Bio, Twitter e tu
Che cosa succederà alle biografie adesso che l'archivio più segreto è Instagram? Studieremo i video
Gli scrittori e i grandi personaggi della storia e della politica hanno quasi sempre lasciato fogli, documenti scritti, appunti, lettere di amanti, di ammiratori, di editori, taccuini pieni di parole che hanno costituito, sempre, una miniera d’oro per i biografi, impegnati a ricucire, interpretare, scoprire, raccogliere. Marina Cvetaeva cominciò a scrivere a sei anni e riempì quaderni e pezzi di carta ripiegati in quattro, con una calligrafia minuta per risparmiare spazio, e scrisse lettere ogni giorno e ogni giorno ne ricevette, e François Mitterrand scrisse ogni giorno non solo le lettere d’amore a Anne Pingeot ma anche, dal 1964 al 1970, un “Journal pour Anne”, un diario della vita, con le fotografie dei luoghi e dei quadri attaccate con lo scotch, le pagine di giornale che facevano pensare a lei, le vignette, le pasticcerie, gli eventi storici, la politica, il diario meticoloso di una vita non soltanto sentimentale (lo pubblica Gallimard ed è un vero, gigantesco documento biografico). Anche gli epistolari di Alberto Moravia e Elsa Morante costituiscono quasi una biografia, e Natalia Ginzburg ha scritto “La famiglia Manzoni” attraverso la successione dei fatti, riordinandoli, e attraverso fasci di lettere. Tutto questo avveniva prima di Twitter, WhatsApp, Facebook, quando le nostre vite non erano ancora esposte a piccoli pezzi molto precisi nel mondo dei social, scrive il Times Literary Supplement, una rivista letteraria inglese che ha chiesto a Edmund Gordon, il biografo della scrittrice Angela Carter, cosa succederà adesso, che non ci sono più lettere macchiate di inchiostro da recuperare, né ricevute di alberghi: perché il più grande archivio biografico sta dentro WhatsApp e Twitter, dentro le foto di Instagram con la localizzazione, e dentro mail sempre più brevi, dentro immense discussioni via Skype.
Ci sono sempre meno fogli volanti, sempre più video, foto, e piccoli racconti auto celebrativi, scrive Edmund Gordon. Sappiamo quasi sempre dove si trova qualcuno in questo momento, e anche che cosa ha mangiato e come porta i capelli e se ha litigato con un tassista o ha trovato un gattino per strada, ma faremo forse più fatica a scoprire che cosa pensa davvero, che cosa ha letto davvero, e quando si è fatto domande come ne “L’uomo in bilico” di Saul Bellow o ne “Il male oscuro” di Giuseppe Berto. E’ tutto più facile, per un aspirante biografo, ma anche più misterioso. Se viene meno il bisogno di tenere un diario e scrivere lunghe lettere aspettando lunghe risposte, un biografo del Ventunesimo secolo dovrà studiare i tweet. E gli status di Facebook, cercando di recuperare anche i messaggi privati, e i video di Instagram, che danno il senso esatto di quel che ci piace mostrare, ma cancellano tutto il resto. Come accadeva, in fondo, quando scrivevamo lunghe lettere allo scopo di fare bella figura anche con noi stessi.