Vignettisti prudenti e comici pol. corr. In Italia la satira ha smesso di aggredire?
"Per la prima volta in assoluto, i massimi esponenti della satira a fumetti di sinistra, di destra, sociale e anticlericale in un panel senza esclusione di colpi". Così si legge nella presentazione di uno degli incontri che, da venerdì 20 a domenica 22 maggio, a Roma animeranno Arf, il festival di storie, segni e disegni. E prima ancora di basculare su quel "di destra, di sinistra" (di impolitico e apolitico è da tempo svanito il sogno che ci siano almeno due cose: la mortadella e la satira), è interessante sapere che la destra, ad Arf, ci si è dovuta invitare. Giuseppe Pollicelli, giornalista di Libero e sceneggiatore delle vignette di Libero Veleno, l'inserto satirico del quotidiano, racconta al Foglio che, durante una chiacchierata informale con uno degli organizzatori dell'evento – lo sceneggiatore (per le edizioni Bonelli) Mauro Uzzeo – ha notato che i nomi degli invitati erano tutti legati da un filo rosso (s'intenda non ideologicamente, per carità: s'intenda fil rouge ). "E allora gli ho detto: ma così ve la cantate e suonate da soli!", racconta Pollicelli, la cui obiezione è stata accolta e infatti salirà sul ring insieme a Mario Natangelo, vignettista del Fatto Quotidiano, Mauro Biani del Manifesto, Marco Tonus del Vernacoliere, Gipi, Daniele Fabbri (autore di "Gesù la Trilogia" e "Quando c'era LVI").
Esattamente un anno fa, a proposito del lavoro di Fabbri, Pollicelli scriveva sulle colonne di Libero che "beffeggiare Gesù non è da temerari, ma da pavidi e conformisti: ci si dedichi piuttosto all'Islam o all'ebraismo". Reazione di Fabbri: "Se prendersela con la Chiesa cattolica fosse facile, ad oggi condurrei un programma culturale in prima serata su Rai 3, e invece il nostro è un paese in cui gli insegnanti vengono sospesi dal lavoro perché sono contrari al crocifisso nelle scuole". A nessuno sfugge che, ahi, la serva Rai è ostello di conduttori televisivi numerari dell'Opus Dei in prima serata: si pensi a “Ballarò”.
Che la satira italiana aggredisca e faccia ridere (non necessariamente in quest'ordine) sempre meno è una tragedia culturale che Pollicelli, da esperto qual è, ricollega a qualcosa di più multiforme e ampio di questo battagliare contro nemici disinnescati e inermi, primo fra tutti la religione cattolica. C'è internet, innanzitutto, che ha consentito la fruizione delle vignette a un pubblico allargato (mentre prima bisognava essere, se non cultori della materia, almeno appassionati e andare in edicola a comprare riviste come Cuore, Candido, Il Male), del quale gli autori sono diventati ostaggio: la facile indignazione dell'internauta medio ha finito col rammollirli. E c'è la televisione, dove l'esagerazione ha un prezzo: la perdita del consenso e, a cascata, del pubblico e del posto.
Non a caso, in televisione c'è molto Vauro e poco Stefano Disegni, molto Crozza e poco Saverio Raimondo, che secondo Pollicelli è uno dei nostri comici satirici migliori: qualche anno fa scrisse sul Fatto Quotidiano che "in Italia non siamo in un regime, ma in una democrazia e in democrazia la satira non deve tanto attaccare il Primo Ministro di turno, ma gli stronzi che l'hanno votato". E Pollicelli concorda al mille per mille: "Noi non abbiamo idea di cosa siano le dittature, per questo vorrei che ci fosse più coraggio: fare satira in Italia non comporta grossi rischi. Il massimo che può accadere è di inimicarsi quel milieu culturale che in Italia fa satira comodamente, senza soverchiare i tabù del politicamente corretto, primi fra tutti le minoranze religiose". Quelle minoranze che, secondo Zerocalcare, sarebbero costituite da emarginati, cittadini di serie B sui quali gravare pure con delle irrispettose vignette che mettano alla berlina i loro simboli, sarebbe irresponsabile. "La satira non deve porsi il problema della responsabilità: per definizione dev'essere impudente e irresponsabile. La penso come Charb, il direttore di Charlie Hebdo ucciso nella strage del 7 gennaio dello scorso anno: non dissacrare anche la religione islamica, significa considerare coloro che la professano incapaci di reggere il colpo, bisognosi di un trattamento a parte: in altre parole, significa discriminarli".
Il solo autore italiano che ha preso per le palle Maometto e Gesù, riservando a entrambi la stessa ferocia, è stato Don Alemanno (e l'ha fatto dopo la strage di Parigi): ne ha scritto, forse unico in Italia, Pollicelli, che continua: "Non è affatto vero che non conosciamo l'Islam e che non ci riguarda: il fatto stesso l'idea che bersagliarlo con delle vignette sia diffusamente considerata eccessivo, indica che ci condiziona. Senza contare che continuiamo a raccontarci che il Vaticano annichilisce le nostre coscienze, trascurando che a causa del fanatismo islamico temiamo di salire in metropolitana". Questa rimozione ha a che fare solo in parte con la pavidità: è più il risultato di una disabitudine al farsi graffiare, al bombardare le proprie certezze. "Pensiamo a Zerocalcare: il suo lavoro è del tutto consolatorio e manicheo. Il suo talento sta soprattutto nel non far scomodare mai il lettore, nel non metterlo mai in crisi, nel proteggerlo da una cattiveria che gli è estranea e che però non ha mai nome. Crozza funziona attraverso il medesimo manicheismo: si mette dalla parte dello spettatore e, insieme a lui, si include nel cerchio dei buoni". E invece i mostri siamo noi: aveva ragione Raimondo.
L'orrore di cui dovrebbero farci tremare e ridere i satirici è innanzitutto il nostro, ma significherebbe deconcentrarsi dalla satira politica, che serve a far sentire il pubblico/elettorato incontaminato (come lo erano i sudditi) e che per questa ragione, nonostante la politica sia delegittimata, continuerà a sembrare eversione, pur essendo l'esatto opposto. Non consentiremo ad Altan (per Pollicelli l'unico rimasto, in Italia, a fare satira di costume) di scuoterci, ma continueremo a credere che Vauro sia un irriverente soldato della libera espressione, sebbene "quando si trattò di difendere i vignettisti danesi dagli attacchi dei fondamentalisti islamici, se ne guardò bene". La scorsa settimana, in Germania, è stato deciso di avviare un processo contro il comico Jan Boehrmann, denunciato da Erdogan per averlo sbeffeggiato: #jesuisboehrmann non pervenuti. A non pervenire, dopotutto, sono le identità: “Se non ci riconosciamo in nulla, non abbiamo nulla da difendere, né da contrastare”.