In Inghilterra nasce la prima “università senza giornali di destra”. E anche Lego li boicotta
“Sessisti”, “razzisti”, “islamofobi”, “populisti”: queste le accuse alle testate che hanno perso il diritto di circolare fra i membri delle chattering classes britanniche. Yes, i tabloid sono più pericolosi dell’Isis
Sembra un periodo d’oro per la libertà di parola. Più di un miliardo di tweet, altrettanti post su Facebook e aggiornamenti di blog. Tuttavia scrivere e parlare fuori dal seminato sta diventando sempre più pericoloso. Ne sanno qualcosa alla City University di Londra, una delle principali università del Regno Unito, il cui campus ospita anche la più importante scuola di giornalismo. Alcuni giorni fa, l’ateneo ha votato per mettere al bando una serie di tabloid conservatori: Sun, Daily Mail ed Express. E’ la mozione su come “opporsi al fascismo e alla divisione sociale”. “Sessisti”, “razzisti”, “islamofobi”, “populisti”: queste le accuse alle testate inglesi che hanno perso il diritto di circolare fra i membri delle chattering classes britanniche. Così studenti e professori alla City University hanno imposto il divieto. Contro la mozione le organizzazioni per la libertà di parola, come l’Index on Censorship, il cui direttore, Jodie Ginsberg, ha detto che “la gente deve essere libera di scegliere cosa leggere”. George Brock, ex direttore della Scuola di giornalismo della City University, ha parlato di decisione “stupida, illiberale e senza senso”. E Dominic Ponsford, direttore della Press Gazette, parla apertamente di “censura”.
L’altra mozione approvata recita: “Perché il mio curriculum è così bianco?”, in cui si attacca l’ideologia della “whiteness” che deve essere “decolonizzata”. Non è il primo caso. Le università di Bristol e Manchester, per esempio, hanno bandito Charlie Hebdo. La risoluzione contro i “giornali di destra” arriva dopo la pressione di alcuni colossi commerciali. Come la Lego, il gigante danese delle costruzioni per bambini, che ha troncato il suo contratto con il quotidiano britannico Daily Mail, che da cent’anni è maestro nell’arte di “tickle the public” (solleticare il pubblico), accusato ora di essere “un veicolo di messaggi di odio”. Per questo la Lego non vi pubblicizzerà più i suoi mattoncini. E’ la campagna “Stop funding hate”, che chiede ad altre grandi aziende, come Waitrose, John Lewis e Marks & Spencer, di ritirare la pubblicità dai giornali conservatori. Intanto, alla Simon Langton Grammar School for Boys di Canterbury, il giornalista di Breitbart, Milo Yiannopoulos, non potrà parlare a causa del veto del Dipartimento all’educazione che ha ritenuto “inappropriata” la sua presenza.
Cinquanta accademici inglesi si sono scomodati per interdire il ragazzaccio del giornalismo anglosassone. “Quindici anni fa questo fenomeno era in superficie, ma negli ultimi tre anni c’è stata una rivoluzione accademica sul sesso e la razza, e una politicizzazione degli studenti che si sentono a disagio con certi soggetti”, dice al Foglio Frank Furedi, sociologo di origini ungheresi, già militante trotzkista, professore emerito all’Università del Kent e protagonista della battaglia a favore della libertà di espressione. “Quando scrissi i miei primi articoli, i colleghi mi dissero che stavo ‘esagerando’. C’è stata un’escalation da allora e una ‘socializzazione dei bambini’ nelle università. Non si trattano gli studenti come esseri umani maturi, ma come bambini. L’università dovrebbe far pressione sugli studenti, oggi si pensa invece che debba farli ‘sentire bene’”. Come finirà, con l’asservimento delle menti o con la rivolta? “Per fortuna non siamo nella Russia di Stalin, puoi ancora dire quello che vuoi, ma la gente ha paura, e ci sono pochissime persone che sono pronte ad affrontare quello che sta succedendo. L’università sta diventando una clinica mentale. Non si fermerà in Inghilterra, questa cultura influenzerà l’Europa. Tutti dicevano ‘Je suis Charlie’, poi aggiungevano ‘ma’. C’è stata molta retorica, perché la libertà di espressione ormai significa ben poco”.