Fabio Calenda racconta la sua catarsi alla riunione di autocoscienza dei truffati
La presentazione di “I soldi sono tutto”, tra botox e sushi
Roma. Arrivi su, sul maestoso terrazzo dell’hotel Locarno, primaria location di aperitivi romani, e subito ti accorgi che c’è qualcosa di strano. Più che una presentazione di libro sembra una lussuosa riunione di condominio. “Sarà presente l’autore”, eccolo, è Fabio Calenda, economista, nonché papà dell’ex ministro Carlo, che discute del suo “I soldi sono tutto” (Mondadori), e gli spettatori sono tutti seduti su leggiadre poltroncine di ferro battuto. Il pubblico è sui sessant’anni, molti gessati, signore coiffées, moderate dosi di botox. La marchesa Patrizi sorseggia un Martini guardando verso il tramonto dorato. Tutti mi guardano tipo “ma chi è questo”. E’ molto strano come reading, un po’ perché Fabio Calenda, per anni collaboratore di Affari & Finanza, oltre che membro di fondamentali uffici studi bancari, è stato uno dei truffati del cosiddetto Madoff dei Parioli, uno dei casi che ha indignato la società civile romana di suo poco indignabile: un finanziere di nome Gianfranco Lande, poi condannato, aveva raccolto 170 milioni di euro a ricchi e ricchissimi romani, col classico sistema della catena di Sant’Antonio, garantendo altissimi interessi e intascandosi il capitale, servendosi delle connessioni giuste nell’alta società romana. La “lista Lande”, che comprendeva Carlo ed Enrico Vanzina e a scendere molti nomi romani, un migliaio, è stato un caso di cronaca importante del 2011. Ha turbato la borghesia romana almeno quanto il fallimento della palestra dei Parioli, la Roman Sport Center che scosse le coscienze quattro anni fa.
L’altra stranezza è che Calenda dialoga con la ex moglie, e cioè Cristina Comencini, regista e sceneggiatrice. Lui già all’attivo aveva due romanzi, il fantasy thriller archeologico “La porta del tempo” e “Rosso totale”. Adesso questo. I due discorrono amabilmente, sul terrazzo, mentre qui si è gli unici in piedi. “Non è solo un libro su una truffa finanziaria”, dice la Comencini. “E’ bella soprattutto la rinascita del protagonista”. Il protagonista, che parrebbe autobiografico, è tal Gianni Alecci, che come recita la quarta di copertina si trascina in una vita romana di noiosi agi, fisso nella sua mediocrità, finché non si imbatte in un sulfureo finanziere che gli dà ricchezza e soddisfazione, e accesso ai circoli giusti. Alecci soffre anche “il confronto con il primogenito, adorato dalla madre e precocemente affermato all’estero come investment banker, la cui sola esistenza sembra rinfacciargli la sua mediocrità”. L’arte che imita la vita? Calenda figlio comunque non c’è, neanche scrutando tra le varie poltroncine e i drink. Altri cortocircuiti. Salta su un altro lettore-truffato e dice: “Fabio, il libro è veramente bello, io di solito non leggo, ma questo mi ha tenuto inchiodato. Però, te lo posso dire? Quella scena hard di sesso non m’è andata giù”. La scena hard di sesso è tra il protagonista e una giovane francese, che si svolge sulle scale del monumento a Umberto I dentro villa Borghese. Calenda spiega: “Questo personaggio mi ricorda una ragazza francese per cui avevo avuto una cotta tanti anni fa”. La ex moglie: “Ah, ora salta fuori tutto!”. Risate (si è tra amici).
Poi è il momento delle domande del pubblico. Salta su Chicco Testa, che dice a Calenda: ma come, uno come te, tutta la vita nell’economia, si fa truffare così. Il libro, comunque, è bello. L’hai scritto per liberarti? E’ stato catartico?”. Chiede anche se ne faranno un film. Il pubblico applaude, una signora continua a guardarmi. L’autore dice che sì, è stato catartico, e che il film magari si facesse, lo chiedessero alla ex moglie. Lei però svicola, mette le mani avanti. “Beh, sì, se fosse un libro americano magari avrei comprato i diritti, però non so, è un momento complicato del mercato”, dice Comencini. E’ il momento di altri interventi, il pubblico vuole partecipare molto, al contrario di quanto accade normalmente nei tragici momenti “delle domande”.
Salta su una signora e racconta di essere una vicina di casa e anzi di pianerottolo del Calenda autore e vittima, e accusa coloro che nel momento del tracollo si son invece volatilizzati (vasto consenso sul terrazzo, applauso). Poi un signore barbuto elegante, doppiopetto grigio, dice “sono un avvocato, non posso scendere nel merito perché ho rappresentato molti dei truffati”. Poi finisce il reading, le copie tutte vendute, l’open bar ricomincia a sfornare Martini e parte un bel jazz. Ah, se tutte le presentazioni fossero così.
Tutti si salutano tipo rifugio a Cortina, è tutto un “ciao notaio!”, passano frequenti camerieri con: hamburgerini, sushi, gamberi in pasta filo. La signora mi guarda nuovamente malissimo perché ne prendo vari giri (sono affamato). Nel frattempo si sentono i discorsi. “Sai, devo tutto a X, mi ha chiamato quindici giorni prima che fosse arrestato, son riuscito a rientrare almeno di metà del capitale” (un signore con bicchiere di champagne). “Cosa vuoi, era il classico schema Ponzi”. “Y te la ricordi? Aveva dato cinque milioni, le davano ottomila euro al mese, era tutta contenta”. “Il tracollo si è avuto – dice un esperto – quando c’è stato lo scudo fiscale di Berlusconi, tutti han voluto far rientrare i capitali dall’estero, e il castello di carte è venuto giù”. La mia persecutrice a quel punto mi dice: “no ma prenda anche l’ultimo di hamburger! Le pare brutto lasciarlo?”, poi capisco che qui si conoscono tutti, l’estraneo desta scalpore.
E’ una riunione di autocoscienza dei truffati più che un reading. Giustamente l’estraneo dà fastidio, penseranno che sono un ospite dell’albergo sbafatore. Ma Lande che fine ha fatto? “E’ a Montecarlo naturalmente. Col complice. Con Montecarlo mica c’è l’estradizione” mi dice un signore in blazer. “C’era un clima di eccitazione” riflette una dama bionda ispirata. “Ci convocavano nel salone di un grande albergo, e ci avvertivano che la sera prima non avremmo dormito, e così naturalmente succedeva. Era un’epoca in cui tutti sembravano fare miliardi dalla mattina alla sera”. “Amore, sono sgomento”, risponde il suo cavaliere. Si percepisce comunque una sensazione di forte solidarietà. In fondo “con le banche è impossibile. Ti danno i centesimi”. “Era un vero professionista”. “Anche le autorità non hanno vigilato!”. “Carissima, come stai” dice un signore in cachemire a scollo V, beige; “l’ultima volta che ci siamo visti è stato in un’aula di tribunale”. Altro gruppetto appoggiato al bar: “quella portava i dalmata a villa Borghese col taxi ogni giorno con la sua percentuale”. “Venite a trovarmi? Sto a dieci minuti da Fasano!”. Tutti si danno appuntamento nel Salento per un ultimo sprazzo di estate. Per fortuna è arrivato il weekend.