Il j'accuse ottocentesco di Carlo Cattaneo contro il boicottaggio degli ebrei
La nuova edizione delle "Interdizioni israelitiche" è un utile monito a chi oggi cerca di rinverdire i fasti di tale pratica
Che il boicottaggio contro gli ebrei non fosse né giusto né utile l’aveva dimostrato già nella prima metà dell’Ottocento Carlo Cattaneo, e non può che essere salutata favorevolmente una nuova edizione, curata con rigore da Gianmarco Pondrano Altavilla e con prefazioni Di Noemi di Segni, Ofer Sachs e Maurizio Bernardo, delle sue Interdizioni israelitiche (Castelvecchi): eccellente testo pubblicato in prima edizione nel 1837. Utile monito a chi oggi cerca di rinverdire i fasti di tale pratica.
Cattaneo, generoso patriota risorgimentale e profeta molto rispettato, benché assai meno seguito, del federalismo liberale, pensatore italiano tra i più profondi, prolifici e versatili del XIX secolo, trasse spunto da un caso legale in cui si trovarono invischiati i fratelli Wahl, ebrei francesi che si erano visti annullare dal gran Consiglio di Basilea-Campagna un contratto di acquisto di una proprietà fondiaria in quello stesso cantone elvetico. Motivazione: gli acquirenti erano ebrei, e gli ebrei lì non potevano accedere a questo tipo di negozio giuridico. Poco importava che pochi anni prima la repubblica svizzera avesse stipulato con la Francia, stato che nel 1791 aveva esteso agli ebrei i diritti di cittadinanza, dei trattati volti a garantire la reciprocità nei diritti civili dei cittadini francesi in Svizzera e di quelli svizzeri in Francia: gli ebrei dovevano essere trattati in qualità di ebrei, in barba ai principi sanciti dalla Rivoluzione francese, a prescindere dalla cittadinanza. Erede, via Romagnosi, dell’Illuminismo lombardo di Beccaria e Verri, Cattaneo ne riprende, in questo scritto, uno degli assiomi principali: i princìpi di giustizia e quelli di utilità sociale si compenetrano vicendevolmente, quasi a formare un blocco indisgiungibile. A chi è giovato il divieto posto nei secoli agli ebrei di godere della proprietà fondiaria, si chiede Cattaneo? Tale impedimento, osserva, non è infatti solo un atto di lesa maestà verso i valori della tolleranza religiosa e dell’eguaglianza giuridica sui quali dovrebbe essere fondata ogni legislazione moderna e civile; non solo ha costretto gli ebrei a “un’esistenza tutta tessuta di risparmi e sordidezze”; non costituisce, infine, solamente una violazione dell’universale e imprescrittibile diritto di proprietà; ma ha inoltre prodotto un danno incalcolabile all’economia, poiché ha impedito a un ricco ceto mercantile di investire i propri capitali nelle campagne, rallentando, così, lo sviluppo economico dell’intera società.
Con mirabile sintesi e ampiezza di citazioni, il grande lombardo ripercorre l’origine e lo sviluppo delle severissime restrizioni imposte agli ebrei in Europa, a partire dal momento in cui, al tramonto dell’impero romano, il cristianesimo acquisiva sempre più forza e influenza nelle sfere del potere. Cattaneo evidenzia il paradosso su cui, in età medievale, si è fondato il prestito a interesse di denaro, gestito in parte considerevole da ebrei: “i nostri avi”, impedendo agli israeliti gran parte delle professioni, “condannavano l’ebreo a vivere di usura e baratti; e poi lo maledicevano come usurajo e barattiere”. Ma, scriveva ancora Cattaneo, citando a conforto i luminosi esempi dei filosofi Baruch Spinoza e Moses Mendelssohn, del maestro incisore Samuele Jesi e di altri ebrei che si andavano distinguendo nelle scienze e nelle arti, “l’arte usuraia non è un affare di sangue, ma di educazione e di posizione; e gli ebrei sono capaci d’altri generi di bene e d’altri generi di male”. L’eccezionale contributo ebraico alla cultura occidentale nel XIX e nel XX secolo ha ampiamente comprovato la tesi di Cattaneo. Gli odierni boicottatori di Israele, governativi ed extraistituzionali, ne devono tenere in conto: il boicottaggio fondato su preconcetti ideologici, come già quello originato da pregiudizi religiosi, non solo è eticamente riprovevole, ma anche può ritorcersi economicamente contro coloro che lo mettono in atto.