Difesa della bellezza
Appello ai domenicani che non pubblicano Matzneff per i suoi costumi moralmente eccentrici
Gentile Monsignor Bruguès,
l’Ordine domenicano a cui ella onorevolmente e in modo influente appartiene è parte decisiva di una casa editrice francese che ha trattato in modo ingiusto un grande scrittore amico mio personale e di questo giornale, al quale ha collaborato in modo eminente, il conte Gabriel Matzneff. Prima gli fu offerto di pubblicare una silloge di testi recenti, che è appena uscita da Stock, poi la promessa fu ritirata malgrado la formalizzazione contrattuale, con il pretesto inconfessabile e inconfessato che l’autore ha costumi moralmente eccentrici, ha amato “les moins de seize ans” e ha raccontato in meravigliosi diari, poesie, saggi e romanzi di questi suoi amori.
Sono cose accadute a Casanova, a Byron, tra i suoi miti letterari e umanistici, e a molti antichi e moderni che non nomino ma sono nella linea di Matzneff: l’apologia dell’amore, della bellezza e del desiderio in un cerchio perfetto, consensuale e dolce, di struggente e sovrana libertà. Molti non accettano l’infrazione ai costumi correnti e al codice penale, nemmeno quando si compie con delicatezza, tenerezza, nemmeno quando esce dal segreto e anzi lo comunica al pubblico dei lettori da quasi mezzo secolo in un campionario di storie belle, come nel caso dello scrittore russo bianco, di religione ortodossa strettamente professata e vissuta, e parigino. A ciascuno il suo Filisteo. Ma che c’entra la chiesa cattolica, che c’entrano i meravigliosi predicatori domenicani?
È una domanda insidiosa? “Bisognerebbe sempre diffidare dei giornalisti, temibili compagni di viaggio. Con la massima cortesia, vi rivolgono le domande più insidiose”. Comincia così un capitolo del suo bel libro, “Il cammino delle stelle”, appena edito da Mondadori e che abbiamo presentato da poco ai Musei Capitolini, in Roma, insieme a Sua Eminenza reverendissima Jean-Louis Card. Tauran, e a Fausto Bertinotti. E così continua il suo testo. “Il giornalista era simpatico; voleva delineare un ritratto, disse. Con la prima domanda andò dritto al sodo: ‘Cos’è che la fa vivere?’. La risposta mi uscì di bocca come un proiettile, senza alcuna premeditazione da parte mia: ‘La bellezza’. In effetti, da che mi ricordo, ho sempre ricercato la bellezza; fino ad oggi, la bellezza ha alimentato le mie passioni più grandi, mi ha fatto vivere”. Ecco: la pubblicazione del libro di Matzneff, Un diable dans le bénitier, un Diavolo nel battesimale, era un’occasione appassionante della bellezza che fa vivere. Averla prima disposta e poi negata senza argomenti aperti e chiari è stata un’occasione persa. Matzneff, che ha l’obbligo leggero della signorilità, non vi ha portati in tribunale perché, come racconta nella piccante introduzione al libro, la litigiosità (l’ésprit chicanier) è nemica della noncuranza, “il bene più prezioso”. Ma il rifiuto di malagrazia per un momento lo aveva annientato, e questo è comprensibile.
Sento già l’obiezione di una persona intelligente e di un prelato quale ella è, un uomo colto e intellettualmente ricco al quale sono affidati gli Archivi segreti vaticani e la Biblioteca più straordinaria al mondo, la Vaticana appunto. La bellezza che alimenta le mie passioni, che mi fa vivere, è la bellezza della verità, questo mi obietterà. Una frase di Platone, “Il bello è lo splendore del vero”, definizione di un grandissimo pagano, fu per suo merito, gentile Monsignore, all’origine della scelta di intitolare allo splendore della verità, al Veritatis splendor, una delle più grandi encicliche di san Giovanni Paolo II, cosa concordata in una riunione a tre, il Papa, il prefetto Ratzinger della Congregazione per la fede e futuro Benedetto XVI, e appunto Monsignor Bruguès come membro della Commissione teologica internazionale. Oggi la chiesa cattolica affida al cuore umano il giudizio sulla verità, specialmente in una fede vissuta o cercata. Gabriel Matzneff ha fede, la pratica con specchiata osservanza liturgica nella sua parrocchia di Notre-Dame-joie-des-affligès-et-de-Sainte-Geneviève, e a quanto mi risulta ha un cuore forte, superiore perfino in umanità e sorriso al lucore della sua rara e preziosa scrittura e al suo culto dello stile. Non sarebbe giusto, Monsignore, almeno chiedergli scusa di questo comportamento brutale?
Con osservanza
Giuliano Ferrara