"Quando il nostro mondo ha smesso di essere cristiano". Il libro di Cuchet
"Il Concilio II ha innescato la fine del cattolicesimo in Francia"
Roma. E’ la risposta al Paul Veyne di Quando l’Europa è diventata cristiana. Guillaume Cuchet, docente di Storia contemporanea all’Università di Parigi, questa settimana ha pubblicato un saggio che già dal titolo dice tutto: Quando il nostro mondo ha smesso di essere cristiano, uscito per le edizioni Seuil. Se Veyne fa risalire la nascita dell’Europa cristiana alla conversione di Costantino, Cuchet quando colloca la sua dipartita? In che modo il cattolicesimo francese divenne così rapidamente una religione minoritaria, con un calo nella pratica domenicale di quasi un terzo tra il 1955 e il 1975? La domanda non è nuova. E per più di trent’anni sono state proposte due tipi di risposte: per alcuni, come Michel Onfray, è tutta colpa del Sessantotto; per altri, è tutta colpa dell’enciclica Humanae vitae che, denunciando la contraccezione, avrebbe scoraggiato una generazione di credenti.
Cuchet è andato a studiare l’abbandono del cattolicesimo in Francia, ne ha misurato l’entità, arrivando alla conclusione che questa rottura si è verificata esattamente soltanto dopo il Concilio Vaticano II nel 1965. Quindi, prima del Sessantotto. Ma Cuchet non è un tradizionalista, inserisce piuttosto il Concilio proprio nel solco del Sessantotto e lo spirito del tempo.
“Il Concilio non ha provocato la rottura, che avrebbe comunque avuto luogo, ma l’ha innescata, conferendole un’intensità senza precedenti”. Cuchet è d’accordo con la tesi di un’altra studiosa, Danièle Hervieu-Léger, che nel libro Cattolicesimo. La fine di un mondo, ha parlato di exculturation, esculturazione, la definitiva estromissione del cattolicesimo dalla cultura laica dominante, mentre Emmanuel Todd li ha chiamati “cattolici zombi”.
Non c’è più nemmeno partita. Lo si vede oggi dal numero di sacerdoti e dalle proiezioni future. La Croix ha scritto che “le diocesi francesi perderanno in media un quarto dei preti attivi entro il 2024”. A Nantes, i sacerdoti diminuiranno della metà, da 148 a 75, e a La Rochelle da 104 a 45. Molte diocesi rischiano di essere cancellate dalla mappa della Francia. “Al ritmo attuale, tra dieci anni non ci saranno più di 80 preti diocesani contro i 180 attuali”, predice il vicario generale della diocesi di Tolosa, Hervé Gaignard.
Nel 2015 sono stati ordinati 120 sacerdoti. Nel 2016, solo cento sacerdoti e non soltanto un quarto di essi è tradizionalista, ma una quarantina sono vocazioni “tardive”, dalla società civile e non più dai seminari, da cui ne sono usciti soltanto 83 in tutta la Francia. Durante la notte di Pasqua del 2016, momento per eccellenza per i battesimi, appena 1.158 adolescenti sono stati battezzati nei quattro angoli della Francia. Furono 1.184 nel 2014 e 1.463 nel 2013. Il declino è inesorabile. I battesimi totali sono passati da 385 mila nel 2002 a 290 mila dieci anni dopo. Tra il 1986 e il 2012, la percentuale di cattolici nel paese è diminuita di 25 punti, mentre la quota di “altre religioni” è progredita in modo significativo, passando dal 3,5 nel 1986 all’11 per cento di oggi. Questa evoluzione è spiegata principalmente dal rafforzamento dell’islam.
Negli anni si è rafforzato il cattolicesimo identitario, ben descritto da Jérôme Fourquet nel suo nuovo libro “Alla destra di Dio”. Ma il tessuto collettivo francese è in via definitiva di scristianizzazione. Nel 2016, c’erano poco meno di 16 mila sacerdoti in Francia. Ogni anno sono circa ottocento le morti naturali nel clero. Data la tendenza quasi inevitabile, la Francia avrà appena seimila sacerdoti in dieci anni. Erano 50 mila nel 1970. E’ la Francia figlia prediletta della laicità e dell’islam.