Il primo esperimento italiano di endowment è quello di San Patrignano al MAXXI
Una mostra a Roma con donazioni di artisti e collezionisti, sul modello inventato dalle università americane
"BVSS", Vanessa Beecroft
Sandro Chia, "Figura galante"
Enzo Cucchi, "Per le Marche sul mare"
Alessandro Busci, "San Siro rosso"
Martin Agnes "Untitled"
Ci sono i musei che parlano della droga, ma ci sono anche le esposizioni che parlano del recupero dalla droga. Una in particolare, “La collezione San Patrignano. WORK IN PROGRESS”, a Roma dal 26 settembre al 7 ottobre, seconda tappa di una mostra itinerante aperta gratuitamente al pubblico e che è iniziata a marzo alla Triennale di Milano. Nel 2019 approderà come sua destinazione finale e definitiva al Museo di Rimini. Sono 40 opere di artisti contemporanei donate man mano da collezionisti, gallerie e dagli artisti stessi alla comunità di recupero, creata da Vincenzo Muccioli nel 40esimo anno dalla sua fondazione. Tra di essi il ritratto di Muccioli di Yan Pei Ming, un olio di Agnes Martin, uno smalto di Julian Schnabel, un autoritratto di Pistoletto e artisti molto giovani, come Davide Monaldi, Pietro Ruffo, Gianni Politi. Alcuni lavori sono stati fatti assieme agli stessi ragazzi di San Patrignano: da un lavoro in gesso di Vanessa Beecroft a uno in lamina di Alessandro Busci.
Ma oltre al recupero dalla droga e all’arte, in questo evento c’è di mezzo anche il primo esperimento italiano di endowment, una realtà da noi talmente pionieristica che nella nostra lingua non c’è neanche una parola per indicarla, e dobbiamo prenderla in prestito dall’inglese. Non è una fondazione, ma una specie di fondo di investimento che le università statunitensi hanno inventato per autofinanziarsi. È un patrimonio che si valorizza e che, in caso di bisogno, può essere parzialmente alienato.
Se finora non avevamo gli endowments, i compenso in Italia abbiamo in San Patrignano la comunità di recupero più grande del mondo. Dalla fondazione a oggi ha accolto oltre 26.000 persone e attualmente sono 1.300. Dal 1997 San Patrignano è riconosciuta dall’Onu come ong con stato consultivo in materia di droghe e di problematiche sociali. Secondo studi delle Università di Bologna, Urbino e Pavia la proporzione di persone totalmente recuperate dopo aver completato il suo percorso supera il 72 per cento e la Comunità non accetta rette o contributi economici dalle famiglie e dallo stato, a eccezione di quelle percepite per i minori. È una scelta che permette allo stato di risparmiare circa 30 milioni di euro l’anno, e che per ora è finanziata per il 65 per cento dalle attività e dai beni e servizi prodotti nella comunità stessa, secondo il principio dell’autogestione, da eventi, progetti di raccolta fondi, di finanza sociale e donazioni.
San Patrignano si trova sui colli riminesi e, come ha ricordato il sindaco Andrea Gnassi alla presentazione del MAXXI, “Rimini è una capitale del turismo in cui sono stati almeno una volta in vacanza due italiani su tre”, oltre a una città ricche di storia, a partire da quella romana. Come ha ricordato sempre Gnassi, “via del Corso in realtà non è che l’inizio di quella via Flaminia che porta appunto a Rimini, fino all’Arco di Augusto”. Insomma, l’endowment è uno strumento americano che in questo caso verrebbe coniugato a due asset tipicamente italiani come l’arte e il turismo. Come ha spiegato alla presentazione al MAXXI Clarice Pecori Giraldi, responsabile del coordinamento culturale della collezione, “l'obiettivo è avere un tesoro per poter rendere San Patrignano sostenibile, quest'anno sono 40 anni di fondazione, vogliamo poterne assicurare almeno altri 40”.