Basta con i concorsoni fallimentari, copiamo dalle “free school” inglesi

Mario Leone
Scuole statali, gratuite, gestite da privati. In Uk è un successo. In sei anni si contano circa 400 free schools, con vantaggi per le finanze pubbliche, aumento dei posti di lavoro e una capacità di integrare gli alunni di diversa cultura.

Roma. Il Ministro dell’Istruzione francese Falloux all’epoca di Napoleone III, rispondendo alla domanda di uno straniero sull’insegnamento scolastico in Francia, dopo aver guardato l’orologio disse: “Sono le undici; in tutti i licei francesi, pubblici e privati, si commenta quel determinato passo di Tacito alla terza classe liceale”.  L’affermazione di Falloux descrive bene una scuola centralizzata e uniforme, incapace di aprirsi all’iniziativa dei singoli. Una scuola statica, immodificabile. E’ sotto gli occhi di tutti la veemente protesta dei docenti italiani che, incuranti della realtà fattuale, reclamano una scuola costruita sulle esigenze degli insegnanti e non degli studenti. Il nostro sistema scolastico è incapace di cambiare e si erge come mummificato spettatore di fronte alle nuove sfide che la realtà pone, privo di risposte alle innumerevoli esigenze che gli alunni palesano. Basterebbe allargare lo sguardo e si coglierebbe come il “mondo scuola”, a livello planetario, già da anni si stia rinnovando.

 

Eclatante è l’esempio del Regno Unito. Dal 2011 ha preso il via il fenomeno delle free school: scuole statali, gratuite, gestite da gruppi privati i cui progetti sono selezionati in maniera attenta e severa dal governo. Il fenomeno presente anche negli Stati Uniti, in Svezia e Nuova Zelanda, ha l’obiettivo di offrire un’educazione/istruzione innovativa e di qualità, non selettiva, con una gestione economica ed educativa assolutamente autonoma. Nel 2011, il governo di coalizione di David Cameron introdusse la policy delle free school. Subito ne furono create venticinque. All’inizio i numeri non sono dei migliori, tante le difficoltà. Tutti gridano all’errore. Sbagliano. In sei anni si contano circa 400 free schools, con vantaggi per le finanze pubbliche, aumento dei posti di lavoro e una capacità di integrare gli alunni di diversa cultura. Per non parlare del successo scolastico degli alunni, molto al di sopra della media nazionale. Flessibilità oraria, libertà curricolare (ogni istituto sceglie autonomamente le materie e i programmi di studio), docenti selezionati non sulla base di titoli abilitanti o corsi comprati online, ma su effettive competenze e sull’aderenza al progetto educativo della scuola. Contratti di lavoro per i docenti non strettamente legati ai contratti nazionali.

 

Se ne è parlato al Meeting di Rimini domenica scorsa, durante l’incontro “Autonomia e parità dei sistemi formativi”. Matteo Rossetti è un italiano emigrato a Londra che insieme ad altri amici ha creato la Thomson House School. Le sue parole risuonano tra gli stand della Fiera: “Le free school sono scuole fatte dalla comunità per la comunità, che rispondono alle necessità di istruzione e lavoro nelle zone in cui nascono”. I risultati sorprendenti di questo esperimento sono dettagliati in un rapporto della Policy Exchang (2015) che, oltre a ribadire i risultati prettamente scolastici, la bontà della proposta culturale ed educativa, sottolinea altri due risultati: le scuole statali vicine alle free school migliorano sensibilmente i propri risultati rispetto a scuole no free nelle vicinanze. Non solo. L’attenzione che queste scuole riservano agli insegnanti (cura della formazione, stipendi adeguati, incentivi, coinvolgimento nel progetto educativo e nei ruoli di responsabilità) permette una sensibile diminuzione del tasso di assenteismo tra i professori.

 

La varietà dell’offerta formativa è impressionante: la Thomson School di Rossetti si caratterizza per una grande attenzione all’attività sportiva e musicale (tre ore a settimana per ciascuna disciplina). La West London Free School cura le attività musicali e teatrali, con spettacoli messi in scena nei più importanti teatri del Regno Unito. La Harris Westminster Sixth Form, attenta a tutte le situazioni di svantaggio, punta a preparare l’adolescente agli studi universitari soprattutto in materia politica e affari, proponendo un’ampia varietà di approfondimenti pomeridiani. Gli esempi infiniti. La domanda una sola: quando il modello delle free school arriverà in Italia?

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