Neil Simon ha rinunciato all'Oscar pur di farci ridere
Il duro lavoro degli scrittori comici che non vincono premi ma cambiano il cinema
Riempiva i teatri a Broadway, vinse un premio Pulitzer e tre Tony Award, più un premio Mark Twain. Le quattro candidature all’Oscar non fruttarono a Neil Simon neppure una statuetta. È la triste sorte degli scrittori comici, a cui bisognerebbe dare medaglie su medaglie, apprezzando la fatica e l’impegno indispensabili per far ridere. Invece le medaglie vanno a chi la butta sul drammatico e strappa la lacrima.
Nel 1967, dopo oltre 1.500 repliche in cinque anni, “A piedi nudi nel parco” di Neil Simon diventò un film con Jane Fonda e Robert Redford (giovanissimo, aveva già il ruolo a teatro). Più o meno nello stesso periodo, andava in scena “Chi ha paura di Virginia Woolf?” di Edward Albee – diventerà nel 1966 un film con Richard Burton e Elizabeth Taylor. I critici prendevano sul serio i litigi alcolici tra il professore universitario e la consorte, e molto meno sul serio i primi screzi tra gli sposini nell’appartamento del Greenwich Village, quinto piano senza ascensore.
Mai la frase “piangerò tutto il tempo andando verso la banca” è stata più azzeccata. Una quarantina di testi rappresentati a Broadway, anche in contemporanea, e una ventina di film (adattamenti dalle opere teatrali e no) ebbero magici effetti sul tenore di vita del giovanotto ebreo venuto dal Bronx. Lì era nato nel 1927, figlio di un commesso viaggiatore che negli anni dopo la Grande depressione certo non se la passava benissimo, abiti se ne vendevano pochini.
Neil Simon aveva cominciato a scrivere per la televisione, fornitore di battute come Woody Allen ai suoi inizi. Quando si stancò degli sketch, decise di passare al teatro. Mai la parola “ispirazione” è comparsa, finora, e mai sarà spesa per il re della commedia. Lavoro e duro lavoro, alla maniera di Philip Roth: “Scrivo una frase e la giro, scrivo un’altra frase e la giro. Dopo pranzo le rileggo, cancello e ricomincio da capo” (puntiglio e sudore non hanno impedito né all’uno né all’altro la generosità verso i lettori e gli spettatori: non sono tipi che lasciano al mondo una raccolta di quindici haiku).
L’attore che in “Brighton Beach Memoirs” ebbe la parte del timido ragazzino del Bronx si chiamava Matthew Broderick. Da giovane – è lui a raccontarlo – era convinto che “Neil Simon” fosse una fabbrica: da lì le commedie arrivavano a Broadway impacchettate e pronte per andare in scena. Niente crisi da pagina bianca, di cui Neil Simon pure soffriva, come racconta nelle sue memorie. Usciva dai momentacci collaborando con i registi – Mike Nichols prima di tutti, e anche Bob Fosse.
Dalla fabbrica (sporca e disordinata, ma come diceva Louis-Ferdinand Céline: “Io son qui alla sala macchine che spalo carbone, il lettore lassù in coperta deve godersi il viaggio”) sono usciti personaggi come Oscar e Felix. “La strana coppia”: il triste separato Felix con ossessioni casalinghe, e il pokerista divorziato felice che lo ospita in casa. Felix cucina con il grembiule, e quando Oscar lancia una zuppiera piena contro la parete, al grido di “ecco cosa me ne faccio dei tuoi spaghetti”, scoppia in una risata isterica: “Non sono spaghetti, sono linguine” (erano gli anni Settanta, gli americani distinguevano a malapena gli spaghetti dai maccheroni).
Felix al cinema era Jack Lemmon (di fronte a Oscar-Walter Matthau). Avrà altri due ruoli strepitosi, li si direbbe scritti da Neil Simon su misura per lui. In “Un provinciale a New York” va in città per un colloquio di lavoro e gliene succedono di tutti i colori: aereo in ritardo, prenotazione scaduta. rapina. In “Il prigioniero della seconda strada” – accanto a Anne Bancroft di “Il laureato” (diretto proprio da Mike Nichols che dopo il teatro si era dato al cinema) perde il lavoro e impazzisce in una calda estate newyorchese. Nathan Lane – l’attore di “Piume di struzzo”, remake americano del “Vizietto” – si fece cacciare dall’esame di ammissione alla Nyu per via dell’audace paragone: “Samuel Beckett e Neil Simon parlano tutti e due di persone infelici. Solo che lo fanno in maniera diversa”.