Il Papa di Sorrentino cita Sorrentino. E' la "Grande bellezza" in Vaticano, senza trama ovviamente
Il Papa americano - e fumatore - di Paolo Sorrentino sogna la notte scene da film di Sorrentino. Piazza San Marco illuminata e invasa dalle acque, come l’avevamo vista in “Youth”, e un’inedita distesa di neonati cui il Pontefice sbuca. Tutto si chiarirà nelle puntate successive della serie. O almeno lo speriamo, facendo il verso a Snoopy che dopo “Era un notte buia e tempestosa. Ad un tratto echeggiò uno sparo” rassicurava: “Tutto si chiarirà nel secondo capitolo”. Finora abbiamo visto - a Venezia, evento speciale della Mostra - i due episodi della miniserie “The Young Pope” (su dieci, la coproduzione internazionale vede schierate HBO e Canal+ accanto a Sky che manderà in onda la serie dal 21 ottobre).
“La grande bellezza” trasportata in Vaticano. Faceva da trailer nel film vincitore di Oscar la lunga sequenza con la santa, la ciabatta, la calza spessa e grignolino (i registi che credono di avere uno stile amano le autostazioni). Protagonista il primo Papa americano sul Soglio di Pietro. Giovane e bello come Jude Law, Lenny Belardo ha modi sbrigativi ai limiti dalla provocazione, salvo poi celebrare la superiorità dei rapporti formali sui rapporti amichevoli. Porta in Vaticano Sister Mary, la suora che lo accolse in collegio facendogli da mamma, e dopo il primo screzio segna la distanza anche con lei. I genitori hippie avevano abbandonato il settenne Lenny per andarsene a Venezia, il pontefice da allora non li ha più visti. “Forse potrebbero essere ancora vivi” si suggerisce in una scena: basta per dare un’idea di quanto sia sbrigativa anche la sceneggiatura.
Speravamo che i tempi televisivi e i ritmi del godimento seriale ingabbiassero il talento visivo felliniano - oops, sorrentiniano, son confusioni che capitano quando le citazioni salgono oltre il livello di guardia - dentro una trama. Non diciamo neppure “solida”, ma una trama. Non una serie di sketch – alcuni divertenti altri meno, ma tutti del tipo “vita quotidiana in Vaticano”: dalla colazione con la Cherry Coke alla suora che si tira su la veste per calciare il pallone in porta.
Rivelazioni verranno, certo. C’è l’eminenza nerissima Silvio Orlando che alla fine del secondo episodio prega Dio di perdonargli in anticipo “tutti misfatti che dovrà compiere per salvare la Chiesa da questo Papa”. Una battuta degna di Frank Underwood in “House of Cards”, serie che vanta sceneggiatori migliori di Sorrentino medesimo in coppia con Umberto Contarello. Pio XIII, così ha scelto di chiamarsi il giovane Papa americano, non vuole concedersi al marketing, anzi si affaccerà al balcone solo in silhouette. Pare Nanni Moretti: faranno più attenzione alla parola divina se mi vedono in faccia, oppure se scappo dalle luci e dalle foto? (Salinger, Kubrick e Bansky, nominati assieme a Mina, fanno da modello.
“La grande bellezza” per il video, Tony Pagoda per l’audio. Essendo Tony Pagoda – protagonista del romanzo sorrentiniano “Hanno tutti ragione”, da Feltrinelli – una miniera di bon mot e di frasi secondo le intenzioni dell’autore memorabili (molte sono finite nel personaggio di Jep Gambardella, era meglio saccheggiare il repertorio di Ennio Flaiano). Coté animali, dopo la giraffa e i fenicotteri arriva il canguro nei giardini Vaticani. La cupola di San Pietro si rivela lo sfondo ideale per complottare, chi mai metterà una cimice lassù? (e comunque il confessionale offre ampio materiale, con la dovuta corruzione). Frank Underwood voleva il potere, Shakespeare faceva da modello. Papa Pio XIII al massimo spiazza con le sue battutine anticlericali.