Così Aristotele fece una prima iniezione di razionalità all'occidente
Aristotele non va di moda: i teologi vogliono deellenizzare il cristianesimo, svuotando le formule dogmatiche di quella intelligibilità razionale che il logos greco (e quindi anche aristotelico) aveva loro dato. Le filosofie continentali si risolvono in chiacchiera, dimentiche della verità e della struttura logica delle argomentazioni. I politici pronunciano fallacie senza che nessuno se ne accorga. Aristotele ci parla del vero e del falso, dei procedimenti per distinguerli, di come si deriva una conclusione vera da premesse vere, di come si distinguono le fallacie dai buoni argomenti. Aristotele non va di moda perché ci costringe a pensare. E lo fa nel suo “Organon”. “Organon” in greco significa “strumento” e non è un caso che la raccolta delle opere logiche di Aristotele sia stata chiamata così.
L’anonimo titolista dovette considerare la logica come quello strumento che la filosofia adotta per raggiungere le sue conclusioni. Benché questa idea sia sostanzialmente corretta e trovi una eco nelle opere di Aristotele, resta però riduttivo ridurre le opere raccolte nell’“Organon” a meri strumenti delle scienze teoretiche. La raccolta contiene un trattato di ontologia (le Categorie), uno di filosofia del linguaggio (il “De interpretatione”), un trattato di logica propriamente detta (gli “Analitici Primi”), un trattato di filosofia della scienza (gli “Analitici Secondi”) e due trattati (i “Topici” e gli “Elenchi sofistici”) dedicati a quella che i contemporanei chiamano teoria dell’argomentazione e che per Aristotele era la dialettica.
La nuova edizione Bompiani è da salutare con grande favore, perché offre per la prima volta al lettore italiano tutte le opere di Aristotele in traduzione italiana e con testo a fronte. Prima di questa traduzione, redatta da un gruppo di studiosi guidati da Maurizio Migliori, esisteva soltanto il vecchio “Organon” tradotto per Einaudi nel 1955 da Giorgio Colli e poi ristampato di recente da Adelphi: un’opera senz’altro pregevole, ma con il difetto di non presentare il testo a fronte e di essere basata su una presunta nuova edizione del testo greco mai data alle stampe, come ebbe modo di rilevare, in una impietosa recensione, l’editore oxoniense di “Categorie” e “De interpretatione”, Lorenzo Minio-Paluello. Nel 2007 l’editore Laterza di Bari aveva intrapreso la meritoria opera di stampare l’“Organon” con testo a fronte, affidando la traduzione e il commento degli “Elenchi sofistici” alle cure di Paolo Fait e degli “Analitici Secondi” a Mario Mignucci. Mancano ancora all’appello i trattati rimanenti.
Bompiani batte quindi sul tempo il concorrente pugliese, dando alle stampe tutti i trattati in un solo volume. Lo storico della filosofia Giovanni Reale (1931-2014), che fondò la collana “I classici del pensiero occidentale” di Bompiani e che di Migliori è stato maestro, era convinto che il pensiero greco fosse alla base della scienza e della civiltà occidentale. Se questo è vero, l’“Organon” è senz’altro la pietra angolare sulla base della quale la scienza occidentale si è basata per secoli, fino a che la nuova scienza non sentì l’esigenza di liberarsi del pesante fardello aristotelico. Francesco Bacone, non a caso, nel 1620 ritenne si dovesse produrre un “Novum Organum” per fondare la nuova scienza. Ma ancora nella sua Critica della ragion pura, un secolo e mezzo dopo Bacone, Kant giunse a dire che la logica, dopo Aristotele, non aveva conosciuto progressi. Quella di Kant era certo una iperbole, indicativa però dell’immensa ammirazione di cui il pensiero logico di Aristotele ha goduto. Come sanno gli addetti ai lavori, la logica di Aristotele non è certo quel sistema chiuso al limite della caricatura che certa manualistica datata sembra suggerire.
Le contraddizioni interne sono molteplici e molti studiosi ritengono la logica modale di Aristotele sostanzialmente inconsistente. La ragione di questa inconsistenza è probabilmente da ricondurre al fatto che Aristotele sviluppò sistemi diversi e i testi nei quali li sviluppava furono poi malamente assemblati, dando origine a un risultato incoerente. Ma le idee che emergono da ogni pagina sono la firma di un genio. Ogni volta che ci si avvicina all’“Organon” si vede questa grande mente all’opera. I traduttori di questo “Organon” hanno intrapreso un’opera improba: Marina Bernardini ha tradotto le “Categorie”, Lucia Palpacelli il “De Interpretatione”, Milena Bontempi gli “Analitici Primi”, Roberto Medda gli “Analitici Secondi”, mentre ad Arianna Fermani sono spettati “Topici” ed “Elenchi sofistici”. L’interpretazione proposta da Migliori nel saggio introduttivo sottolinea che i trattati dell’“Organon” sono destinati non solo a trattare problemi logici astratti, ma anche a formalizzare argomenti retorici o dialettici.
Migliori si sofferma molto sul carattere “dialettico” del pensiero aristotelico, arrivando a dire che quello di Aristotele è un sistema aperto a sempre nuove revisioni. La teoria dell’argomentazione dell’“Organon” serve quindi non a giungere a conclusioni definitive, ma a strutturare il discorso e la ricerca del vero. La tesi è probabilmente audace, ma è vero che Aristotele non adoperò nei suoi trattati scientifici il metodo apodittico che parte da princìpi e giunge a conclusioni necessarie – metodo che pure aveva esposto negli “Analitici Secondi”. Al contrario, Aristotele sembra piuttosto servirsi di quegli schemi dialettici che ritroviamo anche nei dialoghi del suo maestro Platone e che furono descritti nei libri centrali dei “Topici”. Accanto all’ardita tesi di Migliori, questa edizione contiene qualche altra novità. Marina Bernardini pensa che le categorie siano un dizionario di termini filosofici, all’incirca come il libro V della “Metafisica”. Affrontando l’annosa questione dello statuto delle categorie (semplici classificazioni linguistiche o partizioni del reale), Bernardini adotta l’approccio concordista degli antichi commentatori greci: le categorie sono partizioni del reale che sono espresse nel linguaggio.
Commentando gli “Analitici Primi”, Milena Bontempi mostra di essere al corrente della recente interpretazione di Marko Malink e lo segue nel dire che la sillogistica si fonda sulla teoria della predicazione che Aristotele enuncia nei “Topici”. Arianna Fermani sottolinea il contesto dialogico delle argomentazioni che Aristotele svolge nei “Topici”, soffermandosi, come già aveva fatto nella sua traduzione dei trattati di etica dello “Stagirita” (Bompiani, 2008) sugli usi linguistici del pensatore greco. Alle volte la traduzione incespica e sembra che il traduttore si sia smarrito a causa del lingua molto compressa (ad esempio si veda la traduzione di Top. 119b20-23 a p. 1.311 o quella di Soph. El. 170b20ss. a p. 1.731).
Appunti sulla traduzione
Anche i passi più celebri sono alle volte resi in un modo un po’ oscuro. La definizione di sillogismo è per esempio tradotta così: “‘Sillogismo’ è invece un discorso in cui, poste certe cose, qualcosa di diverso rispetto ai dati risulta di necessità per il fatto che sono questi” (p. 375). Ci sono poi alcune omissioni: oltre ad alcune curiose assenze tra la più recente letteratura critica anglosassone, i traduttori non sembrano essersi accorti delle osservazioni testuali di P. S. Hasper al testo delle “Confutazioni sofistiche”, né si danno pensiero, se non mi sbaglio, di dirci quale testo critico adottano. Per i “Topici”, ad esempio, deduco che si adotta il testo di W. D. Ross (Oxford Classical Texts, 1958), mentre probabilmente sarebbe stato meglio usare la più recente e più affidabile edizione di J. Brunschwig (Les Belles Lettres, 1967 e 2007). Probabilmente Les Belles Lettres non volevano cedere i diritti di riproduzione.
Peraltro, nonostante il greco riporti il testo Ross, alla linea 102 a6 Arianna Fermani traduce chiaramente il testo di Brunschwig. Ma questo non deve togliere ai traduttori il merito di averci restituito una miniera di informazioni, un testo greco affidabile e una traduzione per lo più scorrevole a un prezzo molto contenuto. Nella nuova barbarie in cui l’occidente pare destinato a piombare, ogni iniezione di razionalità è benvenuta. Questo volume arriva peraltro in tempo per i 2.400 anni – portati benissimo – del filosofo greco. Buon compleanno, Aristotele. Ci manchi.