I gelsi di Leonardo
E’ quasi terminato il restauro della Sala delle Asse al Castello Sforzesco. Tour in anteprima
Se volete seguire le fasi del restauro della Sala delle Asse al Castello Sforzesco di Milano, iniziata da Leonardo da Vinci nel 1498 e per una volta non finita per colpa non sua ma d’altri – in questo caso arrivarono a Milano i francesi e nel meraviglioso ambiente trompe l’oeil, il primo di ispirazione naturalistica della storia occidentale, stesero una mano di scialbo e vi alloggiarono i cavalli, come successivamente fecero gli spagnoli e gli austriaci fino al primo e molto invasivo restauro ad opera di Ernesto Rusca su mandato di Luca Beltrami a fine Ottocento – potete collegarvi al sito dedicato.
Il completamento dell’ultima fascia recuperabile, ancora a monocromo in carboncino e in via di scoperta giorno dopo giorno, verrà infatti aperto al pubblico il 2 maggio del 2019. Noi del Foglio abbiamo avuto il privilegio di entrarvi in anticipo, grazie ai buoni uffici di Guglielmo Miani che sovrintende ai negozianti di via Montenapoleone. Dall’immensa fatica delle restauratrici, accucciate sulle impalcature con ablatori a ultrasuoni e bisturi, il volto nascosto dalle visiere con lenti di ingrandimento e torcia ormai dal 2013 (un lavoro usurante di cui i sindacati e in genere tutti i governi non si sono mai curati perché, afferendo alla cultura, la cura dei reperti viene ritenuta professione intellettuale che dunque si svolge per piacere personale), sta emergendo finalmente il progetto di Leonardo.
Per lacerti e tracce, s’intende, ma sufficienti a comprendere la decorazione di quella grande stanza quadrata al pianterreno della torrione di nord-est nella sua interezza: un berceau di sedici alberi di gelso, la pianta da cui Ludovico il Moro ricavava il proprio soprannome, non tanto per l’incarnato quanto per il lavoro di valorizzazione della produzione di seta, ricavata per l’appunto dal baco bombyx mori e di cui esiste tuttora una traccia in un documento conservato dalla famiglia del presidente onorario di Camera Nazionale della Moda, Mario Boselli: dal Rinascimento setaioli e tessitori.
La Sala delle Asse, per via delle assi fissate sui muri a rudimentale boiserie a scopo protettivo da umidità e freddo, o Sala dei Moroni come avrebbe dovuto chiamarsi dopo l’intervento di Leonardo (da bravo toscano, il “magistro” delle lettere che il cancelliere ducale Gualtiero da Bascapé invia a Ludovico, intendeva pittare la sala intera: fu Beltrami, che pure aveva scoperto la verità, a ripristinare le assi e ad apporvi una improvvida tappezzeria per offrire ai visitatori della Belle Epoque una leggibilità facile dell’ambiente) era costruita su una iconografia di stratificazioni rocciose e di rovine dalle quali si innalzavano per l’appunto gli alberi di gelso, ovvia celebrazione dell’operato del duca sul territorio, che avrebbe dovuto apparire sullo sfondo, fra un tronco e l’altro, nella prospettiva di prati e villaggi ubertosi. Il soffitto, come si sa e in parte si intuisce dopo la doppia ripittura di fine Ottocento e del 1956, è fittamente decorato da una decorazione a intrecci vegetali, con rami e bacche di gelso trattenuta da cordoni dorati. Il duca come Sileno, che protegge i suoi figli sotto le proprie fronde. Un gran peccato che dovette darsi alla fuga.