Ora le università in America sostituiscono Shakespeare con le poetesse afro-lesbiche

Giulio Meotti

C’è chi sostiene che il Bardo in “Romeo e Giulietta” con la guerra fra Capuleti e Montecchi in realtà voleva descrivere la crudeltà di una società patriarcale che spinge i giovani a commettere atti di “violenza fallica”

Cosa resta di un teatro se diventa un “safe space”, dal nome del più grottesco neologismo accademico che serve a proteggere le minoranze da argomenti potenzialmente “offensivi”? E’ successo due giorni fa al teatro più noto di Chicago, il Second City, da cui sono usciti i grandi della commedia americana come John Belushi e Dan Aykroyd. Quel teatro si è trasformato in un “safe space”, installando all’ingresso un pannello che annuncia che “non sarà tollerato l’odio di qualsiasi tipo” e che saranno sanzionati “commenti omofobici, misogini, xenofobi e razzisti” (la settimana scorsa il Foglio aveva raccontato come da tante scuole d’America stia scomparendo il capolavoro di Mark Twain, “Huckleberry Finn”). E come coronare questa ondata di rabbia iconoclasta se non con la rimozione del ritratto di William Shakespeare dall’ingresso di uno dei dipartimenti di Letteratura più famosi d’America, quello della Università della Pennsylvania? Per avere più “diversità”, gli studenti e i professori hanno sostituito un dipinto del Bardo nella Fisher-Bennett Hall con quello di una poetessa lesbica e afroamericana, Audre Lorde. Il mite sorriso del grande poeta, così come venne immortalato da Martin Droeshout nel 1623, inquietava troppo gli studenti. E’ alla fine degli anni Novanta che iniziano i tempi duri per Shakespeare nei campus americani.

La prima fu la Georgetown University, che prese pubblicamente le distanze dai suoi versi. “The Shakespeare File”, un dossier compilato da una commissione di accademici di chiara fama tra cui il poeta Anthony Hecht e il critico John Hollander, ha passato in rassegna i corsi offerti dalle facoltà di Lettere di settanta prestigiose università americane. “E il risultato è addirittura più sconcertante di quello che temevamo”, si legge nel loro rapporto. “L’abbandono di Shakespeare non è solo una tendenza. E’ ormai la norma”. Nel frattempo Richard Levin, docente di Letteratura a Long Island, ha cominciato a smascherare anche l’uso di Shakespeare da parte delle femministe nei campus. Non il dramma dell’uomo contro il destino. No, Shakespeare contiene in realtà in nuce la battaglia dei sessi. Così il sangue che sgorga dalle ferite di Giulio Cesare è la femminilizzazione del maschio al momento della morte. Niente di meno. C’è poi chi, come Coppelia Kahn della Brown University, sostiene che Shakespeare in “Romeo e Giulietta” con la guerra fra Capuleti e Montecchi in realtà voleva descrivere la crudeltà di una società patriarcale che spinge i giovani a commettere atti di “violenza fallica”.

 

Il dipartimento di Letteratura della Pennsylvania ha dunque votato per rimuovere il ritratto di Shakespeare, in modo da “rappresentare una più diversa schiera di scrittori”. “Gli studenti hanno rimosso il ritratto di Shakespeare per affermare il loro impegno per una maggiore inclusione”, ha detto il capo del dipartimento di Inglese, Jed Esty, dopo aver trovato l’immagine a grandezza naturale di Shakespeare nel suo ufficio. La famosa inclusione a colpi di esclusione. E questa estate anche a Yale è stata lanciata una petizione per “decolonizzare” i corsi di Letteratura del prestigioso ateneo statunitense, purgando Chaucer e Shakespeare, ma anche Donne e Milton, Pope ed Eliot. E’ ora di finirla col “Macbeth” e “Il mercante di Venezia”. Adesso all’Università della Pennsylvania ci si può concentrare sull’“influenza del lesbianesimo in letteratura”. Il critico Hilton Kramer le ha chiamate “fregnacce multiculturali”: “In tutto il paese le nostre università sono minacciate da questa marea montante di gulash letterario”.

  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.