Padri

I pensieri di notte con tre bimbe che dormono

Matteo Bussola
E’ curioso notare che il significato di tradire somigli molto a quella di: tradurre. Tradire deriva dal latino “tradere”, che significa: consegnare in mano a qualcuno. Tradire e tradurre sono due modi diversi di dire la verità. Il problema non è tanto la maniera in cui quella verità ti viene consegnata, ma è quel che decidi di farne quando la stringi fra le mani.
La rubrica "Padri" fa parte dell'inserto Il Figlio, lo speciale di Annalena Benini. In ogni numero un padre racconta di sé, con i figli: storie, sentimenti, pensieri, ossessioni, scoperte. Sono qui disponibili tutti gli articoli.

 


 

Stanotte mi sono svegliato alle tre. Ho aperto gli occhi nel buio, sono arrivati i pensieri e non sono più riuscito a dormire. Allora mi sono alzato, ho aperto ai cani e siamo andati a fare un giro in giardino. Fuori l’aria era calda, il cielo coperto da nuvole spesse, dal bosco arrivava un rumore come di corteccia grattata con forza. Virginia e io, la settimana scorsa, abbiamo visto un cinghiale dalla finestra del bagno, una volta gli scoiattoli, e adesso mi chiede ogni giorno di andare a vedere. Per i primi anni di vita è stata terrorizzata da ogni forma vivente, mentre oggi è diventata di colpo un’animalista convinta, si arrabbia perfino se schiaccio una zanzara. Quando il rumore è scomparso sono rientrato in casa, ho richiamato i cani e sono salito. In soggiorno, mi è sembrato di sentire un pianto. Mi sono affacciato in camera di Virginia, ma ho visto che dormiva tranquilla. Ho capito allora che era Melania a lamentarsi, sono entrato in cameretta e l’ho tirata su. Si è aggrappata forte al collo, singhiozzando, e mi ha appoggiato la testa su una spalla. Siamo rimasti così al buio, per un po’, io in piedi e lei fra le mie braccia, fino a quando non ho sentito il respiro del suo russare. L’ho rimessa giù piano, ho pensato che fino a poco tempo fa sarei riuscito a riaddormentarla solo nel lettone con la mamma.

 

Poi ho controllato Ginevra, che dormiva nel letto a castello di sopra, stringendo in mano il suo orecchino di Elsa di Frozen. Ieri pomeriggio si è arrabbiata con me perché mi ero dimenticato di nuovo di comprarle il succo alla pesca, e mi ha detto che non mi invita più alla sua festa di compleanno. Quando me l’ha comunicato, subito le ho detto: “E come fai, tanto io abito qui”. Allora lei ha preso fiato, ha fatto una pausa che pareva una rincorsa, poi ha detto: “Non ti mando l’invito!”. Mi è venuto da ridere, perché quando era più piccola faceva le feste soltanto per me, e l’unico invitato ero io. Mi sono arrampicato sul letto e le ho fatto una carezza sui capelli, e quando ha sentito il contatto della mano sulla testa istintivamente ha stretto l’orecchino nel pugno più forte. Quando sono rientrato in camera nostra, Paola nel dormiveglia mi ha chiesto: “Dove vai?” e io le ho detto: “Non vado, torno”, e mi sono infilato sotto le lenzuola. Ho pensato: Domani devo cominciare a buttare giù i layout ambientati in Arizona, dovrò cercare della documentazione fotografica sui deserti. Mi è venuto in mente di quando sono stato in un deserto sul serio, da piccolo, e ho anche vissuto una tempesta di sabbia insieme alla mia famiglia, e in quel momento ho pensato: Peccato che non si possano fare le foto ai ricordi. Ma è meglio così, perché il bello dei ricordi è proprio che mutano nel tempo, si arricchiscono, cambiano insieme a noi.

 

Invece le fotografie restano sempre uguali a se stesse, come quelle persone che rimangono per tutta la vita fisse sulle loro certezze e se ci parli ti dicono: “Io sono fatto così”. Mentre non è che sono fatti così, ma  sono loro che si fanno così, sempre uguali, ogni giorno. Perché essere è un dato di fatto e un punto di partenza, mentre diventare resta la vera sfida. Chi è genitore ben comprende questa cosa, perché la vede aprirsi davanti a sé di continuo, tutti i giorni, quasi come una piccola ferita. Il processo di crescita dei figli è infatti, a tutti gli effetti, una specie di continuo tradimento, soprattutto delle aspettative dei genitori, ma è un processo naturale e necessario. Invece, quando sei adulto, alimentare quel processo diventa sempre più una decisione, e quotidianamente ci si trova a scegliere, e se è vero che fa male sentire di non aver avuto il coraggio, o la forza, di cambiare quando era il momento, fa ugualmente male guardare negli occhi un’altra persona che vede il tuo cambiamento come un’infedeltà, o non lo considera abbastanza, o gli piacevi di più prima.

 

E’ curioso notare che il significato – meglio: l’etimologia – di tradire somigli molto a quella di: tradurre. Tradire deriva dal latino “tradere”, che significa: consegnare in mano a qualcuno. Tradurre deriva da “traducere”, che è una parola composta da “trans” (far passare attraverso) e “ducere” (condurre). Quando si traduce un testo, passando da una lingua a una diversa, si conduce qualcosa da un luogo a un altro, si rende un significato disponibile. Quando si tradisce – si pensi al senso figurato di espressioni come: i suoi occhi lo hanno tradito. O: le sue parole lo hanno tradito – si fa in fondo la stessa cosa. Tradire e tradurre sono due modi diversi di dire la verità.

 

Il problema non è tanto la maniera in cui quella verità ti viene consegnata, ma è quel che decidi di farne quando la stringi fra le mani. Ho pensato che la prima cosa che scopri quando diventi padre è che la verità delle persone, soprattutto quella dei figli, va sempre riconosciuta, anche quando è molto lontana da quella che ti aspetteresti tu. Saper vedere quella verità, e accoglierla, si chiama: amore, e io l’ho capito davvero solo così. Ho guardato l’ora sulla sveglia, erano le tre e trentatré. Ho chiuso gli occhi, i pensieri non c’erano più, ho ripreso sonno quasi subito.

 

Matteo Bussola ha scritto “Notti in bianco. Baci a colazione” (Einaudi Stile Libero)

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