I figli partono e l'età adulta finisce dentro una scatoletta di tonno
Basta un minuto per ritornare un’adolescente che si sgola al concerto di Tiziano Ferro
Poi un giorno i figli partono. Dopo una lite sui vestiti da mettere in valigia per il campo estivo, musi lunghi e lacrime perché io non capisco che lei ha i suoi gusti e che tutto quello che a me piace, e che soprattutto sta dentro l'armadio perché una volta, cioè due settimane fa in un negozio, piaceva anche lei, adesso lei lo trova “ripugnante”. Sopra una maglietta blu c'è disegnato un cuore rosso, e quel cuore rosso è lezioso, anzi, “è come te, mamma”, quindi non va bene per niente. Le chiedo se posso mettere in valigia almeno la maglietta con le giraffe, mi risponde: “Per me è uguale”, che significa: è ripugnante ma preferisco non dirlo. Va bene bambina, hai undici anni, preparati la valigia da sola, io vado a letto, buonanotte. Era una finta, e dopo trenta secondi sono tornata indietro (senza che nessuno me lo chiedesse) e sbuffando e sgridando ho preparato valigie per tutti, eliminando le magliette vagamente da femmina per lei e le magliette non di Favij per lui. La mattina dopo, baci e abbracci e spazzolini da denti infilati in tasca all'ultimo secondo. Ciao amore ciao, una settimana vola, mi raccomando aspettate tre ore per fare il bagno, anzi quattro, e non cercate mai di separare con le mani due cani feroci che lottano.
Chiusa la porta, nella casa solo macerie e silenzio. Mucchietti di magliette lungo il corridoio, tutti i libri dei compiti dimenticati in un angolo, il cane e il gatto immobili, probabilmente scioccati, che per la prima volta si guardavano negli occhi interrogativi, solidali. Succede così: un giorno i figli partono ed è come essere approdati su un’isola, che all’inizio è deserta, e ci si deve riabituare all’idea di essere ancora vivi, al suono della propria voce, e si guarda intorno cercando una palma, una noce di cocco, un pallone sopra cui disegnare occhi e bocca per avere qualcuno con cui chiacchierare, ma a poco a poco quell’isola si popola di esseri umani, di enoteche, ristoranti, uno stadio perfino, musica e notti stellate, non è più un’isola deserta ma una specie di rave party. Che cosa è successo? Non avevi detto che quella settimana senza figli serviva a fare tutte le visite mediche, tutte le file alle poste, tutto il lavoro arretrato, tutte le migliorie dentro casa, anche l’addestramento del cane? E allora perché adesso il cane fa colazione a mezzogiorno con il cornetto che gli fa malissimo e che rientra fra le azioni vietate e sanzionate con la perdita della paghetta? Il cane non è nemmeno mai uscito alle due di notte prima d’ora, e ha paura e bisogna trascinarlo. E perché tu, che ai figli dici di stare composti a tavola e di tirare giù i gomiti, adesso mangi sul divano direttamente dalla scatoletta di tonno, sgocciolando l’olio sul tappeto, e alzi le spalle e dici che pulirai domani, quando si sarà seccato tutto? Soltanto poche ore fa eri una persona adulta, e adesso guardati, tutta sudata, sgolata, euforica, al concerto di Tiziano Ferro, mentre canti: “Vorrei che fosse oggi in un attimo già domani, per reiniziare per stravolgere tutti i miei piani”, e le ragazzine intorno ridono, e le signore intorno si lamentano, una di loro, con gli occhiali e la borsetta, dice: mi scusi ma se voi ballate lì in piedi io non vedo niente, e allora non c’è nessun’altra possibilità che fare finta di non sentire la signora con gli occhiali e continuare a ballare.
Tiziano Ferro ringrazia Roma, e questa Roma la ringrazio anch’io, perché alla fine anche la signora con gli occhiali si è alzata e si è messa a ballare. Solo poche ore fa discutevo con altre madri (però molto competenti) di campi estivi e di scuole all’estero e di nuovi metodi cinesi di apprendimento, e per nascondere la mia inadeguatezza annuivo intensamente e fingevo di entusiasmarmi per i parchi attrezzati del Canada e per la carne biologica, avevo un’identità e l’ho persa in un minuto dentro una scatoletta di tonno sul divano. In un minuto sono diventata un’adolescente sdraiata di quarant’anni, in un minuto ho dimenticato tutte le regole, e le regole si sono dimenticate di me, fino a che non è suonato il telefono. “Pronto mamma?”. Amore ecco, ciao, stavo proprio pensando a voi, come state, vi divertite, vi state comportando bene? Era una telefonata video, via Whatsapp, e quindi ho visto benissimo la maglietta da maschio di mia figlia, ma, cosa più grave, lei ha visto me. “Mamma sei distratta”. Perché sono molto stanca, sto lavorando molto, ho detto allontanando un po’ il telefono dalla faccia e diventando rossa. “Mamma ma che confusione, dove sei, chi sono tutte quelle persone?”. Amore sono dovuta per forza passare in questo locale per una riunione, ma adesso finalmente vado a casa, mi mancate molto. “E com’è stato il concerto di quel signore?” Ma non è un signore, è Tiziano Ferro! E’ stato stupendo, bellissimo, ho cantato tutte le canzoni, ma tu stai mangiando la frutta, stai facendo i compiti, stai facendo la doccia tutti i giorni, stai aiutando la nonna, stai attenta a tuo fratello, mi vuoi bene? Non avevo più un dovere, i doveri li aveva tutti lei, che infatti mi ha velocemente salutato dicendo: ci vediamo sabato, e comunque non volevo dire che quella maglietta era ripugnante. Ci vediamo sabato, sì, significa che ho ancora qualche ora di adolescenza, di scatolette di tonno, magari un bagno in una fontana, no il bagno nella fontana però no, dai, ti prego chiamiamo un taxi, devo andare a casa, è tardi. Va bene ma quanto è meravigliosa questa città, facciamoci almeno un selfie. “Mamma, sei ancora lì?”. Amore, sì, buonanotte, non importa per la maglietta, hai ragione tu, era ripugnante, mi raccomando però: fa’ la brava. “Mamma, però: anche tu&rdquo
Universalismo individualistico