A Milano va in scena Dürer, emblema dell'apertura verso l'Europa
Il padre del Rinascimento tedesco in mostra a Palazzo Reale fu anche un lungimirante imprenditore, precursore del marketing nell’arte e ottenne il primo copyright della storia
È una ragazza veneziana elegante e sensuale quella del dipinto scelto per rappresentare la mostra a Palazzo Reale di Milano “Dürer e il Rinascimento”, un ritratto che condensa perfettamente l’arte tedesca e le influenze delle mode pittoriche di Venezia. I ricci illuminati da finissimi riflessi, raccolti in un’elaborata acconciatura, sono tipici dello stile di Albrecht Dürer, pittore vissuto a Norimberga tra il 1471 e 1528, e considerato padre del Rinascimento tedesco. L’eleganza della giovane donna attenua però la severità dei lavori precedenti dell’artista e mostra il chiaro influsso della moda artistica veneziana. Proprio a Venezia infatti Dürer dipinse il “Ritratto di giovane veneziana”, città in cui il pittore soggiornò per studiare i maestri dell’arte italiana.
La mostra di Palazzo Reale, che raccoglie 130 opere, più della metà delle quali di Dürer, provenienti da una cinquantina di prestigiose istituzioni museali internazionali, ha infatti come obiettivo quello di mostrare i molteplici rapporti culturali e artistici che intercorrevano tra la Germania meridionale e il Nord Italia, a cavallo tra Quattrocento e Cinquecento. Attraverso le sei sezioni in cui è strutturata l’esposizione, gli spettatori sono guidati alla scoperta dell’arte di Dürer in un continuo raffronto tra i suoi contemporanei tedeschi (Lucas Cranach, Albrecht Altdorfer, Baldung Grien, Hans Burgkmair, Wolf Huber) e i grandi autori padani, veneti ed emiliani (Mantegna, Bellini, Giorgione, Lotto, Tiziano, Solario).
L’influenza di Bellini su Dürer è evidente nella vivacità dei colori e nell’attenzione ai dettagli, ma il confronto più immediato è con Leonardo Da Vinci. Come il genio toscano, Dürer non fu un semplice pittore, ma anche incisore, disegnatore e matematico. L’artista tedesco, anche grazie all’aiuto dei suoi amici umanisti, seppe esprimere nei suoi scritti e nelle sue opere un nuovo concetto dell’arte, basato sull’imitazione della natura e sul massimo realismo, secondo un approccio rigoroso e scientifico tipicamente leonardesco. Elaborò dei trattati, esposti a Palazzo Reale in versione originale, sulla geometria, l’architettura, lo studio della prospettiva e delle proporzioni del corpo umano. Gli acquerelli e le incisioni sulla natura mostrano il contributo degli artisti italiani sulla resa da parte di Dürer del paesaggio: anche nelle composizioni di grande formato, l’artista si concentra sui particolari, abbracciando nello stesso tempo il grande e il piccolo, il vicino e il lontano, il soggetto vero e proprio e tutto ciò che gli sta intorno. Così, con Leonardo e Dürer, gli animali e le piante escono dai canoni schematici dell’arte medievale e le foglie, gli insetti, gli animali acquistano tanta vividezza e precisione nell’iconografia da sembrare quasi fotografie.
Anche l’individualità umana acquista un ruolo centrale grazie alla ritrattistica, che in quel periodo storico divenne sempre più popolare e diversificata. I ritratti di Dürer mostrano una notevole capacità di approfondimento psicologico e confermano l’abilità dell’artista nella resa dei dettagli. Fra le sue opere più celebri, anche “Autoritratto con pelliccia” in cui l’artista, raffigurato frontalmente e con i capelli sciolti sulle spalle, ricorda immediatamente l’iconografia tradizionale di Cristo. L’artista precisò che con quella somiglianza voleva dimostrare come tutti gli uomini fossero stati creati ad immagine di Dio, ma secondo alcuni critici si voleva sottintendere il messaggio: “Se sono in grado di dipingere me stesso a somiglianza del figlio di Dio, figuratevi cosa posso fare per voi!”. Dürer fu infatti anche un lungimirante imprenditore adottando le prime tecniche di marketing nell’arte: studiava il mercato per anticiparne le richieste. Quando si rese conto che le sue stampe piacevano al grande pubblico ed erano facilmente riproducibili, cominciò a produrre opere d’arte in serie come pregiati oggetti di arredo per le case dei ricchi borghesi.
Dürer era inoltre talmente preoccupato dal rischio di falsi da creare, di fatto, il primo marchio di fabbrica: apponeva un monogramma (una D incastrata in una A) ad ogni sua opera e ottenne il primo copyright su speciale concessione dell’imperatore Massimiliano.
Oltre alla riproduzione di soggetti laici, naturalistici e architettonici, Dürer realizzò i celebri quindici fogli dell’Apocalisse e della Grande Passione con la tecnica della xilografia, da cui emergono elementi della discussione religiosa e spirituale dei suoi tempi. L’incisione più famosa è “La Melancolia”, che si contraddistingue, come le altre incisione di Dürer, dai contemporanei per l’approccio iconografico innovativo e il nuovo rapporto tra testi sacri e immagini.
L’ultima sezione della mostra è dedicata all’interesse dilagante nella Germania meridionale per l’arte antica, appreso dall’Italia, e dalle opposte correnti del classicismo e anticlassicismo.
Il maestro tedesco rappresenta quindi l’esempio emblematico di un momento culturale di massima apertura verso l’Europa, caratterizzato dal dinamico fluire di idee filosofiche e cambi di paradigma attraverso il superamento di barriere iconografiche e geografiche.