Minority Report
C'è qualcosa di inquietante nelle parole di Tim Cook ai giovani a Firenze
Il mondo descritto dal ceo di Apple sembra orientata verso una sola direzione
Nel sentire Tim Cook che parla ai giovani a Firenze qualche brivido di inquietudine lo si avverte. Non dice affatto cose cattive, né peraltro cose nuove, ma presenta una visione del mondo univoca, e per lo meno dubbia, che ovviamente i giovani devono sorbirsi e applaudire. Dunque, riassumendo, il compito di Apple non è quello di produrre qualcosa di meraviglioso, guadagnare e portare a casa lo stipendio per sé e per le famiglie dei dipendenti, come capita alle povere aziende mortali, ma quello salvifico di cambiare il mondo, farlo andare verso il meglio difendendo i deboli e gli esclusi, proteggendo la sicurezza di tutti noi, rendendo uguali i popoli grazie all’istruzione, scegliendo sempre di aiutare gli altri e di non fare mai scelte utili solo per stessi.
In ultimo, ma non è poco, Apple ci vuole rendere uniti e non divisi in un mondo migliore di quello che abbiamo ricevuto. Sembra un po’ di ascoltare le interviste delle candidate Miss Universo di qualche anno fa che dichiaravano immancabilmente che le due cose più importanti erano “rimanere se stessi” e “la fame nel mondo”. Chissà perché, ma risultavano poco credibili.
Che cosa c’è che non funziona? Innanzi tutto il metodo. Elogiando i suoi anfitrioni del progetto “Quotidiano in classe”, Cook appoggia l’intero discorso sul pensiero critico, sul fatto di “essere scettici”, di “avere la mente aperta” quando si ascolta una notizia, di “ascoltare sempre tutte le opinioni diverse dalla propria”. L’idea di fondo, scontata fino alla noia, è che il pluralismo di opinioni ci rende critici perché ci mostra la particolarità di ogni prospettiva. Sapendo che la nostra visione è una delle tante possibili, dovremmo capirne la relatività. Ma davvero uno diventa critico in questo modo? Non sembrerebbe. I produttori di fake news tanto temuti sono altrettanto scettici sulla verità e pensano proprio che in fondo ogni notizia non sia altro che questione di racconto e prospettiva. Del resto, i social network a cui accediamo anche grazie ai fantastici smartphone di Apple ci forniscono potenzialmente ogni genere di opinione diversa dalle nostre e ciò non fa che confermarci nelle nostre opinioni divisive. E’ la famosa cassa di risonanza (echo chamber) o la bolla-filtro (filter-bubble). Per essere critici davvero ci vuole un criterio di verità – e ce ne sono alcune versioni diverse ma che andrebbero bene comunque – rispetto a cui confrontare ogni notizia, ma nel pensiero di Cook tale criterio non si trova. Eppure senza tensione al vero, il consueto “ragionare con la propria testa” finisce con l’essere uguale al ragionare con la testa di chi ha più potere sui media.
Sulle divisioni della società si apre poi un altro capitolo interessante. Bisogna essere critici ma sempre tutti uniti, dice il Ceo di Apple. Ma davvero? Mi racconta un’amica di sua figlia che, contraria allo sciopero scolastico sull’alternanza scuola-lavoro, vi è stata trascinata con un ricatto basato sul famoso errore logico “ad populum”: “devi venire perché ci andiamo tutti, così la classe è unita”. L’unità predicata da Cook lascia lo stesso sapore. Come hanno dimostrato i tragici eventi del XX secolo, e spesso si prova in gruppi, gruppuscoli, società, sette, l’unità senza tensione al vero è un’ideologia che finisce sempre nella violenza.
La filosofia della comunicazione
In tema di violenza un’ultima osservazione sulla famosa questione dei terroristi islamici di San Bernardino dove Apple si è rifiutato di dare alle autorità americane l’accesso ai dati dello smartphone. E’ per proteggerci meglio, dice Cook ai ragazzi. Sarà, ma qualcuno poi dovrà spiegare ai medesimi ragazzi perché la protezione di Cupertino è diversa da quella della criminalità organizzata tramite omertà rispetto allo stato. Perché sono più grossi? Perché parlano in modo educato?
Infine, un pensiero finale sulla filosofia comunicazione del capo di Cupertino. Da vecchio saggio, Tim Cook ci dice che la tecnologia è neutra, dipende soltanto da come la usiamo. Dopo cento anni di studio delle modificazioni che i mezzi di comunicazione generano sulla percezione, la risposta è troppo ingenua o troppo furba.
Nel primo caso, siamo in pericolo perché chi ha in mano molto di ciò che sta accadendo nelle vite di tutti, non è consapevole della sua forza. Mi permetto di dubitarne.
Nel secondo caso, siamo invece alle solite: c’è un’immensa distanza fra i veri pensieri di chi determina cambiamenti epocali e il popolo a cui parla. E’ una questione di potere, in fondo, ma è una differenza fra élite e popolo che quest’ultimo incomincia a non digerire più. Il caso di Trump lo ha dimostrato anche a Cupertino, ma a quanto pare il messaggio non è stato ancora recepito.