Cabala puritana contro Polanski
Cacciato il cineasta dai César. Matzneff: “Cretini moralisti, gli stessi che hanno ‘abolito la prostituzione’”
Roma. Eric Mettout, direttore di redazione dell’Express, è stato uno dei pochi giornalisti ad aver difeso Roman Polanski, che ieri ha rinunciato alla direzione dei César, gli Oscar francesi. Mettout ha parlato di una “cabala” ordita contro il regista. Nel mondo dello spettacolo ha invece preso le difese del regista del “Pianista” Maïtena Biraben, volto del Grand Journal, che si è detta “preoccupata profondamente” per la “pressione femminista” che ha costretto Polanski alla rinuncia. La campagna contro Polanski, coinvolto nel 1977 in un caso di violenza sessuale ai danni della tredicenne Samantha Gailey, è stata rapida ed efficace. L’associazione Osez le Féminisme aveva parlato di scelta “vergognosa” dell’Academie: “Una mancanza di rispetto alle vittime di stupro”. Le ha fatto eco la ministra francese per la Famiglia, Laurence Rossignol, che si è detta “scioccata e sorpresa”.
Nel mondo letterario ci pensa Gabriel Matzneff, classe 1936, famiglia russa ma nato a Neuilly-sur-Seine, a difendere Polanski. “Sono impietrito dalla tristezza, è una cosa disgustosa questo accanimento delle femministe dalla lingua biforcuta”, dice al Foglio Matzneff, autore di un nuovo libro dal titolo “Un diable dans le bénitier” (edizioni Stock). “C’è una gauche moralista, ma c’è anche una destra contro i libertini. Questo movimento di virtù, di fariseismo in Francia è incominciato nel 1982. Oggi abbiamo tanti cretini di sinistra, come la cretina Ségolène Royal, ma anche la cretina di destra Christine Boutin, che scrivono della protezione delle giovani ragazze, nella Francia della poesia libertina e amorosa. Non avrei mai pensato che questo puritanesimo potesse vincere in Francia”.
L’opacità del caso doveva portare a maggiore prudenza. “Polanski era famoso, celeberrimo, tutti hanno detto che era la madre che ha buttato la figlia nelle sue braccia. Inoltre, la ragazza del caso Polanski ha detto molte volte di aver dimenticato il caso. Un crimine di sangue di quarant’anni fa non va in prescrizione?”. Una delle accusatrici di Polanski, il ministro Rossignol, è anche l’artefice della orwelliana legge per l’“abolizione della prostituzione”. “Il ministro Rossignol impersonifica questo sentimento nell’opinione pubblica”, prosegue Matzneff. “Lenin era un moralista, il leninismo era casto e la castità è oggi una virtù repubblicana. Quando François Hollande ha vinto alle elezioni, la sua portavoce, Najat Vallaud-Belkacem, oggi ministro dell’Istruzione, disse come prima cosa che ‘la nostra lotta sarà contro la prostituzione’. Ah, la prostituzione, la fonte dei poeti, dei pittori, della Traviata, del Rinascimento. Io sono disperato e per fortuna ho origini russe. Pensavo di essere un francese, ma oggi sono fiero di avere sangue misto, di essere anche un po’ straniero. La ‘difesa dei minorenni’ oggi è la nuova virtù. Sono stato anche io vittima di questa setta”. Tranne Alain Finkielkraut, che ha parlato di “linciaggio”, anche gli intellettuali tacciono su Polanski. “Hanno paura, sono dei vigliacchi piccoli-borghesi, non conoscono la Francia del Settecento, recitano la litania delle virtù repubblicane come un tempo si faceva con il Pater Noster”, conclude Matzneff. “Quando ero ragazzino, gli adulti parlavano di ‘amore della Francia’, oggi invece di ‘amore della Repubblica’, che è una stronzata incredibile”.
Strana gauche anti Polanski, che ha appena scelto al primo turno delle primarie socialiste Benoît Hamon, che non vede nessun problema nel burqizzare le bambine islamiche di Francia. L’altra grande accusatrice di Polanski è Caroline De Haas, collaboratrice proprio di Hamon e femminista di primo piano. La stessa che liquidò come una non notizia gli stupri della lunga notte di Colonia. Caso già prescritto, perché l’aggressore non era un regista facoltoso, ma un povero immigrato.