Da Donnarumma alla Rai, siamo paralizzati dall'ipocrisia pauperista
E’ il fenomeno della tremarella. Anvedi Donnarumma! Dunque l’uomo televisivo Rai occulta la questione dei soldi, sa che viviamo in tempi di urli e sbuffi, d’umori e malumori, tempi dai quali, insomma, è pericoloso sporgersi.
Soldi maledetti. Viste le ipocrite e violente lezioni di etica che l’Italia giornalistica e politica, internettiana e curvaiola, sta impartendo da un paio di giorni a Gigio Donnarumma, il portiere del Milan che cerca per sé anche un ingaggio più remunerativo, insomma più soldi, considerato questo clima per cui l’unico stipendio che gli italiani vogliono alto è il proprio mentre quello degli altri è sempre rubato, non possiamo che metterci italicamente una mano sul cuore e indossare per un attimo i panni di quei conduttori televisivi della Rai (ma non solo) che vogliono conservare o aumentare il loro legittimo cachet ma non possono dirlo. E allora, con una furbizia semantica che tenta d’aggirare l’invidia sociale e il livore pauperista degli italiani, “si buttano a sinistra”, come diceva Totò, cioè lamentano intromissioni e censure politiche, scoprono l’acqua calda della faziosità commissionata, dell’intromissione partitica, delle spartizioni e delle pressioni di potere. Scoprono dunque l’eternità di foresta della Rai che hanno sempre frequentato. Così Fiorello dice che “non tornerò mai in Rai. A Sky dico tutto quello che voglio”, mentre Diego Bianchi, che lascia Raitre per La7, se la piglia con chi in Rai non lo ha difeso da Angelino Alfano, e solo Fabio Fazio, timidamente, ha confessato a questo giornale che “il tema del denaro è indifendibile, lo so. Ma il mio stipendio alto me lo merito. La competenza si paga”.
E d’altra parte il campione di calcio, come il conduttore televisivo, ove mostri di voler giocare dove lo pagano di più, si becca tanto per cominciare la qualifica di “cosiddetto”, che è vaga ma certo spregiativa. Poi si passa al martellamento politico-sociologico, rafforzato dalle vecchie artiglierie religiose dei peccati capitali: avido, ingordo, ambizioso, basso e volgare materialista, ingrato, venduto, mercenario, cattivo, come se la dimensione di eccezionalità non fosse consacrata proprio dal riconoscimento economico, poiché i soldi, come insegnava Lutero, sono una benedizione. E questo avviene, nel calcio, mentre i tifosi – Donnarumma passerà al Real Madrid o alla Juventus? – vanno ad accrescere l’immenso mucchio dei traditi che ingombra la storia patria, avendo gli italiani una significativa propensione a spiegarsi in quei termini praticamente tutto, dal Risorgimento alla Vittoria tradita del ’15-’18, dalla guerra fascista alla Resistenza, dai pensionati ai giovani, da Baggio che passa alla Juve fino a Ibrahimovic che dalla Juve va all’Inter, e via di seguito.
E come si vede in questo c’è il peggior residuo dell’ideologia colta e incolta, dell’Italia dell’astio, del riflesso pauperistico e livoroso, lamentoso, tifoso, la sola certezza trasversale che mette d’accordo tutti gli irriducibili d’ogni fazione, Maurizio Gasparri e Matteo Orfini, che ieri twittavano a manetta, il Corriere dello Sport (che titolava “Alta infedeltà”) e il Milan che si conduceva teso e silente come la moglie tradita. Così, mentre urla selvagge si levano contro Donnarumma, mentre ingiurie e oscenità piovono sullo sciagurato ragazzinoarricchitomangiapaneatradimento, mentre si scatena un caso straordinario di dileggio, con il girotondo dei soliti frizzi e lazzi contro il calciatore che vuole consacrare il suo merito diventando ancora più ricco, si capisce bene cosa si manifesti – a partire dalle sue viscere – nell’uomo televisivo italiano che legittimamente vuole guadagnare e stare sul mercato. E’ il fenomeno della tremarella. Anvedi Donnarumma! Dunque l’uomo televisivo Rai occulta la questione dei soldi, sa che viviamo in tempi di urli e sbuffi, d’umori e malumori, tempi dai quali, insomma, è pericoloso sporgersi. Così non è per il vile denaro che dice di andar via (o di non voler tornare), ma cerca invece solidarietà, si dipinge epurato come Sakharov e rinnegato come Kautsky. Solo che l’epurazione all’italiana, si sa, è sempre stata commedia, quella dei film con Paolo Stoppa e Alberto Sordi.