Padri
I pensieri di notte con tre bimbe che dormono
Stanotte mi sono svegliato alle tre. Ho aperto gli occhi nel buio, sono arrivati i pensieri e non sono più riuscito a dormire. Allora mi sono alzato, ho aperto ai cani e siamo andati a fare un giro in giardino. Fuori l’aria era calda, il cielo coperto da nuvole spesse, dal bosco arrivava un rumore come di corteccia grattata con forza. Virginia e io, la settimana scorsa, abbiamo visto un cinghiale dalla finestra del bagno, una volta gli scoiattoli, e adesso mi chiede ogni giorno di andare a vedere. Per i primi anni di vita è stata terrorizzata da ogni forma vivente, mentre oggi è diventata di colpo un’animalista convinta, si arrabbia perfino se schiaccio una zanzara. Quando il rumore è scomparso sono rientrato in casa, ho richiamato i cani e sono salito. In soggiorno, mi è sembrato di sentire un pianto. Mi sono affacciato in camera di Virginia, ma ho visto che dormiva tranquilla. Ho capito allora che era Melania a lamentarsi, sono entrato in cameretta e l’ho tirata su. Si è aggrappata forte al collo, singhiozzando, e mi ha appoggiato la testa su una spalla. Siamo rimasti così al buio, per un po’, io in piedi e lei fra le mie braccia, fino a quando non ho sentito il respiro del suo russare. L’ho rimessa giù piano, ho pensato che fino a poco tempo fa sarei riuscito a riaddormentarla solo nel lettone con la mamma.
Poi ho controllato Ginevra, che dormiva nel letto a castello di sopra, stringendo in mano il suo orecchino di Elsa di Frozen. Ieri pomeriggio si è arrabbiata con me perché mi ero dimenticato di nuovo di comprarle il succo alla pesca, e mi ha detto che non mi invita più alla sua festa di compleanno. Quando me l’ha comunicato, subito le ho detto: “E come fai, tanto io abito qui”. Allora lei ha preso fiato, ha fatto una pausa che pareva una rincorsa, poi ha detto: “Non ti mando l’invito!”. Mi è venuto da ridere, perché quando era più piccola faceva le feste soltanto per me, e l’unico invitato ero io. Mi sono arrampicato sul letto e le ho fatto una carezza sui capelli, e quando ha sentito il contatto della mano sulla testa istintivamente ha stretto l’orecchino nel pugno più forte. Quando sono rientrato in camera nostra, Paola nel dormiveglia mi ha chiesto: “Dove vai?” e io le ho detto: “Non vado, torno”, e mi sono infilato sotto le lenzuola. Ho pensato: Domani devo cominciare a buttare giù i layout ambientati in Arizona, dovrò cercare della documentazione fotografica sui deserti. Mi è venuto in mente di quando sono stato in un deserto sul serio, da piccolo, e ho anche vissuto una tempesta di sabbia insieme alla mia famiglia, e in quel momento ho pensato: Peccato che non si possano fare le foto ai ricordi. Ma è meglio così, perché il bello dei ricordi è proprio che mutano nel tempo, si arricchiscono, cambiano insieme a noi.
Invece le fotografie restano sempre uguali a se stesse, come quelle persone che rimangono per tutta la vita fisse sulle loro certezze e se ci parli ti dicono: “Io sono fatto così”. Mentre non è che sono fatti così, ma sono loro che si fanno così, sempre uguali, ogni giorno. Perché essere è un dato di fatto e un punto di partenza, mentre diventare resta la vera sfida. Chi è genitore ben comprende questa cosa, perché la vede aprirsi davanti a sé di continuo, tutti i giorni, quasi come una piccola ferita. Il processo di crescita dei figli è infatti, a tutti gli effetti, una specie di continuo tradimento, soprattutto delle aspettative dei genitori, ma è un processo naturale e necessario. Invece, quando sei adulto, alimentare quel processo diventa sempre più una decisione, e quotidianamente ci si trova a scegliere, e se è vero che fa male sentire di non aver avuto il coraggio, o la forza, di cambiare quando era il momento, fa ugualmente male guardare negli occhi un’altra persona che vede il tuo cambiamento come un’infedeltà, o non lo considera abbastanza, o gli piacevi di più prima.
E’ curioso notare che il significato – meglio: l’etimologia – di tradire somigli molto a quella di: tradurre. Tradire deriva dal latino “tradere”, che significa: consegnare in mano a qualcuno. Tradurre deriva da “traducere”, che è una parola composta da “trans” (far passare attraverso) e “ducere” (condurre). Quando si traduce un testo, passando da una lingua a una diversa, si conduce qualcosa da un luogo a un altro, si rende un significato disponibile. Quando si tradisce – si pensi al senso figurato di espressioni come: i suoi occhi lo hanno tradito. O: le sue parole lo hanno tradito – si fa in fondo la stessa cosa. Tradire e tradurre sono due modi diversi di dire la verità.
Il problema non è tanto la maniera in cui quella verità ti viene consegnata, ma è quel che decidi di farne quando la stringi fra le mani. Ho pensato che la prima cosa che scopri quando diventi padre è che la verità delle persone, soprattutto quella dei figli, va sempre riconosciuta, anche quando è molto lontana da quella che ti aspetteresti tu. Saper vedere quella verità, e accoglierla, si chiama: amore, e io l’ho capito davvero solo così. Ho guardato l’ora sulla sveglia, erano le tre e trentatré. Ho chiuso gli occhi, i pensieri non c’erano più, ho ripreso sonno quasi subito.
Matteo Bussola ha scritto “Notti in bianco. Baci a colazione” (Einaudi Stile Libero)
Universalismo individualistico