Avere la vagina ma votare Trump. La pornostar che ribalta l'America
Roma. Se dovessimo scegliere le due anime dell’America al voto chiameremmo in causa Jenna Jameson e Ginger Lee. La prima è la più grande porno star e imprenditrice che l’industria del settore abbia mai conosciuto. La seconda è una scolaretta, in confronto, una ventinovenne della Georgia cresciuta quando il porno era già su internet e il mestiere di attrice già fin troppo inflazionato per costruirci una carriera, al limite serve per pagarci gli studi. Ma andiamo con ordine. A una settimana dal voto americano, in questa pazza campagna elettorale, i terapisti sono preoccupati: le due anime dell’America si stanno avvicinando alla conclusione dello show e i litigi e lo stress aumentano, soprattutto in famiglia. Donald Trump è il motivo di tanto livore, ha scritto qualche giorno fa la redattrice della redazione salute del Time, Alice Park: “Uno dei principali problemi di questa campagna elettorale – cioè le accuse di molestie sessuali contro il candidato repubblicano – sono un rilevante punto di frattura. I membri della famiglia che sostengono Trump possono essere accusati di difendere un certo comportamento, o di giustificarlo. Un voto per Trump, nella testa delle persone che non lo supportano, è un voto che giustifica gli abusi sessuali e un comportamento molesto”.
Trump è un fuori misura, ma il sesso faceva parte anche della campagna elettorale dei Clinton – da Monica Lewinsky in poi. Più recentemente, in modo molto meno politico, è apparsa la nuova indagine sulle email di Hillary che si lega alla vicenda di Anthony Weiner, l’ex membro del Congresso ed ex candidato sindaco di New York che nel 2011 fu beccato a sextare con le ragazzine su Twitter. Una delle accusatrici di Weiner all’epoca era Ginger Lee, che in una conferenza stampa, sempre nel 2011, disse di aver iniziato a chattare con Weiner su Twitter su temi politici, perché la Lee supportava l’orientamento politico di Weiner. Dai diritti delle donne e dalle politiche di integrazione, Weiner aveva trasformato il centinaio di email scambiate tra i due in messaggi a sfondo sessuale: “Ha mentito agli americani, quindi deve dimettersi”, aveva detto la ragazza riferendosi alla posizione di Weiner che inizialmente aveva negato ogni riferimento sessuale esplicito nelle sue attività online. Dopo lo scandalo, la Lee lasciò il mondo del porno – nel quale era piuttosto famosa per quell’assenza di limiti che nel campo fanno la differenza – per iniziare, secondo Tmz, una carriera da agente immobiliare. Sul suo blog personale, Ginger Lee fino a ora non ha mai esplicitato una sua posizione pro Hillary, ma i suoi post sono pieni di riferimenti alla “schifezza, la spazzatura” della campagna elettorale odierna, combatte al fianco delle donne che subiscono violenza “da uomini come Trump”, commenta live i dibattiti e viene rituittata da molte donne, che si riconoscono nella sua definizione di “sopravvissuta”.
Ginger Lee in conferenza stampa nel 2011 parla di Anthony Weiner
Dall’altra parte di internet, in un’altra galassia, siede sul suo trono Jenna Jameson. Forse la più eccentrica tra le sostenitrici di Trump, è la perfetta nemesi del femminismo integralista che spinge Hillary verso la Casa Bianca. Vergognosamente bella, anche adesso che è in attesa del terzo figlio, la Jameson si è ritagliata ormai un profilo più politico che pornografico. E’ stata tra le poche a difendere, in qualche modo, Trump dalle accuse di violenze sessuali, dicendo di essere stata trattata sempre con “gentilezza e rispetto”. Ce l’ha con l’immigrazione selvaggia, con gli integralisti islamici (“Ma io ho tanti amici musulmani”), esprime una vaga forma di garantismo e, in tempi più recenti, si è pure avvicinata alla causa di Israele, che ha difeso in modo inaspettato con dichiarazioni ben più efficaci di quelle di alcuni politici e intellettuali di professione. Per ufficializzare il suo rapporto con Lior Bitton, gioielliere ebreo di Los Angeles, si è convertita all’ebraismo e ha iniziato a studiare l’ebraico. Secondo Haaretz, i due starebbero pensando a un reality show sulla loro vita di coppia, in Israele. Jenna dice spesso di amare le donne, di essere femminista più di chiunque altro, riferendosi alla sua bisessualità, e poi a chi le domanda “dovrei votare Hillary perché ha la vagina?”, twitta frasi come “Troppo donne pensano che sostenere Hillary faccia di loro delle brave femministe”. Il che, converrete, spiega meglio di qualunque altro pensoso editoriale questa pazza campagna elettorale trasformata spesso in una guerra fredda di maschi contro femmine.
Nata a Las Vegas col nome di Jenna Marie Massoli, di origini italiane, oggi a quarantadue anni la Jameson non ha nemmeno più bisogno di mettersi davanti alle telecamere, grazie ai suoi trenta milioni di dollari di fatturato all’anno. Ha costruito un impero sul suo corpo, passando per una vita complicata, orfana di madre a due anni, prima spogliarellista e poi attrice per l’impero Vivid Entertainment, ha raccontato la sua vita in un libro del 2004 che è stato un caso letterario. In “How to Make Love Like a Porn Star: A Cautionary Tale”, scritto insieme con il giornalista del New York Times Neil Strauss, Jenna Jameson racconta le sue due violenze subite, gli spogliarelli a duemila dollari a serata, la droga (tanta) gli uomini sbagliati, la regia di “Briana Loves Jenna” – un film che è ancora una pietra miliare del genere pornografico – fino alla fondazione di ClubJenna.com (uno dei primi siti dell’industria del sesso a sfruttare realmente il business di internet). Il sesso, i soldi, la politica. Jenna Jameson e Ginger Lee sono le due anime dell’America al voto.