Laura Albert e JT LeRoy, il grande falso che ingannò mezzo mondo
Succede sempre così, con i falsi. Più passa il tempo, e meno riusciamo a capire come l’inganno sia riuscito. Succede quando guardiamo i falsi Vermeer che Han van Meegeren aveva dipinto per dispetto (i critici innamorati dell’astratto non se lo filavano). Succede quando guardiamo le false teste di Modigliani che gli studenti di Livorno avevano scolpito con i Black & Decker e gettato nel canale.
Succede quando guardiamo le fotografie dello scrittore, che fu di superculto, JT LeRoy. Non era un adolescente dall’infanzia tragica, costretto dalla madre a vestirsi da bambina, e dato in pasto ai camionisti nelle piazzole di sosta della Virginia. Era una ragazza malamente mascherata con parrucca bionda, cappellaccio e occhiali scuri.
Non era neppure uno scrittore: i libri li aveva scritti Laura Albert, che nelle interviste faceva da portavoce, accertata la timidezza del giovane. “Sarah” uscì in Italia da Fazi, come “Ingannevole è il cuore più di ogni cosa”. Perfettamente ingannata dal suo cuoricino che batteva per il giovane traviato, Asia Argento ne ricavò un film. Uscì corredato da dichiarazioni sull’autenticità, in materia di scrittura e resa cinematografica, che oggi è fin troppo facile mettere in ridicolo.
C’era cascato mezzo mondo, e non per un giorno. Da Madonna a Courtney Love (che forse non hanno l’ultima parola in materia di letteratura, ma il pop è roba loro). Dallo scrittore maledetto Dennis Cooper al regista di adolescenti disturbati Gus van Sant. Ora racconta tutto – anche quel che finora non sapevamo, di Laura Albert (mise la parrucca di JT Leroy in testa a Savannah Knoop, la fidanzata del fratellastro, adesso fa la stilista) – un documentario di Jeff Feuerzeig intitolato “Author: The JT LeRoy Story”.
Sei anni di inganni – l’editor italiano disse di aver giocato a calcio con l’autore, senza il minimo sospetto. Cominciati per caso, telefonando ai numeri che fornivano protezione ai fanciulli maltrattati. Miss Albert, che intanto si manteneva con le pornochat (come la casalinga che nel film di Robert Altman “America oggi” raccontava porcate mentre cambiava i pannolini al figlio) variava l’accento e inventava storie sempre diverse. Finché un psicologo, dopo aver ascoltato le atroci confessioni, disse che mettere tutto per iscritto sarebbe stato terapeutico.
Laura Albert ha conservato in un archivio tutti i documenti. Li ha mostrati a Jeff Feuerzeig perché come lei “è ebreo e ama il punk rock”. Il regista ci ha lavorato per un paio d’anni, e l’ha intervistata per otto giorni. La falsaria si conferma grande raccontatrice, suggerendo che i ricordi traumatici sono davvero suoi, ma senza un JT Leroy a far da paravento non avrebbero mai visto la luce. Le celebrità cadute nell’inganno non si sono fatte trovare. Restano le foto e i messaggi in segreteria.