Mani bucate
L'Anpi conviene
I proventi di questa rubrica saranno sperperati fino all’ultimo centesimo su eBay. Lo schema, antico e sperimentato, è lo stesso di Penelope: di giorno faccio un po’ di soldi scrivendo, di notte me ne disfaccio inseguendo cimeli, stravaganze, riviste e libri rari. La settimana successiva ne do conto ai lettori, per quel minimo di accountability a cui devono piegarsi anche i capricci, con la crisi tutt’intorno e il pareggio di bilancio in Costituzione. Ma sono capricci, poi? Buona parte dei discorsi che si sentono in giro suonano come rimasticature di discorsi già fatti (meglio, per giunta) venti, trenta o cent’anni prima; e nulla giova più, per infilarsi nel dibattito, che rovistare nelle attrezzerie di scena di spettacoli dismessi, negli arsenali di battaglie già combattute.
Ora, per esempio, mi sono messo in testa che devo procurarmi una vecchia tessera dell’Anpi, così da poter parlare di riforma della Costituzione senza che nessuno abbia da ridire sulle mie credenziali antifasciste. L’autocertificazione non basta, serve il pezzo di carta. Invano ho cercato per anni di metter mano su una tessera della P2, e alla fine mi sono arrangiato a fabbricarne una falsa, da tirar fuori con gesto teatrale quando qualcuno mi chiedeva come mai fossi così agguerrito sulla questione della separazione delle carriere dei magistrati. Il problema, semmai, è che per ragioni di verosimiglianza cronologica ho dovuto incollarci una foto del mio primo anno d’asilo – il più piccolo piduista italiano – ma confido che Tony Chichiarelli, dall’Aldilà, mi avrà mandato la sua benedizione.
Con l’Anpi, per fortuna, la cosa è più facile. Su eBay i medaglieri della resistenza hanno prezzi inaccessibili perfino alle mie mani bucate, ma una tessera di “partigiano combattente” del 1950 si trova a sette euro, e per poco più del doppio, sempre che le offerte non lievitino, ci si può aggiudicare un bel completo delle Brigate Garibaldi – sahariana cachi di stoffa inglese con bruciature, eleganti fasce mollettiere di lana bianca, fazzoletto di rasone rosso di un metro per un metro – o un distintivo da petto delle Brigate giustizia e libertà. Tutte cose che possono tornare utili, per la nota legge del diciotto brumaio, quella della tragedia che si ripete in farsa. Nel 2010, per esempio, andò in scena un siparietto delizioso. Antonio Ricci sfoggiò vittorioso la sua tessera onoraria Anpi per replicare a Nicola Lagioia che lo aveva accusato di essere espressione del “fascismo del mondo dei consumi”; ed è dura decidersi su chi dei due sapesse più di stantio, se l’autore televisivo che certificava burocraticamente i suoi quarti di nobiltà partigiana o il giovane scrittore che serviva trent’anni dopo, senza neppure scongelarlo, il repertorio pasoliniano sul vecchio e il nuovo fascismo, la lingua pubblicitaria omologante, l’intellettuale che combatte il Potere con una scrittura polifonica eccetera.
Era una riedizione in sedicesimo della lite Pasolini-Casalegno del 1974, che almeno gratificava il pubblico con un bel finale da bulli (il giornalista della Stampa, che insinuava l’idea di un Pasolini nostalgico, si sentì rispondere: “Se egli osa ripetere qualcosa di simile, prendo il treno, salgo a Torino e passo alle vie di fatto”). Mi dicono che i due, Ricci e Lagioia, sono appena tornati a beccarsi (non so su cosa, forse sull’eurocomunismo e i missili Cruise) ma le “vie di fatto” non sono andate oltre la proposta di una pizza conciliatrice a Roma. Pazienza.
Ora che lo psicodramma del fascismo e dell’antifascismo si prepara a occupare a lungo la scena della campagna referendaria, e che ci attendono mesi di facciamo la nuova resistenza, e di cosa voterebbe oggi Pertini, e di che scriverebbe Fenoglio della Boschi, una tessera Anpi nel portafogli è prudente averla, e anche un completino per prender parte al varietà. Fanno poco più di venti euro; con quel che avanza, uno zaino del partigiano per i libri-munizione da portarmi sulle montagne, tra le stelle alpine: “I fascisti invecchiano” di Brancati, “Con irriverenza parlando” di Maccari e tutto il Flaiano che riesco a infilarci.