Leonardo Benevolo (foto via YouTube)

Chi era Leonardo Benevolo, intellettuale diverso che ha scritto una grande storia dell'Architettura

Francesco Gastaldi

Fu uno degli autori italiani nel campo dell’architettura più noti e tradotti a livello internazionale, ma venne considerato per moltissimi anni da alcuni gruppi culturali di sinistra, nonché da molti docenti universitari di facoltà di Architettura italiane, persona da ostracizzare

È difficile riassumere le molteplici attività in campo politico-culturale, dell’insegnamento, dell’editoria e della professione svolte da Leonardo Benevolo che si è spento alcuni giorni fa all’età di 93 anni. Cattolico sociale, vicino alla sinistra dc che aveva a Brescia un punto di forza molto rilevante e di raccordo fra élite culturali e borghesi, impegno politico e gruppi economici, Benevolo fece parte della Lega Democratica, un gruppo di intellettuali che si proponeva un rinnovamento dell’impegno dei cattolici in politica fra anni Settanta e primi anni Ottanta. Il gruppo era promosso dallo storico Pietro Scoppola, dall’ex sindacalista Ermanno Gorrieri e dal sociologo bolognese Achille Ardigò. Ne facevano parte i bresciani Luigi Bazoli e Leonardo Benevolo, i romani Nicolò Lipari, Paola Gaiotti e Paolo Giuntella, i bolognesi Nino Andreatta, Paolo, Giorgio e Romano Prodi, Roberto Ruffilli e Luigi Pedrazzi de Il Mulino), e molti i giovani della Fuci fra cui Giorgio Tonini e Paolo Ceccanti. Il loro riferimento culturale era la rivista Appunti di Cultura e politica che ospitava interventi di carattere marcatamente politico dello stesso Benevolo. Luigi, fratello del banchiere Giovanni Bazoli, fu assessore all'Urbanistica del comune di Brescia e coinvolse Benevolo in molte attività professionali nella città negli anni Settanta. Svolge attività professionale dapprima con Tommaso Giura Longo e con Carlo Melograni, poi in forma autonoma redigendo decine e decine di piani regolatori di molte città italiane, spesso in accoppiata con Pierluigi Cervellati, urbanista e docente universitario del Pci (già assessore a Bologna). Benevolo fu chiamato a Palermo dal sindaco Leoluca Orlando come consulente sulle questioni urbanistiche e del centro storico all’avvio, nei primi anni Novanta, di quella stagione politica che fu chiamata “Primavera di Palermo”.




Dal punto di vista accademico, si era laureato in Architettura nel 1946, e avviato la sua carriera accademica come docente di Storia dell’architettura con grande attenzione agli aspetti professionali, culturali e perfino sociali di quella disciplina in forte evoluzione e inizia a pubblicare testi di carattere storico, critico e didattico. Alla fine degli anni Sessanta dedica molti scritti alle questioni della riforma universitaria negli anni delle contestazioni studentesche. Sono frutto delle lezioni e delle attività accademiche di ricerca condotte negli anni Sessanta a Roma alcuni dei suoi testi più significativi che fanno di Benevolo uno degli autori italiani nel campo dell’architettura più noti e tradotti a livello internazionale (“Storia dell’Architettura Moderna”, “Le origini dell’urbanistica moderna”, “Storia dell’Architettura nel Rinascimento” ecc. ecc.).

Considerato per moltissimi anni da alcuni gruppi culturali di sinistra, nonché da molti docenti universitari di facoltà di Architettura italiane, persona da ostracizzare (e forse non intellettualmente stimolante e poco politically correct). In questo contesto non giovarono le pesanti critiche (“testo diseducativo”) di Benevolo al libro di storia dell’Arte di Giulio Carlo Argan, destinato (e poi assai diffuso) ai licei italiani. Preso dallo sconforto per il clima che sentiva nei suoi confronti si dimise dall'insegnamento universitario istituzionalizzato negli anni Settanta come forma di protesta nei confronti delle modalità di insegnamento e di propagazione delle modalità di apprendimento e come forma di resa nei confronti dei movimenti che porteranno ai moti del 1977. Nel campo della critica architettonica e della storia dell’architettura, per molti anni, soprattutto negli anni 80 e primi anni Novanta, altri erano considerati i "luoghi di formazione" delle élite accademiche, soprattutto Manfredo Tafuri, Vittorio Gregotti, Bernardo Secchi, Aldo Rossi; non Leonardo Benevolo, che però continuava a produrre nuove opere di grande successo (edite da Laterza) e molto diffuse fra gli studenti (anche all’estero) caratterizzate da essenzialità e facile comprensione.

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