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Cinico e perfido è il McInerney che firma i biscotti della fortuna americani

Mariarosa Mancuso

Tra Le mille luci di New York brillano anche i ristoranti cinesi. “Mi hanno raccomandato solo di evitare riferimenti ai barboni”

Tra Le mille luci di New York – copyright l’editore italiano che decise di ribattezzare così il romanzo di Jay McInerney Bright Lights, Big City – brillano anche i ristoranti cinesi. Andanti come lo sono stati per decenni, o scicchettosi come “Hakkasan”, nel menu anatra laccata alla pechinese corretta al caviale beluga. Visto il livello, alla fine non arriva il dozzinale biscotto della fortuna con la scritta (roba del tipo “Un sorriso è il miglior passaporto per i cuori altrui”). Bensì un “macartune”, incrocio tra un macaron – gli amaretti francesi tornati di moda grazie al film “Marie Antoinette” di Sofia Coppola – e di un fortune cookie. Resta la strisciolina con la frase, ma d’autore. Pensa e ripensa, hanno chiesto di scriverle a Jay McInerney.

 

Sono 88, ciniche come esige la scelta clientela newyorchese e internazionale. “Sarai citato in un tweet di Donald Trump”, ha letto sul suo bigliettino la signora McInerney (nome da ragazza Hearst, nipote di Randolph Hearst che fece da modello a Orson Welles per “Quarto potere”, sorella di Patricia che diventò terrorista simbionese). Un’altra invitata ha letto “Uber” sulla strisciolina di carta, e l’hanno quasi dovuta rianimare, è gente con l’autista che aspetta fuori. “Non sei stata fortunata, puoi riprovare con il botulino”, recitava un altro biglietto. I macartune sono stati distribuiti in occasione del capodanno cinese, i clienti sembra l’abbiano presa bene. Il romanziere, che a differenza dei nostri non si prende sul serio – in Italia sarebbe scoppiato il dibattito tra collaborazionisti e isolazionisti, ci si sporca le mani con il mercato oppure no? – ha commentato “mi sto esercitando nella forma breve” (intanto ha scritto per Amazon la serie “Brightness Falls”, dalla sua trilogia che inizia con “Si spengono le luci”).

 

Mentre uno si affanna a misurare la distanza che passa tra i Baci Perugina con i cartigli amorosi presi dalle canzoni di Emma Marrone (prima di lei c’erano stati Fedez e Laura Pausini) e i macartune firmati Jay McInerney, appare sul New Yorker un articolo intitolato “Pithy”. Vuol dire “conciso” e racconta una visita di Jay McInerney alla “Wonton Foods” di Bushwick, la più grande fabbrica americana di fortune cookie (ne produce cinque milioni al giorno). Considerata la scarsa simpatia che lo scrittore nutre per Brooklyn – “Odio la repubblica popolare di Park Slope. Passeggini e cooperative alimentari e criticoni moralisti di Manhattan” – all’inizio abbiamo pensato a uno scherzo, o a un pezzo satirico.

 

Invece i nomi corrispondono, e neanche il reporter sembra della categoria che inventano le cose, o ci ricamano sopra. Pare che Jay McInerney sia stato ricevuto da James Wong, consulente della ditta con il compito di scrivere le frasette. Lo fa da quando Donald Lau, il direttore finanziario che se ne occupava – supponiamo nel tempo libero – disse “sono stufo”. “Ne dovrei scrivere un certo numero ogni giorno” – ha confessato Mr Wong – ma non ci riesco”.

 

“Temo di essere un po’ troppo cinico per voi” ha messo le mani avanti Jay McInerney, aggiungendo: “I committenti di Hakkasan mi hanno raccomandato soltanto di evitare riferimenti ai barboni”. Non se ne è fatto niente, ma ora sappiamo le cose da evitare, ci dovessero affidare l’incarico. Vanno bene i proverbi e vanno bene i consigli, ma guai a dire “incontrerai un uomo alto e bruno” o “vincerai la lotteria”. Giura Mr Wong che i clienti, se poi non succede, scrivono lettere di protesta.

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