Intimi ma non morbosi, noir e politicisti a tutti i costi. La Rai, Liorni's way
Roma. La tv pomeridiana vi ha esasperato con i contenuti trashissimi? Le storie iperboliche gridate a squarciagola, la cronaca troppo nera, la cannibalizzazione dei fatti altrui a favor di telecamera e furor di ascolti vi hanno fracassato le maracas? Bene (anzi, male): questa chiacchierata potrebbe fare al caso vostro. Abbiamo incontrato Marco Liorni (casa Presta). Volto elegante che la Rai ha scelto e riscelto per la conduzione della “Vita in diretta”. Il competitor, insieme alla collega Cristina Parodi, di “Pomeriggio Cinque”. Tanta roba, almeno stando agli ascolti che nella stagione appena conclusa hanno premiato il programma. Lo abbiamo incontrato in un caldissimo pomeriggio romano. A Prati, dove sennò? Camicia di lino a righe sottili bianche e azzurre su pantaloni beige: “Non ti do la mano perché c’è tutto il gelato di mia figlia sopra”, esordisce sorridente. Padre di tre bimbi – Niccolò, Emma e Viola – marito di Giovanna che fa ufficio stampa, ma nella Sanità. Un sorriso limpido e tutti i capelli ancora in testa. Che non è scontato, visto che il nostro ha superato i 50. Posato. Garbato. “Appena entro in studio m’illumino, è il mio habitat: volevo fare questo mestiere fin da piccolissimo. Il mio modello? Enzo Tortora”. Una conduzione fresca senza essere fredda, la sua. Intima, non morbosa. Lui, versatile per natura, ha condotto un po’ di tutto. E’ voce radiofonica per Rds, ha scritto spettacoli teatrali e i copioni se li crea da sé.
“Sono autore di me stesso. Da sempre. E poi parto dal presupposto che sono io a mettermi a disposizione del programma: è il mio modo per fare davvero servizio pubblico”. La sua “Vita in diretta”, come detto, ha regalato ascolti di cui vantarsi, ma al meglio non c’è mai fine – sostiene – e lui lo ha ben presente. Un difetto del programma? “Forse dovrebbe avere un tocco di freschezza in più, vorrei trovare un modo diverso di raccontare le storie: una maniera pop per spiegare anche cose un po’ più complesse, nel senso più montanelliano del termine, così da avvicinare le persone che guardano la televisione ad argomenti apparentemente ostici: questa è la sfida, per me”. Lo dice lui, che di pop se ne intende. Forse lo ricordate ad aprire la porta rossa del “Grande Fratello”, quando a condurlo c’era l’attuale direttore della terza rete Rai, Daria Bignardi. “Lo rifarei assolutamente, ho imparato moltissimo. Il ‘Grande Fratello’ ha cambiato le sorti della televisione italiana. Dico di più, mi piacerebbe lasciare il segno con un programma mio su un argomento delicato ma che appartiene alla vita: gli ultimi giorni su questa terra. Per ora non dico altro”.
Con Daria? “Non ci sentiamo, ma penso potrà fare bene a Rai Tre. Così come Dalla Tana e Fabiano. La freschezza di cui parlavo prima, dovrebbe riguardare il servizio pubblico. Ed è la direzione verso la quale vuole andare Campo Dall’Orto”. Quello che si dice nei corridoi di Viale Mazzini è che, da adesso, non esistono più soltanto gli ascolti. Meglio un punto in meno di share e mezzo in più nella qualità di ciò che viene proposto. Qualità? Stiamo a guardare. E se i desiderata del dg è questo, non è un caso che abbia scelto di dare un taglietto alla cronaca nera e uno ai talk-show. “I talk vanno rivisti, è un discorso di ritmo. Mi piacerebbe condurne uno, ma non di politica. Per quanto riguarda la cronaca nera, penso si possa fare, ma dosata e con le dovute misure. Quel tipo di racconto ha sempre catturato l’attenzione delle persone, dal caso terribile di Alfredino, in giù. Non è un fatto nuovo. E’ la gente che la chiede in un certo senso. Il nostro compito è affrontarla nel giusto modo”. Cercasi nuovi format. Chissà che da queste parti non ne nasca uno nuovo e a sorpresa.
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