Il maschio cacciatore
Sono contento come un cane da caccia in un campo della Bassa Lodigiana. Proprio quando ho avuto la certezza, la certezza che veniva dall’America, il Frecciabianca sul quale mi trovavo ha rallentato, inspiegabilmente. E nella cornice del finestrino mi è apparso il quadro di un mattino di caccia in Lombardia: due cacciatori con i loro segugi pazzi di gioia, evidentemente felicissimi, scondinzolantissimi, coi nasi affondati nell’erba alla ricerca, immagino, di tracce di lepre. Mi si è allargato ancora di più il cuore e mi sono venuti in mente certi quadri di Bo Bartlett, superpittore superamericano che d’inverno vive nella natia Georgia e d’estate in un’isola del Maine: sudista e newenglander, due eleganze in un pennello solo.
Certi quadri come “Young life”, una giovane famiglia con il padre armato di fucile, la madre dai lunghi capelli che lo abbraccia, il figlio con un bastone in mano e una cerva appena abbattuta sul tetto del pick-up. E come “The good old days”, reazionario fin dal titolo, con lui fiero di un grosso tonno appeso per la coda alla maniera dei marlin di Hemingway, e lei incinta, e la loro bambina bionda col gonnellino bianco, tutti insieme sul pontile di legno. E’ l’America orgogliosa e gotica della National Rifle Association, l’organizzazione degli amanti delle armi e della libertà di portare armi che ha finanziato Trump perché la signora Clinton avrebbe nominato giudici anti-armi alla Corte suprema. E’ un’America che non conosco direttamente perché non sono mai stato a Cuneo e non credo abbia molto senso andare negli Usa quando non si conosce tutta l’Italia, ma ho letto Hemingway e ammirato Clint Eastwood: non basta?
Se non basta ho ascoltato i Lynyrd Skynyrd di “Sweet home Alabama” e Kid Rock di “Blue jeans and a rosary”: anche qui i titoli dicono tutto, compreso l’indicibile (nemmeno il più autorevole gruppo del southern rock poteva spingersi oltre nell’elogio del governatore segregazionista George Wallace). E ho gustato le illustrazioni di Norman Rockwell e le foto di Lucas Foglia, tutto un mettere i fucili in mano ai ragazzini e pure alle ragazzine: sono un sessista colto, so bene che Diana era donna. Sempre rammaricandomi che nell’arte italiana presente non esista nulla di simile. A mia scienza gli ultimi nostri pittori che hanno raffigurato belle scene di caccia sono stati Eugenio Cecconi e Raffaello Sorbi, Toscana di fine Ottocento ossia lo spazio-tempo della carducciana “San Martino” (sentimentale come sono, ogni volta che rileggo “Gira su’ ceppi accesi / lo spiedo scoppiettando / sta il cacciator fischiando” mi commuovo, mi commuovo perfino riascoltando la versione cantata nel ’93 da Fiorello).
Oggi in Italia si premiano artisti come Rossella Biscotti, la cui opera, recita il comunicato della Quadriennale, “dà visibilità al dramma umano che si consuma ogni giorno nel Mar Mediterraneo”: dunque a pagare è l’immigrazionismo, altro che spiedi, altro che caccia. Non sono mai stato in America ma forse a questo punto ci dovrei andare e comunque ho letto “Wyoming” di Barry Gifford in cui il “cowboy state” avente come simbolo il bisonte viene definito “il posto giusto per tenere un cane”. Perché un cane non è un vero cane se non è un cane da caccia e un cane da caccia è triste senza grandi spazi e libertà di sparo. Checché se ne pensi, non amano affatto i cani coloro che ingabbiano i propri setter e labrador e golden retriever e terrier negli appartamenti, portandoli fuori solo per pisciare. Non qualifica un cane l’attività del pisciare, pisciare pisciano tutti, anche i conigli: destino e gioia del cane sono stanare, braccare, azzannare, riportare… Chi non va a caccia, o chi non ha mai visto dal finestrino del treno la coda vorticante di un segugio in azione, difficile possa capire. Devono averlo capito gli elettori del Wyoming che hanno votato in massa il candidato della National Rifle Association: 70 per cento, lo stato più trumpiano di tutti.
Sono contento come un cane da caccia in un campo della Bassa Lodigiana non solo perché amo la caccia in sé. Ovviamente c’è dell’altro. Però molto di questo altro discende proprio dalla caccia, intesa in senso stretto o in senso figurato. Mi è facile immaginare che gli iscritti alla National Rifle Association preferiscano Putin a Juncker, le bistecche al tofu, il cristianesimo al buddismo, i pick-up e i Suv ai mezzi pubblici, la virilità e la femminilità all’indistinzione sessuale, la legittima difesa al monopolio statale della forza: pertanto chi piace alla National Rifle Association piace a me.