Bassam Tibi

La resa di Bassam Tibi, che teorizzò l'euroislam: "Ha vinto il velo"

Matteo Matzuzzi
L'islamologo tedesco anni fa parlò della necessità di sviluppare un islam di tipo europeo. Oggi si ricrede: "Ammetto la mia sconfitta"

Roma. “Il 2015 segna la fine della mia speranza di una europeizzazione dell’islam”, scrive nell’ultimo numero della rivista politico-culturale tedesca Cicero Bassam Tibi, tra i più noti islamologi contemporanei, una carriera tra Harvard, Berkeley e infine Gottinga. Anni fa, Tibi coniò il neologismo “euroislam”, argomentando la necessità di sviluppare un islam di tipo europeo tra gli immigrati musulmani inseriti nel vecchio continente per scongiurare il rischio di vedere entro pochi anni la nascita di una “Europa islamizzata”. Un modello i cui requisiti fondamentali erano la separazione tra religione e politica e la capacità dell’islam di fare propria un’idea di tolleranza ispirata ai princìpi dell’Illuminismo europeo, e non “a quello che i musulmani considerano per tolleranza, cioè ritenere gli ebrei e i cristiani subordinati, dhimmi. Concetto, quest’ultimo, che rappresenta la negazione stessa dell’idea d’Europa”, che può ammettere solo “la determinazione dei musulmani che vivono qui come individui singoli, e non come umma, cioè come collettivo”.

 

Il rischio di un’Europa islamizzata era comunque basso, scriveva Tibi, convinto della possibilità di far coesistere la religione islamica con i più genuini valori europei. Oggi, l’ammissione della resa: “Non ci sarà alcun islam europeo”, perché ha vinto “l’islam del velo, che è rappresentato dagli islamisti e dai salafiti ortodossi”. Una resa i cui contorni hanno iniziato a manifestarsi molto tempo fa, scrive l’intellettuale nato a Damasco: “Dopo l’undici settembre, e dopo aver visto molte persone nelle società parallele islamiche in Europa plaudire a tanta umiliazione dell’occidente, cominciai a nutrire dubbi sulla mia visione di un islam europeo. Io – prosegue Tibi – sono europeo ‘per scelta’, nel senso che ho deciso di trasferirmi in Europa per godere del diritto fondamentale alla libertà di pensiero. Ma oggi in Germania mi sento ostacolato dai divieti ogni qual volta vorrei esprimere qualche osservazione sull’islam, l’islamismo e la stessa Europa”. Dopotutto, aggiunge, “già Theodor Adorno criticò l’abitudine mentale tedesca di evitare di dire la propria su non poche questioni per mera paura delle conseguenze. Il risultato è l’emergere di un ‘censore interiore’ che impedisce non solo di esprimere pensieri scomodi, ma anche di elaborarli”. E oggi la Germania – dove lui ha scelto di risiedere – è l’emblema del fallimento dell’idea di un euroislam: “Lo stato tedesco vuole essere ideologicamente neutrale, ma finora ha solo incoraggiato le reti islamiche organizzate, finendo per emarginare i musulmani europei. Questo modello è il principale responsabile per il fallimento dell’euroislam”.

 

Il futuro è già qui, sotto gli occhi, osserva Bassam Tibi, e per capirlo bisogna tornare al 1992 quando all’Istituto del mondo arabo di Parigi partecipò a un progetto per rendere pienamente cittadini i musulmani in Francia. L’obiettivo, scrive l’islamologo, consisteva nel sostituire l’integrazione al concetto obsoleto di assimilazione. Un quarto di secolo dopo, “le società parallele hanno trionfato sull’integrazione”, benché “i tedeschi buonisti non vogliano sapere nulla di tutto questo”, perché “questi argomenti sono un tabù”. Nei prossimi anni, è la previsione, “avremo tante società parallele, la siriana e l’afghana, l’irachena e la somala, il cui segno distintivo è il velo islamico”. “Il mio impegno per l’euroislam – è la chiosa – si è tradotto nel tentativo di costruire ponti. Devo ammettere la mia sconfitta”.

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  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.