La coltre della società aperta
“Le alternative sono peggiori, ma l’ordine liberale è finito a causa del progressismo”. Parla John Waters
“Tutti abbiamo un interesse nel futuro del liberalismo e anche quelli di noi che non sono troppo entusiasti delle sue misericordie sono tenuti a moderare il proprio entusiasmo per la sua scomparsa”. John Waters dovrebbe essere l’ultimo a lamentarsi della “crisi del liberalismo”, di cui non si fa che parlare da ormai un paio di anni. La carriera nel giornalismo di Waters, rappresentante e nemesi del ceto culturale anglosassone, è durata più di trent’anni, prima di abbandonare quello che secondo lui era diventato un “cesso ideologico”. Adesso Waters racconta quella crisi nel libro Give Us Back the Bad Roads in uscita il mese prossimo.
“Molte persone, compresi quelli che si definiscono ‘conservatori’, sembrano essere preoccupate per il futuro del liberalismo” dice Waters al Foglio. “Sotto l’assalto di Trump, della Brexit, del populismo su scala europea e di Jordan Peterson (psicologo conservatore, ndr), possiamo essere certi che la ‘società aperta’ continuerà? Ma è una discussione finta. Ciò che in questo caso si chiama ‘liberalismo’ non è affatto il liberalismo, ma l’esatto opposto, non assomiglia a nessuna delle definizioni classiche del liberalismo o anche alle definizioni più consensuali. È un liberalismo solo di nome e non offre alcuna garanzia di una ‘società aperta’. E’ fasullo. Per trent’anni l’ho definito ‘pseudo-liberalismo’. Se morirà, sarà causa di festa, non di sgomento. Questo pseudo-liberalismo è fondato su una bugia - diverse menzogne, in realtà, ma una in particolare: l’idea che la libertà risieda nell’ottenere qualunque cosa si richieda. Ci sono biblioteche di filosofia e teologia su questi argomenti, ma nelle conversazioni collettive contemporanee è come se non una parola su questo fosse rilevante o ragionevole. La generazione degli anni Sessanta, che ha introdotto questi concetti per via endovenosa nel sangue delle società moderne, non è stata onesta sulla propria esperienza di queste libertà, che in realtà hanno lasciato dietro di sé una scia di devastazione, nascosta sotto una coltre di cattiva sociologia”.
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Il risultato è una chiusura ermetica del dibattito sul liberalismo, con la guerra civile fredda fra liberali e populisti. “Per mezzo secolo ha dominato le culture delle società occidentali, facendo rotolare su tutto e tutti con l’aiuto del denaro e della propaganda le sue incoerenze protette dal controllo dei media e del politicamente corretto. I sedicenti liberali hanno innalzato l’idealismo dei giovani a un progetto che ha l’apparenza esteriore della virtù, ma che più in profondità è marcio fino al midollo. Questo pseudo-liberalismo cerca di rovesciare il sistema di valori e civiltà che un tempo era la cristianità, attaccando le sue istituzioni, deridendole e censurandone la storia. E’ chiaramente intento - a volte inconsapevolmente - a progettare la demolizione culturale ed effettiva dell’occidente stesso a forza di immigrazione e distruzione della famiglia. Chiaramente è l’ideologia più intollerante a essere emersa in occidente dalla Seconda guerra mondiale, e tuttavia i segni della sua scomparsa sono accompagnati da contorcimenti da parte di persone che dovrebbero conoscerlo meglio. Sembra che dobbiamo tutti ammettere che ciò che è chiamato liberalismo offre la ‘strada migliore’ per le società occidentali”.
Secondo Waters, sarebbe meglio chiamarlo progressismo. “Una forma avanzata di colonialismo, che rivendica anche il dominio su tutto il tempo futuro, senza dissenso e punendo spietatamente i dubbiosi recalcitranti. In questo senso è profondamente totalitario. È la forma più nuova e più completa di colonialismo”.
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Ma stiamo, forse, assistendo alle prime fasi della disintegrazione di questo pseudo-liberalismo, avverte Waters. “Questa ideologia perniciosa e disonesta sta ancora collassando sotto il peso della sua stessa incoerenza. Questo liberalismo promette la libertà di parola, ma arroga a sé il diritto di censurare qualsiasi cosa costituisca una minaccia significativa. Promette forme di democrazia sempre più pure, ma in realtà ci sta spingendo sempre più verso il dominio della massa. Il liberalismo rivendica l’universalizzazione dei diritti umani, ma ci vuole un solo momento di riflessione per rendersi conto che ciò che si intende non è affatto universale, ma una ricalibratura altamente ideologica degli equilibri di potere tra ‘istituzioni’ e ciò che vengono chiamato ‘minoranze’. Inoltre, è proprio questa insistenza pseudo-liberale su una comprensione selettiva dei diritti umani che è al centro dell’attuale minaccia per il futuro dell’Europa. Ciò che si chiama ‘liberalismo’ attacca ciò che vi è di più prezioso nella nostra tradizione della solidarietà comunitaria, opponendosi a quei valori che abbiamo sempre avuto più cari. I difetti di questo pseudo-liberalismo equivalgono a un’accusa che supera di gran lunga anche la somma dei benefici promessi, poiché equivale, in verità, alla negazione della democrazia, della libertà di espressione e dell’aspettativa di qualsiasi tipo di libertà significativa”.
Il progressismo è la forma più avanzata di colonialismo, domina pure tutto il tempo futuro, e punisce chi dubita
Ma l’alternativa appare di gran lunga peggiore. “È vero, ci sono attori che aspettano dietro le quinte e che rappresentano una prospettiva ancor più illiberale. Ma non dovremmo permettere che la nostra paura di tali possibilità ci faccia aggrappare alle infermiere per paura di qualcosa di peggio. Molto spesso si è costretti a chiedersi se sappiano qualcosa sulla natura dell’islamismo e delle sue ambizioni. Nessuno poteva accusare questi liberali di essere lungimiranti, ma sicuramente si sono superati con la propria miopia e stupidità volontarie. Come con la loro apparente cecità sul legame tra l’aborto e le crisi demografiche dell’Europa e dell’America, sono riusciti finora a impedire alle persone di gridare dai tetti ciò che tutti sanno: che orde di islamisti non possono essere invocate per evitare l’invecchiamento delle popolazioni dell’Europa nel periodo di transizione finale tra la cristianità e il Califfato. Paradossalmente, tra i conservatori è emersa una tendenza profondamente pericolosa del pensiero in tempi recenti: l’idea che qualsiasi difetto del liberalismo - il suo cieco utopismo e gli eccessi politicamente corretti - impallidisca rispetto alla barbarie che si osserva in medio oriente o, ad esempio, in Corea del Nord. Dovremmo quindi, a quanto pare, essere grati per l“apertura’ di cui godiamo e la ‘tolleranza’ che i liberal estendono ai loro avversari. Anche questo è falso, per la ragione che, alla velocità del cambiamento che sta avvenendo in Europa, potrebbe separarci solo un breve periodo prima che la stupidità del liberalismo faccia sì che le mentalità del medio oriente e della Corea del Nord si trasferiscano nel cuore di quella che una volta era la culla della nostra civiltà. Certamente, ‘tolleranza’ qui, come con la parola ‘uguaglianza’, significa qualcosa di diverso da quello che era solito essere. Una volta, la tolleranza significava non interferire, o tentare di sopprimere, le idee che contraddicevano le proprie, ma questo ha lasciato il posto a una dittatura dell’intolleranza in cui tutto è tollerato tranne le opinioni di coloro che non aderiscono ai suoi principi. I liberali parlano di ciò che chiamano ‘l’ordine liberale’ come se le sue virtù fossero autoevidenti. Ciò consente loro di adottare un tono di sanzione morale che sembra essere giustificato dal radicamento delle loro idee in una sorta di senso assoluto del bene. Coloro che non sono d’accordo, quindi, devono ipso facto soffrire di qualche tipo di perversione patologica: si oppongono al bene per paura, o peggio. Ma il senso liberale del bene è selettivo ed egoistico. Abbiamo visto in questo, per mano di guerrieri della giustizia sociale, attivisti Lgbt, #MeTooers e simili, la prova di come sarebbe la fine liberale della storia”.
Ci dicono che l’alternativa è il dispotismo mediorientale. E se presto invece non fosse il medio oriente a far visita all’Europa?
Waters chiude con un riferimento al recente referendum sull’aborto. “Ci sono due stanze in Irlanda oggi che dovrebbero spaventare qualsiasi persona senziente, e queste due stanze rivelano un cambiamento nella nostra visione collettiva. Una di queste stanze è la baby room dell’asilo, dove i bambini stanno dalle nove del mattino fino alle sette di sera, mentre i loro genitori stanno cercando altrove di raccogliere i mezzi per mettere un tetto sulle loro teste. L’altra stanza è, in un certo senso, all’altra estremità di un corridoio definito dalla vita umana, in cui uomini e donne anziani, che non molto tempo prima erano stati loro stessi bambini, oltre che membri laboriosi, onesti e rispettati della società, siedono tutto il giorno su sedie tubolari d’acciaio attorno a un muro, mentre un televisore da sessantaquattro pollici sbuca dall’angolo, raramente parlando tra di loro, se non in strani urli. Il referendum del 2018 sull’articolo della Costituzione riguardava queste due stanze, e ne ho parlato più volte durante l’anno scorso. Un’Irlanda in cui entrambe queste stanze saranno state cancellate e sostituite con realtà ancora più orribile. Questa è la natura della lotta contro il ‘progresso’. Lo stato di cose liberale è un po’ come lo stato attuale del rock’ n ‘roll: nessuno può immaginare cosa verrà dopo. Questo per un periodo sembrò essere la carta più forte dei liberali, che rappresentavano davvero la fine della storia. Ora possiamo essere certi che arriverà qualcos’altro”.
Universalismo individualistico