Adusbef, Eurispes e le altre fake fonti che i media italiani si bevono sempre
Si dovrebbe capire qual è il valore delle informazioni. La Bbc si è data un codice di condotta: quando la comunità scientifica all’unanimità ha stabilito qualcosa, le fonti non autorevoli non hanno alcuna menzione
Roma. Come ha osservato sul Foglio il deputato di Forza Italia Antonio Palmieri, il tema della verità dell’informazione è antico come il mondo. La recente idea di Grillo di sottoporre al vaglio di una giuria popolare l’operato dei media, e la proposta del presidente Antitrust Giovanni Pitruzzella di istituire una rete di agenzie europee indipendenti per intervenire appena vengono create notizie false, si inseriscono però in un contesto nuovo, nel quale il rapporto tra opinione pubblica, informazione e politica è stato trasformato dalla disintermediazione degli algoritmi, che rischia di alterare gli equilibri della autorevolezza e della riconoscibilità delle fonti, sui quali si fondava il primato dei media tradizionali.
Dal 2004 il Nimby Forum fa il monitoraggio sui media nazionali e locali degli articoli pubblicati sul tema della contestazione alle infrastrutture. In questa approfondita analisi del dissenso il tema del contendere è stato e continua a essere proprio il rapporto tra la verità e la qualità dell’informazione. Le polveri bruciate dal termovalorizzatore di Acerra sono nocive per la salute dell’uomo? Il tunnel della Tav produrrà stravolgimenti permanenti nell’ecosistema della Val di Susa? Le esercitazioni militari in Sardegna sono pericolose per l’incolumità dei residenti? Quale impatto possono avere sulla salute delle persone i grandi investimenti nelle infrastrutture energetiche? Chi giudica e valuta l’attendibilità e l’affidabilità delle stime economiche fornite con una certa insistenza su argomenti e tematiche difficili da monitorare? Come accade di frequente i giornali e i telegiornali pubblicano le ricerche e le denunce di Adusbef (per esempio sui costi dei conti correnti), Coldiretti (i danni al sistema agricolo comunicati anche a calamità in corso), Federconsumatori (la celiachia in Italia), Codacons (i “danni” dei vaccini), Eurispes (usura ed evasione fiscale), Cgia di Mestre (corruzione percepita) bevendosele d’un fiato, senza ulteriori verifiche, e anzi dandone ampio risalto con toni solitamente allarmistici.
Si dovrebbe capire qual è il valore scientifico delle informazioni. Qualora il dissenso e la contrarietà alle opere venissero costruiti non su informazioni scientifiche ma da soggetti che non hanno alcuna autorevolezza in materia, se non quella che gli deriva dalla rete e quindi anche da un algoritmo, i media (anche quando questi soggetti sono strumentalizzati dalla politica che li sostiene non per dovere di informazione ma solo per istigare paura e tensione nella pubblica opinione) dovrebbero offrire alle loro argomentazioni spazi di visibilità, oppure ignorarli. Significa venire meno alle regole della democrazia? Se fossimo nel Regno Unito non ci sarebbero dubbi, perché la Bbc per contrastare il fenomeno delle bufale, si è data un codice di condotta, con il quale ha deciso che quando la comunità scientifica all’unanimità ha stabilito cosa è bene e cosa è male (cioè ha ristabilito il principio della autorevolezza del soggetto emittente), le fonti non autorevoli non hanno alcuna menzione.
Nel Regno Unito le vicende Stamina e della ex parlamentare Capua, per esempio, non avrebbero trovato spazio nel dibattito televisivo (almeno sulla Bbc). Essere rigorosi sulla divulgazione dei temi per i media tradizionali significa soprattutto darsi dei codici di autoregolamentazione, che non restringono gli spazi di democrazia. Al contrario evitano che quegli spazi vadano fuori controllo e impongono una lettura acritica e omogenea dei fatti, come aveva già intuito Tocqueville, nella Democrazia in America, a proposito dell’uguaglianza delle condizioni che avrebbe determinato la tirannide della maggioranza, perché “l’opinione pubblica preme con una forza [talmente] enorme sulla mente degli individui che la maggioranza non ha bisogno di costringerli, si limita a convincerli”. Da direttrice di Rai News 24 Monica Maggioni scelse di non pubblicare i video dell’Isis, per evitare che la televisione pubblica potesse offrire degli spazi gratuiti di propaganda, stabilendo un principio di gerarchia delle fonti. Può questo principio trovare sussistenza anche nel tempo del dominio dell’algoritmo?