Se sei una nazione superstar nell'istruzione, la tua economia cresce di più
Il circolo virtuoso università-ricchezza-democrazia
Milano. Se fai studiare i tuoi figli, se investi nelle università, il tuo paese diventerà più ricco. Il World Economic Forum, la fondazione che ogni anno organizza l’incontro a Davos, ha fatto circolare in questi giorni una ricerca che dimostra che se si investe nell’istruzione superiore, se si costruiscono università, il prodotto interno lordo della regione dell’investimento cresce in modo quasi straordinario. La ricerca è stata condotta dalla London School of Economics, ha preso in considerazione 78 paesi e quindicimila università e ha rilevato che: se si raddoppia il numero di atenei in una regione, il pil arriva a crescere del 4,7 per cento nel giro di cinque anni. L’effetto non rimane limitato ai confini di quell’area: anche le zone circostanti spesso ne beneficiano. Con tutta probabilità chi dice che gli esperti non contano nulla, anzi, che l’istruzione crea bolle elitarie che sanno tutto dei massimi sistemi e nulla della realtà non si prenderà la briga di andare a vedere questo studio da vicino, ma le implicazioni sono molte, e rilevanti.
Prima di tutto, quali sono i paesi in cui questo circolo virtuoso istruzione-ricchezza complessiva può mettersi in atto più facilmente? Il Times Higher Education, meglio conosciuto come THE, la bibbia del settore dell’istruzione superiore nel Regno Unito che stila ogni anno la classifica delle università più meritevoli del mondo, ha incrociato dati accademici – come il numero di ricerche pubblicate in un anno – con le iscrizioni universitarie e con il pil pro capite e ha identificato sette nazioni in cui il circolo virtuoso può costituire un vantaggio competitivo formidabile: Thailandia, Argentina, Cile, Turchia, Iran, Colombia e Serbia. Sono i cosiddetti Tactics (acronimo) che potrebbero “stracciare” – scrive Chris Parr, direttore digitale di THE – i ben più celebri Brics, gli astri nascenti del sistema globale. Nei Tactics, il pil medio pro capite annuo è inferiore ai 15 mila dollari, ma almeno la metà della popolazione giovanile è iscritta al liceo o all’università. Dal 2010 al 2014, la partecipazione è cresciuta del 5 per cento, le pubblicazioni accademiche sono aumentate in modo corposo (almeno 30 mila paper in più l’anno), e c’è almeno un’università che compare nella classifica di THE. La crescita dal punto di vista dell’istruzione è molto più alta nei Tactics che nei Brics, e questo può portare, nel medio periodo, al sorpasso. A patto però che sia garantito un livello minimo di democrazia.
Se si guardano due paesi come l’Iran e la Turchia, che hanno una popolazione molto giovane (soprattutto l’Iran) ma sono dei regimi autocratici, si vede che il circolo virtuoso innescato dalla partecipazione e dalla produttività accademica viene alterato – bloccato – dagli alti livelli di corruzione e di nepotismo. Lo studio registra in Iran il livello massimo di corruzione, ma il fatto che il presidente turco Recep Tayyip Erdogan abbia azzerato la leadership accademica del suo paese in seguito al golpe fallito del luglio scorso altera (eufemismo) l’analisi complessiva sulla Turchia. I regimi hanno una lunga storia di opportunità sprecate, ma nel caso dell’istruzione, patrimonio collettivo, lo scempio potrebbe essere più grave, dal momento che risulta evidente che esiste una connessione tra istruzione, ricchezza e democrazia. Con buona pace per chi pensa che le élite sono soltanto brave a propagandare dati e notizie che s’attagliano alla loro visione del mondo, e intanto s’abbuffa di fake news.
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