Tre buoni motivi per ubriacarsi a Ferragosto
Dalla Parigi degli anni Venti alla California degli anni Settanta, storie di sbronze diventate successi letterari. Da Joseph Roth a Charles Bukowski
Una terrazza sulla Senna, una decina di amici tra bottiglie di vino e Pernod, una chitarra e troppi pensieri da eliminare. Era il 1925 e a Parigi il sole scaldava, colpiva la testa nonostante le foglie della vite americana provassero a ombreggiare le gambe già rese molli dall'alcol. Era ferragosto e "Hupp continuava a stappare le bottiglie che il padre di sua moglie aveva portato dalla Borgogna. Vino forte e rosso appassionato, mentre Roger provava a cantare le canzoni che aveva sentito in un locale la sera prima. Le donne erano altrove a consumar non si sa quali pensieri e noi cercavamo di non perdere la fune che ci teneva appesi alla realtà". Ne uscì una sbronza colossale. Joseph Roth quella notte non tornò a casa, si assopì su una sedia finché il sole lo sorprese con il mento sul petto e la camicia puzzolente di vino e di cenere, accanto a un'epifania appuntata su di un foglio di carta spiegazzata e unta di cibo. Lo raccontò anni dopo in una lettera al suo editore, Kurt Wolff, descrivendo la genesi di "Fuga senza fine". Perché su quella terrazza sulla Senna annotò con calligrafia incerta e con tedesco sgrammaticato la trama di quello che divenne uno dei racconti più conosciuti dello scrittore austriaco.
Cinquecento chilometri a sud est, stesso periodo, qualche anno dopo. La terrazza lascia il posto a una baita a metà montagna, la vite americana è scomparsa e rimane un'amaca a penzoloni tra due abeti e davanti un prato e una tavola piena di cibo dove banchettano le mosche. Tre uomini sonnecchiano che le prime luci del sole sono già apparse mentre uno, dalla corporatura grossa e la pipa fumante davanti a occhiali dalla spessa montatura muove tra le dita un pezzo di carbone appuntito che sembra un lapis. Friedrich Dürrenmatt ha la faccia bianca che sembra un muro e occhiaie nere come pozzi che cerchiano occhi tondi maculati di rosso. Un bicchiere è chissà come rimasto intatto e al suo interno c'è ancora del vino. Lo scrittore dà un ultimo sorso con la consapevolezza "di aver avuto dopo molto un'idea azzeccata, di quelle che messe su di un palco possono anche funzionare. Certo c'è ancora lavoro da fare e tanto, ma la linea è già bene che tracciata", scrisse all'amico Peter Schifferli, fondatore della casa editrice Arche. Lo scrittore svizzero parlava de "La visita della vecchia signora", quello che sarebbe diventato il suo più celebre dramma teatrale. "Quella sera tra una mangiata e una bevuta, oltre al vino mi investì questa storia. Ti aggiornerò sul suo sviluppo. Spero che non sia necessaria un'altra sbronza di Ferragosto per concluderla".
Solleone, che sarebbe meglio affrontare sobri, dicono almeno i medici, ché il caldo da già problemi di suo, meglio non aggiungere problemi a problemi. E quindi meglio stare attenti, o al limite essere preparati. Come lo era Charles Bukowsi che nel 1974 ritrovatosi non si sa dove in California dopo una serie di sbronze partite la vigilia di Ferragosto e protrattasi per quasi una settimana si trovò in mano "una buona idea per un nuovo romanzo. Ce l'ho già pronto. Arriverò presto per farvelo leggere. Mi serve un anticipo" telegrafò alla sua casa editrice, la Black Sparrow.