I cristiani mangiano gli agnelli perché sono buoni. Nel senso con le patate

Maurizio Crippa

Note di (quasi) antropologia sui biberon del Cav. e gli sgozzatori

Una volta un intellò se la prese con Gavino Sanna, perché con gli spot del Mulino Bianco aveva fabbricato la finzione di un’Italia “mezzocalzettaia, sentimentale e ipocrita”. Gavino Sanna, che è un grandissimo pubblicitario (ma in realtà il Mulino Bianco non l’aveva inventato lui) rispose che l’unico problema morale di un pubblicitario è “di non ingannare il pubblico sulla bontà del prodotto”. Silvio Berlusconi, che se avesse fatto il pubblicitario sarebbe stato anche più bravo di Gavino Sanna, e del resto sul come vendere agli italiani il mulino bianco del “paese che amo” non ha mai avuto rivali, ha salvato da morte certa pasquale cinque agnellini e s’è fatto fotografare (molto flou, ovviamente) con tanto di materno biberon. Non è mezzocalzettaio, sentimentale o ipocrita. Semplicemente sa cosa vogliono gli elettori: non vogliono più biscotti, comprano vegano. Marketing. Non è che sia contro i riti della Settimana Santa, nei giorni in cui altri provvedono all’ammazzamento rituale dei cristiani. Al massimo, è un po’ inconsapevole. Ma più inconsapevoli, e pericolosi, di lui sono gli animalisti che accusano di sadismo la Pasqua, e anche quelli che vogliono mangiare abbacchio in difesa di chissà quali significati sacrali. E non sanno di che parlano.

 

I cristiani (anche quelli che in Francia chiamerebbero “festifs culturels”, quelli che festeggiano le feste) a Pasqua mangiano gli agnelli perché sono buoni. Buoni nel senso con le patate al forno o i cipollotti, non in senso morale. Non c’è niente di sacro. Solo gastronomie arcaiche, rurali. Ma questo sottaciuto aspetto (si tace ormai della buona cucina, quasi fosse una colpa), spiega anche qualcosa del resto. Cioè delle follie vegetariane e di quelle peggiori degli sgozza-cristiani. Il fatto è questo. Anche se voleste prendere il cristianesimo come un mito antropologico, dovreste tenere contro di un aspetto chiave. Che, senza neanche leggere René Girard, è il mito della fine dei sacrifici – umani, animali.

 

Gesù è l’agnello sacrificale, morto una volta e per tutti, perché non esistesse più inimicizia tra gli uomini e Dio. L’Innocente ha pagato, definitivamente e per tutti. Fanno festa per questo, i cristiani: perché tutto è diventato buono. Buono anche da mangiare (non ha precetti alimentari, il cristianesimo). Von Balthasar, il più grande teorico della letteratura cristiana dopo Dante, diceva che con il cristianesimo era finita la tragedia. Perché non c’era più nessun Dio nemico dell’uomo dedito a punire con atroci scherzi del destino il povero Edipo. La catarsi c’è già stata, tutto finisce bene, perché tutto è Bene. Dante ha scritto una Commedia, perché il lieto fine è garantito. Neppure gli sgozzatori rituali avranno la meglio. Così per i cristiani tutto è buono. Anche gli agnelli sono buoni.

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  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"