Cronaca di una settimana da dio senza il meraviglioso girone infernale dei social
Voi non sapete cosa vuol dire passare le ore senza guardare lo schermo di un computer che recita: “Sei un pagliaccio - Questa l’hai toppata - Fallito servo di B - Comunista coi soldi - Fascistello”
Ciao sono Luca (Ciao Luca) e sono sette giorni che non uso Twitter o Facebook. (Applauso). All’inizio non è stato facile, svegliarsi la mattina e raggiunta la tazza chiedersi: “E ora? Cosa faccio? Leggo le istruzioni dell’ammorbidente? Di nuovo?”.
Non è stato facile tornare a casa sedersi sul divano e chiedersi: “E ora? Che faccio? Non mi metterò mica a leggere quel libro che devo finire da un mese? Oppure potrei guardare un film o la tv, ma come si fa se non posso scrivere cosa penso di quello che sto guardando esattamente mentre lo sto guardando? Perché la gente vuole sapere cosa ne penso. Lo desidera. Muore dalla voglia!”.
Invece no, mestamente mi sono messo a fare cose stupide, senza senso: pulire casa, mettere a seccare dei peperoncini per farci l’olio piccante, lavare quella tenda in giardino che dovevo lavare da tanto tempo. Il tutto con una mestizia, con un dolore dentro: voi non sapete cosa vuol dire passare le ore senza guardare uno schermo che recita: “Sei un pagliaccio - Questa l’hai toppata - Fallito servo di B - Comunista coi soldi - Fascistello”, e rispondere uno per uno, malato mentale per malato mentale, non capite com’è portare avanti le giornate senza che nessuno mi ricordi quanto sono stato fortunato io, mentre chi avrebbe meritato era lui.
Minuti, ore senza un “Renzi pagliaccio! Salvini porco! Fate girare!”.
E così sono passati questi tristi giorni nell’ansia, tenendo per me tutti i pensieri (intelligentissimi) che faccio, oppure scrivendoli ma senza pubblicarli in rete, magari per usarli poi per uno spettacolo o semplicemente per qualcuno che me li paghi. Pensate che coglione.
Quanta amarezza nel constatare, oltretutto, che la mia assenza sia passata del tutto inosservata, che il fatto che io non abbia postato considerazioni su quello che è successo nel mondo e nel nostro paese in questa settimana non vi abbia fatto sentire un po’ soli, senza punti di riferimento.
In più non solo non ho scritto, ma non ho neppure letto nulla che arrivasse dai social, e ho scoperto con sgomento che ho avuto lo stesso coscienza di ciò che accadeva, magari non so il pensiero profondo delle social star su terremoti e ricostruzioni, forse mi mancano un paio di commoventi filmati e brucianti polemiche su frasi infelici, ma credo di aver compreso ugualmente la gravità di ciò che è successo e pure i canali attraverso i quali, nel mio piccolo, poter aiutare.
Insomma, se già non lo avessi sospettato, scopro che tutto questo nostro stare sui social non è altro che un’enorme masturbazione cerebrale collettiva giornaliera, che spesso non sostituisce quelle che ci facciamo “per il gusto” le quali, è giusto dirlo, danno certamente soddisfazioni maggiori.
Con questa rinforzata consapevolezza, voi direte, ti tiri fuori?
Tutt’altro, torno volentieri nel calderone, che senso ha sapere che c’è un girone infernale se non puoi avere la tessera da socio?
Anzi non vedo l’ora che tutto torni come prima: svegliarmi nella notte e andare a controllare chi ha scritto e chi ha commentato, vivere nell’ansia da prestazione che ogni scontro verbale porta con sè, sorridere soddisfatto di fronte ad uno stalker abbattuto, esultare fiero di aver vinto la gara con qualche disadattato. Perché, in fondo, siamo onesti: non avendo la cultura e il talento del maestro Battiato, preferiamo di gran lunga sentirci intelligenti tra gli imbecilli, che il lodevole contrario.