Tra fischi e commemorazioni, anche a Locarno ci salveranno i rumeni
“Poetico, politico, visionario”. L’annuncio del direttore Carlo Chatrian mette paura a chi rimpiange i Festival di Locarno diretti da Olivier Père (che, si sussurra, potrà avere tra qualche anno un radioso futuro come direttore del Festival di Cannes). A chi rimpiange anche i Festival di Locarno diretti da Marco Müller (che, si sussurra, potrebbe tornare in carica come direttore del nuovo Palacinema, inaugurazione prevista nel 2017). Rimpiange la grinta che entrambi i direttori garantivano, al di là del giudizio sui singoli titoli e i gusti non sempre condivisi. Sullo sfondo, più o meno dichiarata perché certe cose tra cinefili ancora non si confessano, la voglia di lasciarsi alle spalle lo stanco modello del cineclub.
Agli elvetici sembra piacere così: l’attuale direttore gode di lusinghiere rassegne stampa (e puntualmente invece viene fischiato dal pubblico in piazza lo sponsor principale, appena compare sullo schermo il logo dell’Ubs). Si apre la sera del 3 agosto con un film di morti viventi politicamente corretti. Non come “L. A. Zombie” di Bruce LaBruce, film pornografico e urtante che nel 2010 diede scandalo in una proiezione di mezzanotte (soffiarono sul fuoco tutti i cronisti presenti, alla parola “sesso” il caporedattore concede sempre qualche riga in più).
Gli zombie di “The Girl with all the Gifts” – diretto da Colm McCarthy con Glenn Close e Paddy Considine – non sono gentaglia golosa di carne umana. Sono il mezzo con cui l’umanità decimata da un fungo celebra “l’incontro con il diverso e la scintilla che rende possibile un nuovo orizzonte”. Nulla è peggio di un film apocalittico che arriva con la sua interpretazione (i film di morti viventi, quelli davvero belli, arrivavano nei circuiti di serie B, e solo dopo si capiva che raccontavano qualcosa di noi). Se volete portarvi avanti, il film è tratto da un romanzo di M. R. Carey uscito da Newton Compton con il titolo “La ragazza che sapeva troppo”.
Ci salveranno, come al solito, i rumeni. In concorso c’è “Scarred Hearts” di Radu Jude, regista che avevamo conosciuto per un film in bianco e nero intitolato “Aferim!”. Era la storia tragicomica di un poliziotto all’inseguimento di uno zingaro (questioni di corna) ambientata all’inizio dell’800. Il nuovo è ambientato in un sanatorio, corrono gli anni Trenta. Se non vi sembra stuzzicante, neanche proviamo a riassumere le non trame dei film egiziani o portoghesi. Abbas Kiarostami era stato scoperto dal Festival di Locarno (regnante Marco Müller), l’omaggio è inevitabile. Verrà celebrato anche Michael Cimino, ospite del Festival qualche anno fa. La retrospettiva sul cinema tedesco del secondo dopoguerra promette “un mix di opere popolari e sperimentazione”. Esattamente quel che vorremmo da un festival, senza quel bel mezzo secolo di sfasamento.