Se ti self pubblichi poi vendi?
Indagine tra successi di mercato (e sogni rimasti nel server) su un fenomeno consolidato che non ha ancora cambiato l’editoria. Numeri e progetti. Amazon, Kindle e gli altri
Si citano sempre gli stessi nomi: E. L. James o Amanda Hocking (scrive paranormal romance e titoli young adult, roba da milioni di copie)
Detto anche questo, diamo retta a chi dice che ormai il self publishing è, più che una tendenza, una curva di mercato consolidata, che è sicuro quanto la pubblicazione tradizionale e dà le stesse garanzie di successo e soprattutto che non è più una pratica da sfigati, perché ormai lo fanno tutti, soprattutto quelli famosi, o lo hanno fatto in passato di nascosto, ma invece ora ne vanno orgogliosi. Poi però questi stessi guru del selfpub citano sempre gli stessi nomi: E. L. James o Amanda Hocking (scrive paranormal romance e titoli young adult, roba da milioni di copie, comunque). O al massimo fanno excursus nel passato per scoprire che anche Proust, Joyce e Beatrix Potter, dopo il millesimo rifiuto, pagarono per farsi pubblicare. Alcuni comunicati stampa di mezza estate invece parlavano di autopubblicazione come “fenomeno di massa in Italia”, con oltre 30 mila libri autoprodotti nel 2017, facendo riferimento al marchio che sempre più, da “semplice” distributore, ambisce trasformarsi in editore, ovvero Amazon. Chi conosce un po’ l’ambiente editoriale sa che Amazon non ama sfornare dati, ma stavolta qualche numero lo hanno estratto: autori ed editori indipendenti hanno guadagnato oltre 220 milioni di dollari di royalties solo dalla loro partecipazione al programma Kindle Unlimited, dicono, con il 95 per cento di editori e autori che rinnovano ogni mese l’adesione. Nel 2017, migliaia di autori indipendenti hanno guadagnato più di 50 mila dollari e oltre un migliaio hanno superato i 100.000 dollari di royalties. Parrebbe dunque che autopubblicarsi – nello specifico con il colosso mondiale della distribuzione libraria – sia davvero un affare, visto che i ritorni raggiungono queste cifre stellari. Ora si tratta solo di capire in che cosa consista questo “programma”.
Secondo Amazon autori ed editori indipendenti hanno guadagnato oltre 220 milioni di dollari con il programma Kindle Unlimited
Di certo si può dire che in Italia i self publisher di Amazon sono migliaia (di nuovo: addio, dati precisi) e di certo sono in crescita. Il “programma” piace parecchio e con Amazon ci pubblicano con gusto anche le scuole: nella media statale Ugo Foscolo di Torino, gli studenti scrivono libri digitali per i loro coetanei e la scuola è diventata editore. Vende su Amazon i libri degli alunni scrittori (sanno comporre una favola in venti minuti) e investe il ricavato nella biblioteca della scuola: due mesi fa i titoli della collana “Piccoli scrittori”, curata dalla prof Verena Lopes, erano già sette, compreso “Sii social”, un manuale per l’uso responsabile dei social media. Molti tra queste migliaia hanno fatto fortuna e possiamo fare anche qualche nome. Il primo è quello di Giulia Beyman, creatrice della serie mistery che ha per protagonista Nora Cooper e che è tra i fiori all’occhiello di Amazon come autore autopubblicato: nel 2015 si presentava al Salone del Libro di Torino e affermava di aver venduto più di Donna Tartt. Ma in che senso? Online o nel mondo reale? In un giorno o in tre anni? Con un titolo o con tutti i titoli insieme? Pirola risponde: “Ha avuto successo al punto che, quando abbiamo festeggiato i cinque anni di Kindle, tra i titoli più venduti uno di questi – su tutto lo store e nel confronto anche con gli editori tradizionali – era suo”. Non che sia molto più chiaro, ma insomma. L’ultimo caso è quello degli architetti e designer Diego Tarchini e consorte Maria Chiara Bertuzzi, che hanno pubblicato su Facebook a lungo una serie di vignette (la coppia è contraria a pubblicare foto della bimba online) sulle buffe performance della loro piccola Anna, detta Nina, tre anni e poi si sono decisi a farne un volumetto autopubblicato – “Nina perché?” - che è balzato al primo posto nella classifica dedicata ai fumetti per i più piccoli (nisba sui dati anche qui, al massimo si parla di “centinaia di copie”) e via con la partecipazione dei due “autori” a conferenze e incontri sull’opportunità della presenza di immagini dei minori in rete.
Altri nomi “di successo” sono Simon Sword (sua, pare, la fiaba più acquista su Amazon nel 2017, “La città degli aquiloni”), Riccardo Bruni (Amazon Publishing lo portò allo Strega nel 2016 con “La notte delle falene”, presentato da Giancarlo De Cataldo e Roberto Ippolito, destando qualche polemica, ma anche qui sembra impossibile avere dei dati precisi sulle copie vendute in ebook. L’anno dopo La nave di Teseo lo ha pubblicato in cartaceo) oppure Amabile Giusti, autrice sia Amazon Publishing che self (sempre con Amazon) che tradizionale (con Dalai e Mondadori) e pure sotto pseudonimo (l’insolito Amabile Giusti è il vero nome, lo pseudonimo è Virginia Dellamore).
Nel 2017, migliaia di autori indipendenti hanno guadagnato più di 50 mila dollari e oltre un migliaio hanno superato i 100.000 dollari
Nel 2014 Loredana De Michelis pubblicava online la propria storia con Amazon in un racconto dal titolo “Esperimento di autopubblicazione”, ancora disponibile online: “Ci vuole un Novembre buio affinché io mi decida a tentare di auto pubblicare un libro digitale su Amazon”, comincia la storia. “Si tratta di un manualetto introduttivo scritto come un’opera teatrale, che tratta un argomento di nicchia microscopica. Roba sperimentale insomma, ideale, secondo me, per fare una prova tranquilla che passerà sicuramente inosservata. Dopo la compilazione di decine di moduli su Kdp, risposte false a domande senza senso, e dopo avere fornito anche il nome della madre del criceto che avevo a sette anni, riesco finalmente a caricare il file con i complimenti di Amazon. Fisso il prezzo dell’ebook a 0,99 centesimi, perché ho letto un articolo scritto dal Guru del Guadagno su Internet che dice che è più facile vendere 10.000 libri a 0,99 che 1.000 a 9,99. In fin dei conti è in vendita anche su Amazon giapponese: metti che un magnate di laggiù decida di acquistare 5.000 copie di un ebook sugli occhiali a fori stenopeici, scritto in italiano. A detta degli autori che raccontano le loro esperienze sui forum, può sempre capitare”. E così via fino alle reazioni dei lettori, che non sempre seguono regole prevedibili: “Mi accorgo di una cosa nuova: si può cliccare su ‘recensione utile’ oppure ‘recensione inutile’ sotto ogni recensione, e qualcuno si è preso la briga di farlo, bollando come ‘non utili’ tutte le recensioni positive e accurate che ho. Mi sembra una cosa un po’ da beghini, ma scopro che questa è usanza abbastanza comune, specialmente tra le recensioni degli ebook autopubblicati”.
Alla media statale Ugo Foscolo di Torino gli studenti scrivono libri digitali per i loro coetanei. La scuola investe il ricavato nella biblioteca
Insomma, basta navigare mezz’ora per trovare di tutto: autori consacrati ad Amazon per la vita (anche quando vengono contattati dalle case editrici tradizionali, continuano a pubblicare autonomamente), perché magari hanno finalmente avuto successo “a modo loro” (uno dei primi autopubblicati di successo di Amazon in Italia aveva come copertina la foto della moglie dell’autore scattata durante le vacanze) e altri che non ne vogliono più sapere, a costo di condannarsi a un mestiere normale e abbandonare le ambizioni letterarie. Senza contare che negli ultimi anni anche gli editori vedono Amazon come un talent e pescano dal catalogo degli autopubblicati “di successo” per rimpolpare il proprio risparmiandosi l’improba fatica di leggere manoscritti incomprensibili. L’ultima parola, perciò, spetta al colosso di Jeff Bezos: la professionalità dell’editore, la sua capacità di selezione alla base, per voi prima o poi entrerà in gioco oppure no? “Gli editori fanno un lavoro coi guanti bianchi con autori. Gli autopubblicati sono manager di se stessi”. Prepariamoci, dunque: se fino a ieri fare lo scrittore era un secondo lavoro, ora diventa almeno il terzo o il quarto.