L'atea devozione che si definisce amore
Un adulterio è un adulterio. Il cardinal Caffarra spiega cattolicamente che è male. Ma lo è anche laicamente, cari esistenzialisti, perché è un’incongruenza in fatto di vita e di passione vitale
Il mio adorato cardinal Caffarra impiega molte parole devote con Matzuzzi per dire cattolicamente che l'adulterio è male. Come lo si può dire laicamente? Intendo per adulterio non una generica scopata fuori casa, che ha i suoi prezzi e i suoi vantaggi. Intendo l'abbandono di una donna o di un uomo presi in moglie o marito, la costituzione di una nuova unione affettiva, sessuale, familiare. È una cosa che capita spesso, no?
Puoi chiamarla divorzio breve e legale, puoi chiamarla rifarsi una vita, puoi normalizzarla come desideri, ma è un adulterio. Istituzionalizzato. Addomesticato. Comprensibile per come vanno le cose. Forse anche ricco di bellezza, perché no?, di sensibilità, di pace, di amore e d'accordo nella famiglia allargata, ex mogli e mariti compresi. Ma è un adulterio. La rottura di un patto d'amore e di vita. Una eccezione alla regola con la quale si convive, che diviene regola senza quasi senza eccezioni. I figli se ci sono riempiono, nella prima unione e magari nella seconda o nella terza o nella quarta, tutti gli spazi dell'educazione, dell'affetto, dello sviluppo di personalitá libere e consapevoli. Tutto bene, ma è un male. Non si sa più nemmeno perché lo sia, ma lo è.
Anche per lo spirito laico, quando ci si unisce, non si è soli. Non si è banalmente due. Si è in tre. Il terzo elemento è la fedeltà. Una devozione che si definisce amore. Misericordia, se volete. Obbedienza contrattuale, se preferite, a uno scambio virtualmente eterno, per il bene e per il male, nella salute e nella malattia, in gioventù e nella vecchiaia. Sono fole? Passatismi? Moralismi? Non ne sarei così sicuro. La spinta a unirsi ha delle ragioni del cuore, direbbe Pascal, che la ragione non conosce. Il piacere femminile e maschile non esaurisce la faccenda, si sa, a essere onesti con sé stessi. Si sa.
Una piena unione con Gesù Cristo, il problema di Caffarra e del Papa e di Kasper, non è qui in questione. Ma la congruenza di una scelta sì. Quella è in questione per tutti. Vale per l'amicizia, il matrimonio, il compagnonnage. L'incongruenza in fatto di vita e di passione vitale, in fatto d'amore, è evidentemente un male. Perdonabile secondo qualsiasi dottrina, compresa quella cattolica come ricorda Caffarra, figuriamoci per noi laici, ma peccaminosa, in qualche modo oltraggiosa anche senza bisogno di valutare tutto alla luce del Vangelo e della fede cristiana. La vita è breve, è una, non ce ne sono quante ne vogliamo e quante ci riteniamo liberi di costruire. Un intenerimento o una scopata non domestica, niente di più normale. Insomma, si è sempre saputo. L'adulterio come istituzione e fondamento della vita familiare e sociale, questo è altro.
Sono cose che si conoscono anche quando non si abbia mai letto il cardinale Newman o la Veritatis splendor di San Giovanni Paolo II. Cose che si intuiscono. Si esperiscono sebbene non se ne sia convinti in nome della ricerca della felicità, the pursuit of happiness. In America furoreggia il pre nuptial agreement. Roger Scruton dice giustamente che è solo il matrimonio come preparazione del divorzio, dell'adulterio. Così non va, o meglio va come non dovrebbe andare. In nome di qualcosa che non si sa bene che cosa sia, se non l'Io famoso e le sue voglie. Il contrario di un'unione, della fedeltà, dell'etica come scelta responsabile. Me ne fotto? Così vi viene da dire. Fottetevene, scegliete la vita estetica, ma non dovreste chiedere poi né la comunione in chiesa né gli assegni familiari allo stato e la pensione reversibile. Siete infatti perfettamente reversibili. E non così eroici come pensate, cari esistenzialisti.