A schiena dritta!
I giornalisti in Italia? “Più minacce che in Bielorussia”. Quei ridicoli rapporti sulla libertà dei media
Nel primo numero del 1972 figuravano racconti di Alexandr Solzenicyn e poesie di Natalya Gorbanevskaya, con una cronaca della sua prigionia negli ospedali psichiatrici. L’“Index on Censorship” nacque su iniziativa del poeta anticomunista Stephen Spender e sulle sue colonne tuonarono contro la censura i grandi della letteratura mondiale, da Gabriel García Márquez a Doris Lessing. Quando Spender lanciò l’idea di un giornale che lottasse per la “libertà di scrivere” ne formulò anche la parola d’ordine: “Un atto di censura in qualunque paese è una perdita per il mondo intero”. Da allora, l’Index si è confermato il principale cane da guardia dell’informazione. E pazienza se al posto di Boris Pasternak c’è il whistleblower, il delatore civile della tradizione anglosassone che trova riparo fra i cocaleri della Bolivia.
Ieri l’Index ha pubblicato un nuovo ambizioso progetto, “Mapping media freedom 2016”, cofinanziato dalla Commissione europea e in cui esamina le minacce alla libertà dei giornalisti in Europa. “In totale ci sono stati 54 incidenti di aggressione fisica e più della metà in Russia, Ucraina e Italia”. Fermi un attimo. In Italia? Bisogna andare a sfogliare questa mappa ambiziosa. Ma chi sono questi eroi dell’informazione italiana dalla schiena dritta minacciati e che hanno portato il nostro paese a ricevere 29 segnalazioni, contro le undici della Francia di Charlie Hebdo, le nove dell’Ungheria autoritaria di Viktor Orban e le quattordici della Bielorussia di Lukashenko? Partiamo. “Il consigliere regionale del Lazio, Davide Barillari, del Movimento 5 stelle, ha scritto sul suo profilo Facebook frasi minacciose, successivamente in parte ritrattate, contro la categoria”. Giornalisti apostrofati come “i pennivendoli che nascondono la verità” e l’ammonimento: “Noi non perdoniamo”. Da prendere sul serio in questi tempi di fatwe.
C’è Sara Giudice, collaboratrice della trasmissione di La7 Piazzapulita, e il suo videoperatore, “aggrediti da due uomini, padre e figlio, proprietari di un impianto di recupero di materiale ferroso. Il fatto è accaduto in pieno giorno a Roma, nel quartiere Magliana”. C’è la giornalista Sara Mariani, inviata di Agorà su Rai 3, “minacciata mentre tentava di portare a termine un servizio da Tor Bella Monaca”. C’è Nello Trocchia, “cronista della trasmissione La Gabbia (La7), placcato come un giocatore di rugby da un agente di scorta della ministra Maria Elena Boschi”. Non potevano mancare le ingerenze vaticane. Non il famoso pugno di Papa Francesco ai cadaveri ancora caldi dei vignettisti di Charlie Hebdo. No, per l’Index c’è una minaccia ben più seria: “Il Vaticano indaga su Nuzzi e Fittipaldi”. C’è “l’sms minaccioso a Matteo Viviani delle Iene”. Si passa ad Alessandro De Angelis, “collaboratore dell’Huffington Post, insultato dal senatore Vincenzo D’Anna”. Si finisce con Jimmy Ghione di Striscia la Notizia, che ha preso due ceffoni alla Stazione Termini. Ora, visto che in questi due anni ci sono stati otto vignettisti crivellati di piombo, caffè danesi presi d’assalto, blogger bengalesi sgozzati, scrittori giordani assassinati e reporter decollati a Raqqa, non è che l’Index e gli altri cani da guardia dei media ci provano gusto a prendere per i fondelli l’opinione pubblica?