’inconnu du lac”: troppi maschi nudi in azione tra i cespugli. In concorso ha portato “Rester vertical”, che il medesimo critico osanna per il suo contenuto fortemente politico, sui più scottanti temi della contemporaneità. Dal film, ricaviamo che sono le pecore, i lupi protetti dai verdi, un giovanotto che scopa chiunque gli si pari davanti, maschi o femmine. Pure un vecchietto – consenziente – da sodomizzarsi mentre beve un cocktail mortale (la frase “suicidio assistito” non avrà mai più lo stesso significato). Salvati da Cristi Puiu, il regista rumeno che si fece notare qui a Cannes con “La morte del signor Lazarescu”, commedia nera da pronto soccorso. In “Sieranevada” c’è un defunto da commemorare, la vedova con i figli e il parentado aspettano il sacerdote per il rito nell’appartamentino. Intanto chiacchierano: oltre ai litigi tra cognati, qualcuno rimpiange il comunismo, un altro svela i complotti dietro l’11 settembre. Tre ore di parole, di porte che si aprono e si chiudono, con grande realismo e grande regia.