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I nuovi transfughi

Giulio Meotti

In Germania la destra intellettuale è piena di gente della sinistra e della ex Ddr. La svolta sull’islam

Roma. Caroline Sommerfeld ha militato per una vita a sinistra, ha sposato un guru della linke intellettuale, Helmut Lethen, ci ha fatto tre figli ed è diventata la “nuova icona” culturale della destra, come la definisce lo Spiegel. A questa strana coppia dedica un ritratto il New York Times. “Quando lei dice identità, lui sente esclusione. Quando lui dice diversità, lei sente islamizzazione. Lui la accusa di aver dimenticato la storia. Lei lo accusa di essere ossessionato dalla storia”. Il loro matrimonio è il laboratorio di un grande passaggio culturale di consegne in Germania. Perché, e non soltanto anagraficamente, Lethen è quello che rincorre nella coppia. “E’ la prima volta nella nostra storia che abbiamo accolto lo straniero in questo modo”, disse Lethen nel 2014 sulla politica delle porte aperte di Angela Merkel. Per Sommerfeld fu il momento della conversione e delle bordate a quello che chiamerà Ethnomasochismus. “Ho visto tutti correre, improvvisamente, i tedeschi e gli austriaci che potevano finalmente essere i bravi ragazzi della storia, l’ho trovato disgustoso”. E ci ha appena scritto un bestseller, “Vivere con la sinistra”, mentre il marito Lethen dava alle stampe un volume acclamato dalla critica sull’élite culturale che cede ai nazisti (una tiratina di orecchie alla destra abbracciata dalla moglie?).

   

“Ci siamo identificati con i vietcong, abbiamo ascoltato i ritmi africani, abbiamo accolto altre culture”, scrive Caroline Sommerfeld. “Non ci è mai venuto in mente che questi stranieri potessero avere certi valori incompatibili con i nostri”. Lei è figlia dei fondatori dei Verdi nello Schleswig-Holstein. “All’epoca, come molti giovani, ero preoccupata da come realizzare una società senza classi o se la Ddr fosse migliore”. La vicenda illumina un paradosso non da poco: quasi tutti i riferimenti intellettuali della nuova destra tedesca, la neue rechte, vengono dalla sinistra.

  

Secondo la Neue Zürcher Zeitung, questa nuova destra di “conservatori ribelli” è composta da uno strano mix di sessantottini della Germania occidentale e di figli del 1989 orientale. Tutti di sinistra, come l’ex attivista dei diritti civili della Ddr Vera Lengsfeld e la scrittrice Monika Maron. Lengsfeld è segnata dalla dittatura comunista, il padre nella Stasi, lei pacifista nella Ddr, poi spiata dal marito. Maron è figlia di quel Karl Maron che fu ministro dell’Interno della Germania orientale. Ed entrambe, Lengsfeld e Maron, hanno firmato la “Dichiarazione 2018” contro l’immigrazione. O come il professor Jörg Baberowski, preside della Facoltà di filosofia della Humboldt University, che proviene da una famiglia di sinistra e ha un passato fra i comunisti. Dal 2015 ha iniziato a criticare la politica sull’immigrazione di Merkel, si definisce un “conservatore di sinistra” e le sue lezioni, come all’Università di Brema, si devono spesso svolgere sotto la protezione della polizia.

   

Qualche settimana fa lo scrittore Rüdiger Safranski, il biografo dei grandi filosofi, ha detto allo Spiegel che l’immigrazione di massa islamica “sarà la sfida decisiva dei prossimi anni”. E si è chiesto se la società liberale possa essere davvero “preservata”. Safranski vede nell’“islam politico” una minaccia. Non si tratta “del singolo musulmano che segue la propria fede”, ha detto allo Spiegel. “L’islam politico è ostile al nostro modo di vivere”. “Il chiacchiericcio inflazionistico sulla xenofobia e l’islamofobia deve fermarsi”, ha detto Safranski. “Maggiore è l’afflusso, minore è la possibilità di integrazione”.

  

La Zeit questa settimana dedica uno speciale al dominio della destra intellettuale. “Raramente gli intellettuali di destra sono stati potenti come lo sono oggi. Ciò è dovuto anche al silenzio della sinistra”. Rolf Sieferle, l’autore suicida di “Finis Germania”, proveniva dagli studenti socialisti, era consulente del governo sul cambiamento climatico, autore della relazione sulla “politica energetica del futuro” per il Bundestag e studioso di Karl Marx. Thilo Sarrazin, che dieci anni fa aprì le danze contro l’immigrazione con il libro “La Germania si distrugge da sola”, è un ex ministro delle Finanze socialdemocratico. “Dove sono gli studenti di Jürgen Habermas?” si chiede la Zeit.

  

I nomi di peso si sono spostati a destra. Come il poeta e scrittore Hans Magnus Enzensberger, riferimento dei sessantottini e oggi nemico della “grande immigrazione”. Come lo scrittore ed editore Frank Böckelmann, il compagno di Rudi Dutschke e che ora, da direttore della rivista Tumult, denuncia la “distruzione del consenso”. Come il filosofo Peter Sloterdijk, critico dell’“oblio dei confini”, o il romanziere Reinhard Jirgl, cresciuto a Berlino est, anche lui insofferente alle porte aperte e che ora ha scelto di scrivere “per il cassetto”. E’ il paradosso di una classe di intellettuali tacciata oggi di “razzismo” e “xenofobia” ma che, nel proprio pedigree, aveva coltivato il sogno della giustizia sociale. E se nell’est tedesco e nell’anima di una parte della sinistra lo choc culturale e di civiltà, la vampata di secolarizzazione e desolazione sociale, avesse riacceso passioni identitarie che i compagni di partito pensavano di aver definitivamente sopito in nome della lotta di classe?

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.