Pettinare la letteratura
Affondo di Lionel Shriver: “La dittatura dei virtuosi pol corr ha reso noi scrittori atterriti e omogenei”
Roma. Sono avvisati gli scrittori trendy come Nick Hornby, che da oggi non potranno più esclamare: “Fanculo i senzatetto!”. Lo spiega in un lungo saggio di copertina per la rivista inglese Prospect la scrittrice Lionel Shriver. La tesi è drammatica: la letteratura contemporanea sta morendo, ridotta a uno di quegli “spazi sicuri” che spuntano come funghi nei campus americani, “bolle in cui nascondersi dalle idee e dalle parole”. The end of fiction. E’ la fine del romanzo, scandisce Shriver. Gli editori ora assumono “lettori sensibili” per “pettinare i manoscritti”. “E’ impossibile valutare il grado di censura politicamente corretta in atto dietro le quinte di case editrici e agenzie letterarie” denuncia Shriver. “Gli autori sono lasciati con sospetti inquieti sul motivo per cui i loro manoscritti potrebbero non attirare, ma senza prove concrete. Altrettanto impossibile valutare l’estensione dell’autocensura collettiva degli autori. Piuttosto che entrare in punta di piedi in questo campo minato, molti scrittori devono stare al sicuro con personaggi, argomenti e trame che non li metteranno nei guai”.
Shriver fa un esempio personale. “Alla fine del 2016 mi sono permessa di inserire un personaggio nero in una storia breve. Jaconda, la fidanzata seducente di un giovane ladro bianco. Il mio agente mi ha avvertito delle scarse prospettive. Così mi ha invitato a rivedere la storia usando una ragazza bianca. Ho mantenuto la mia posizione. La storia è stata rifiutata. Perché? Non lo sapremo mai”. Alla conferenza degli scrittori di Sewanee del 2016, diversi autori hanno accusato Allen Wier di “microaggressione” perché in un suo romanzo tre vecchi in un campo da baseball osservavano, un po’ troppo lubrichi, una giovane donna. Il Minnesota ha appena ritirato dalle scuole due classici americani, entrambi feroci critiche del razzismo, “Le avventure di Huckleberry Finn” di Mark Twain e Harper Lee con “To Kill a Mockingbird”, perché potrebbero far sentire gli studenti “umiliati ed emarginati”. Decine di libri per bambini sono edulcorati da editor ed editori al fine di renderli ideologicamente accettabili. “Qualsiasi scrittore di narrativa che voglia mettere sotto sforzo la pazienza del lettore con pronomi neutri al gender è benvenuto, ma temo il giorno in cui i congegni artificiali come ze e zir diventeranno ideologicamente obbligatori” scrive Shriver. Nel 2014, la casa editrice Black Lawrence Press ha censurato un romanzo da un’antologia perché l’autrice, Elizabeth Ellen, aveva pubblicato un saggio con il quale gli editori non erano d’accordo. “Gli editori ora devono approvare tutto ciò che hai scritto per pubblicare il tuo lavoro? Nell’attuale clima politico polarizzato, è pericoloso che gli scrittori parlino di argomenti controversi, per non alienare una parte dei lettori e per non essere banditi dalle riviste. Sostenere i diritti dei bianchi etero è meno di moda che attaccare i fumatori”.
Siamo “ossessionati dalla virtù”, come la chiama Shriver, e ci aspetta una letteratura “timida, omogenea, deprimente”. Quando il Pen diede a Charlie Hebdo un premio per la libertà di espressione, protestarono più di duecento autori americani. “Il diritto dei musulmani ‘di non essere offesi’ era più importante della libertà di parola” scrive Shriver. La scrittrice canadese Margaret Atwood è stata tacciata di essere una “cattiva femminista” per aver criticato #MeToo. Jonathan Franzen, uno dei più importanti scrittori contemporanei, ha detto che non scriverebbe mai un romanzo sugli afroamericani perché “non ho molti amici neri” e “non sono mai stato innamorato di una donna nera”. Apriti cielo, è stato linciato. Il classico francese “Babar l’elefante” è stato ritirato da una biblioteca dell’East Sussex per i suoi “stereotipi razzisti”. Nel libro “Réparer le monde”, lo studioso francese di letteratura Alexandre Gefen spiega che “ammorbidire le imperfezioni del mondo” è l’approccio dei romanzieri contemporanei, a rischio di “cancellare i confini tra letteratura, terapia personale e ingegneria sociale”. In Unione sovietica erano chiamati così gli scrittori: “Ingegneri delle anime”. I custodi del “realismo socialista”.