(foto LaPresse)

Scagli la prima pietra chi non ha mai mandato un sms al cinema

Mariarosa Mancuso

Il prossimo iPhone avrà una modalità “theatre”, utile a mandare messaggi senza disturbare il vicino di poltrona

Una famiglia marocchina a Torino si scambia messaggi nel buio di un cinema (per la cronaca, si proiettava il fantascientifico “Passengers” di Morten Tyldum, con Chris Pratt e Jennifer Lawrence). I vicini di poltrona prima e i lontani di poltrona poi temono un attentato, più di cento spettatori lasciano la sala. Siamo sempre più avanti: nel resto del mondo se qualcuno tira fuori il cellulare, e la luce dà fastidio o distrae, magari per prima cosa chiedi lo spegnimento dell’aggeggio. Come si usava fare una volta con i mangiatori di caramelle che facevano scrocchiare la carta. Come si fa adesso con i chiacchieratori compulsivi, convinti di trovarsi sul divano di casa, quindi il commento è libero (stavamo per dire: tipo partita di calcio, non avessimo visto partite di calcio osservate in religioso silenzio).

Se ne deduce che mandare messaggi al cinema si può (o almeno, non c’è più nessuno che trovi la faccenda disdicevole, o fuori luogo, o fastidiosa). Chi se ne frega del film, e pure del vicino di poltrona. Può sempre approfittarne per dare anche lui una guardatina allo schermo piccolo. Confortato da una notizia che circola in questi giorni. Il prossimo iPhone avrà una modalità “theatre”, utile a mandare messaggi senza disturbare il vicino di poltrona. Qualche spiritoso aggiunge che la nuova modalità sarà segnalata da un bicchiere di popcorn.

Scoppia il dibattito. Un’anticipazione Apple, più un’occasione di salire in cattedra, più una novità tecnologica, più la possibilità di dire “si stava meglio quando si stava peggio” – soprattutto quando l’iPhone compie dieci anni – sono irresistibili. Prese da sole, e ancor più se prese tutte insieme (a volte con effetti esilaranti: ieri il Corriere della Sera a pagina 21 celebrava gli emoji e a pagina 23 invitava a riscoprire il valore dei punti e delle virgole, è ora di finirla con “l’emoticoncrazia”). Meglio ancora se chi commenta non va al cinema. Quindi non sa, per esempio, che nelle sale italiane il film viene spezzato a caso per l’intervallo. Incredibile, non lo sanno neppure i produttori che scrivono per domandare: “In quale sala si è compiuto il misfatto?” (non vediamo l’ora di tornare nella sala incriminata, per constatare che nulla è cambiato; mica era la prima volta che assistevamo allo scempio).

“Chiedere ai millennial di spegnere il cellulare è come chiedere loro di tagliarsi un braccio”, ha dichiarato lo scorso aprile Adam Aron, amministratore delegato di AMC (gigantesca catena di cinema, ora cinese nel gruppo Dalian Wanda). Proponeva sale riservate ai messaggiatori compulsivi. Già al cinema vanno poco, tanto vale assecondarli creando riserve indiane. Così si disturbano tra di loro. Questo pensiamo noi, se ufficialmente interrogati. Scagli la prima pietra chi non ha mai mandato di straforo un messaggino.

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