La pietà per i suicidi e la differenza tra reato e peccato
I fuochi artificiali alla fine della cerimonia per ricordare Dj Fabo non sono la liberazione nell’eterno di un’anima che ha sopportato fino al suo culmine una umanamente ingiusta pena, ma l’illuminazione ideologica di un diritto dell’uomo. Sempre sia lodato il cardinal Ruini e la sua decisione kantiana.
Maurizio Crippa è secondo me un acattolico che va a messa. Io secondo me sono un cattolico che non ci va. Pari e patta. Il mio dolce amico ed io ci completiamo alla perfezione. Crippa ha scritto qui che finalmente la chiesa ha aperto le braccia alla cerimonia in memoria di un suicida, Dj Fabo. Osservo che ha aperto un braccio solo, no eucaristia. Il braccino corto di Angelo Scola. Camillo Ruini, uno dei più grandi cardinali del Novecento e passa, il suo braccio se l’è tenuto. Non spreco parole sentimentali per dire che al posto di Dj Fabo forse avrei fatto lo stesso, che mi addolora tutta la parabola tragica per lui e per i suoi, che la depenalizzazione del suicidio, business dell’assistenza a parte, specie nella splendida Svizzera con la sua mortifera legislazione, è un’ovvietà, e Marco Cappato libero e santo subito. Ma i fuochi d’artificio a coronamento della preghiera per la libertà ritrovata, vogliamo parlarne?
Paolo Prodi ha lasciato per testamento intellettuale un concetto importante. Con la riforma luterana e il concilio di Trento si è avviato un processo, nonostante le buone intenzioni di Trento e il fervore geniale di Lutero, riassumibile così: la chiesa si è fatta stato, si è progressivamente secolarizzata, e lo stato si è fatto chiesa, dalla monarchia nazionale per diritto divino che omologa tutto a sé stessa, fino alla concordataria incoronazione papale di Napoleone, fino allo stato come filosofia e ideologia dalla Rivoluzione francese al Vaticano II ai giorni nostri (loro). Risultato: una serie di diritti benedetti, e una serie di benedizioni intese come conferma dei diritti, più o meno.
I fuochi artificiali non sono la liberazione nell’eterno di un’anima che ha sopportato fino al suo culmine una umanamente ingiusta pena. Fosse così, maledirei quel che penso. I fuochi sono l’illuminazione ideologica di un diritto dell’uomo. Passandoli in rassegna, ecco, il catalogo è questo, ma non lo compilo “per piacer di porli in lista” (Lorenzo Da Ponte). Come il mio amico scrittore di sublime talento e peccatore di estrema precisione Gabriel Matzneff, io sono più per Casanova che per Don Giovanni. Il diritto di uccidere un amico o un’amica che ti cresce in seno perché hai amato. Il diritto di prevenire la vita altrui e scandirla secondo esigenze “responsabili”. Il diritto di mollare tua moglie o tuo marito, i tuoi figli, e di comprare il tutto con un pugno di alimenti per rifarti una vita (che espressione del cazzo). Il diritto di stabilire per contratto la fine dei tuoi giorni mortali, con l’assistenza del diritto positivo, del diritto penale, del diritto commerciale. E sotto il tetto della misericordia, e con i fuochi d’artificio. Prenoto il posto d’onore nel mio tempo, che è fuori, al massimo dietro la lavagna.
Padre Elmar Salmann osb è uno studioso e predicatore del miglior pensiero cristiano in tema di fede e postmodernità. L’altra sera alla Gregoriana in Roma ha offerto un campionario generoso e modernissimo, antico e forse eterno, delle sue idee. Chi vuole se le può andare a cercare su Youtube. Tra il molto altro, ha detto che “il magistero, nella sua infinita stupidità, ha abolito il Limbo”, impedendoci di intrattenerci con gli eroi della vita pagana precristiana, bambini a parte. Bisogna infatti cogliere la differenza tra la misericordia, che dovrebbe essere prerogativa esclusiva del padreterno, di suo figlio e dello spirito, altro che il Papa, e la pietà, che è un sentimento e una nozione compatibile sia con il cuore di pietra dei pagani sia con quello di carne della civiltà cristiana. Ecco, io sono nel Limbo, e sono per la pietà.
Pietà per i bambini soffocati o raschiati. Pietà per le donne e gli uomini che ne rendono conto a sé stessi. Pietà per il sesso facile e senza peccato. Pietà per mogli e mariti abbandonati da mogli e mariti, e per i loro figli, e per i figli di due padri o di due madri. Pietà per i suicidi, in specie quando il suicidio si sottrae alla libertà stoica e si sottopone alla benedizione cristiana. Sia sempre lodato il cardinal Ruini, sia sempre benedetta la sua decisione kantiana e ratzingeriana di distinguere tra peccato e reato. No reato, sì peccato.
Universalismo individualistico