Addio a Dantec, "il principe nero del romanzo cyber-punk"
E' scomparso a 57 anni lo scrittore francese. Anticonformista e provocatore per eccellenza, criticò l’islamizzazione silenziosa del paese.
Parigi. “Nel weekend, Mauric G. Dantec ci ha lasciato. Ripenseremo a tutti i bei momenti trascorsi in sua compagnia, dai primi concerti e dischi nel 1996 con Richard Pinhas, fino all’epoca delle ‘Racines du mal’, fino al suo ultimo libro, ‘Les Résidents’, nel 2015, edito da Inculte. Caloroso, generoso, amicale e umano, la sua unicità ha lasciato un segno nella letteratura francese. Tutti i nostri pensieri vanno a Sylvie, sua moglie, e Eva, sua figlia, che sono stati al suo fianco fino alla fine”. È la casa editrice Inculte ad annunciare la scomparsa del suo autore più importante, Mauric G. Dantec, l’ultima maison che aveva ancora la forza e il merito di pubblicarlo nonostante la fatwa del mondo letterario parigino. Se ne è andato sabato il “principe nero del romanzo cyber-punk”, come lo racconta oggi l’Obs, stroncato da un infarto nella sua casa di Montreal, in Canada, all’età di 57 anni, nel paese dove aveva scelto di vivere dal 1998.
“Con Michael Houellebecq, Virginie Despentes o Vincent Ravalec, ha fatto parte di una generazione di scrittori che hanno riportato un po’ di scandalo nel romanzo francese”, scrive l’Obs. Visionario e apocalittico, negli ultimi anni, Dantec, si definiva un “cattolico futurista”, lui che era nato in una famiglia di comunisti e aveva trascorso la sua adolescenza nel Comune di Ivry-sur-Seine, uno dei bastioni della “banlieue rouge”, la cintura politica del Pcf. Ma è stato soprattutto uno dei più acuti e inafferrabili scrittori francesi della seconda metà del Ventesimo secolo, intimamente contrarian, anticonformista, provocatore e scandaloso, più ancora di Houellebecq con il quale condivideva molte analisi sull’evoluzione del mondo e sull’islam che nella sua opera cult “American Black Box” (2006) ha definito “comunismo del deserto”. Dantec, che abbandonò gli studi in lettere moderne per fondare un gruppo rock, Etat d’Urgence, e in seguito lavorare nella pubblicità all’inizio degli anni Ottanta, scopre fin da piccolo la sua smisurata passione per la letteratura e in particolare per l’opera di Céline, Fëdor Dostoevskij, James Joyce, James Ellroy e Dashiell Hammett.
A 34 anni, per la prestigiosa collana “Série Noire” di Gallimard, pubblica il suo primo romanzo poliziesco, “La Sirène rouge” (1993), ed è subito acclamato dalla critica che lo premia con il Trophée 813 du meilleur roman francophone. “Les Racines du mal” (1995), capolavoro del noir moderno, gli valse il Grand prix de l’Imaginaire du meilleur roman nel 1996, e nel 1999, con “Babylon Babies”, romanzo di fantascienza, entra nel pantheon dei migliori scrittori contemporanei. Al cattolicesimo Dantec si era convertito negli anni Duemila dopo essersi trasferito definitivamente a Montreal, abbandonando quella Francia che lo aveva scomunicato dopo le sue critiche nei confronti dell’islam, dopo aver denunciato la “decadenza dell’Europa” e l’avanzata del “jihad mondiale”, e aver profetizzato lo “choc of civilisations” tra l’“occidente teoconscientista cattolico” e il “mondo musulmano”. Per tutti, a Parigi, era “Dantec l’islamophobe”, un irredimibile individuo che dopo essere stato gauchiste in gioventù era “passato a destra”, come scrisse Libération, mentre il Monde, in prima pagina lo definiva “reazionario” per il suo appoggio a Bush e alla difesa del “mondo libero” contro il “terrorismo dell’islam radicale”.
Il suo polar cyber-punk, le sue origini di “petit banlieusard”, il suo fascino per certe sostanze illecite e il suo impegno affianco ai combattenti musulmani bosniaci nel 1995, lo avevano fatto diventare un eroe della gauche culturale francese, un darling delle belles lettres parigine. Ma la decisione di abbracciare la religione cattolica e in seguito l’attacco virulento contro la sua Francia che stava favorendo in silenzio l’islamizzazione delle banlieue rappresentarono negli anni Duemila il punto di non ritorno. Da quel momento in poi, come per molti altri grandi esponenti della letteratura francese, l’islam diventa una questione ossessionante per Dantec ed è tagliato fuori da molti circoli intellettuali. Negli ultimi quindici anni cambia tre case editrici: da Gallimard passa ad Albin Michel, con la quale pubblica nel 2005 “Cosmos incorporated”, evocazione dantesca del futuro dove la società è dominata dalle macchine, prima di entrare nelle edizioni Ring, e abbandonarle poco dopo per Inculte. La sua opera più emblematica resta però “Théâtre des opérations, laboratoire de catastrophe généraleé” (Gallimard), diario intimo burrascoso dove manifesta senza reticenze la sua inquietudine per l’ascesa dell’islam radicale: “L’islam è solubile nella democrazia? Poveri sciocchi! Di cosa avete ancora bisogno per capire che la vostra democrazia si dissolve irresistibilmente nell’islam?”.